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GO OSCOLO STORIA E POESIA

Vita e opere di Foscolo

La vita di Ugo Foscolo si presenta come altamente instabile: nacque a Zante nel 1778

col nome di Niccolò e nel 1792, morto il padre, si trasferì a Venezia con i fratelli e la

madre Diamantina Spathis. Questa città rappresentò pur sempre un mondo da conqui-

stare, sicché il poeta si fece conoscere presso i salotti aristocratici come quello di Isa-

bella Teotochi Albrizzi dove conobbe Pindemonte. Nel frattempo studiava i classici

latini, greci e italiani mentre leggeva i grandi illuministi francesi: per questo si orien-

tò verso idee giacobine e fu costretto a un periodo di isolamento nel 1797 sui colli

Euganei. Quindi si spostò nella repubblica Cisalpina arruolandosi nei cacciatori a ca-

vallo mentre scriveva l’ode a Bonaparte liberatore, tornando poi a Venezia dove era

caduta la repubblica e si era formata una governo rivoluzionario. Il trattato di Campo-

formio dove Napoleone cedeva Venezia all’Austria fu però la sconfitta definitiva per

i suoi ideali, al punto che egli partì per l’esilio: nel ’98 uscì a Bologna la prima ver-

sione dell’Ortis e nel 1801 si trasferì a Firenze, dove ebbe una storia d’amore con I-

sabella Roncioni, poi con Antonietta Fagnani Arese per cui scrisse L’amica risanata.

Nel 1802 uscì la seconda versione dell’Ortis e in seguito il lavoro filologico La chio-

ma di Berenice. Dopo aver soggiornato a Parigi – dove tra l’altro conobbe il giovane

Manzoni – tradusse sia l’Iliade omerica che il Viaggio sentimentale: il metodo è op-

posto a quello montiano poiché non mira a riproporre la parola antica in chiave mo-

derna, piuttosto a restituire il senso dell’opera originale. Nel 1806 Venezia fu liberata

dagli austriaci, cosa che gli permise di ritornare e rincontrare Pindemonte, dai cui dia-

loghi venne fuori I sepolcri. La sua situazione economica e politica peggiorò quando

nell’11 si rappresentò la tragedia Ajace che destò preoccupazioni antinapoleoniche:

fu costretto perciò a spostarsi a Firenze dove concluse Le Grazie, la Ricciarda e la

Notizia intorno a Didimo Chierico. Nel 1816 fu a Londra dove il suo carattere orgo-

glioso e aggressivo gli alienò le simpatie dei salotti nobiliari e gli fece compromettere

ogni rapporto: morirà proprio a Londra, accanto alla figlia Mary, in assoluta povertà e

sarà sepolto nel cimitero di Turham Green. Solo cinquant’anni dopo la sua salma sarà

spostata nella basilica di Santa Croce in Firenze.

Nella vita di Foscolo tutto è provvisorio e il mondo è giudicato negativamente con-

tando solo sulla propria personalità: ma il suo interesse è intervenire sulla scena del

presente e farsi ascoltare. Da un primo periodo giacobino passerà poi a una fase più

pessimistica di vita politica. Le stesse passioni amorose sono vissute con una forza

rovinosa che sembra trascinare tutto ed è destinata alla distruzione: anche se proprio

dall’incontro con la donna può sorgere la quiete dell’animo. Per vivere questa vita

così contraddittoria Foscolo ricorre anche alle maschere di Didimo e Ortis: il poeta è

alla ricerca di una bellezza, una pace e un’armonia ad un piano superiore, cosa che si

concretizza nel suo neoclassicismo tutto insoddisfatto e inconcludibile (infatti tutte le

sue opere sono al più interrotte). L’unico modo per sopravvivere e darsi delle certez-

ze provvisorie sono le illusioni. Le ultime lettere di Jacopo Ortis sono pubblicate nel-

le due edizioni del 1798 e del 1802. Il protagonista si suiciderà perché l’amore per

Teresa non può avere luogo date le difficoltà economiche che la spingono a sposarsi

col ricco e mediocre Odoardo: l’opera esprime una tensione verso l’assoluto, che si

slega dalla mediocrità quotidiana e ciononostante ne è distrutta. La personalità di Or-

tis non è alfieriana, poiché si confronta con tutte le storture e bruttezze della vita quo-

tidiana: si risente nel libro proprio del senso di delusione provocato in Foscolo dal

precipitare della situazione politica. Jacopo va avanti tramite le illusioni, laddove Te-

resa simboleggia nel suo essere donna-angelo una redenzione possibile dal presente:

se lei è inafferrabile allora lo sono anche tutti i valori su cui il loro rapporto si poggia.

Questo si evidenzia anche nella prosa che rompe gli equilibri formali e diventa tutta

fatta di scatti, piena d’attrazione per la nuova sensibilità sepolcrale.

Nella prima produzione poetica giovanile si sente il richiamo della poesia galante, ma

anche di vaghi accenni autobiografici: i testi più importanti risultano le due odi e i

dodici sonetti. Ma il capolavoro risulta senz’altro il carme I sepolcri: dedicato a Pin-

demonte in 295 endecasillabi sciolti, ricca di enjambments, musicalità, effetti di mi-

stero e descrizioni precise, si presenta come l’unica opera foscoliana redatta senza ri-

pensamenti. Proprio il dedicatario stava scrivendo un componimento sull’argomento

prendendo spunto dall’editto di Saint-Cloud del 1804 – esteso due anni dopo in Italia

– che prevedeva la sepoltura oltre le mura cittadine. Il tratto saliente dell’opera sono

le transizioni, cioè il passaggio da un tema all’altro tramite tenui modificazioni della

lingua, tipico della lirica greca: il carme passa da una visione negativa del mondo alla

ricerca della consolazione. La concezione è materialistica pur nell’idea che esista una

corrispondenza di amorosi sensi, cioè una illusione tale da far sopravvivere gli affetti

e la memoria del defunto. Il sepolcro assume così una funzione rammemorativa ed

educativa tale da poter reggere una civiltà: la poesia ha allora questa forza fondatrice

del mito al di là del tempo.

La via del distacco e dell’ironia aveva trovato espressione nel Sesto tomo dell’io del

1801: queste pagine risultano influenzate senz’altro dalla traduzione dell’opera di

Sterne Viaggio sentimentale del giovane Yorick, che viene ultimata e pubblicata sotto

lo pseudonimo di Didimo Chierico con una annotazione in appendice. Foscolo è at-

tratto dall’umorismo sterniano che esula dall’immagine stereotipata del viaggio e

oppone un linguaggio polivalente tale da mostrare una sorta di cinica indifferenza a

ogni valore chiuso in sé stesso. La Notizia presenta il personaggio di Didimo ricco di

paradossi e di mistero, pregno dell’esperienza ciarliera e vana della vita letteraria, a-

vendo vissuto tutte le vicissitudini della vita monda a e culturale, pedante e superfi-

ciale. La sua figura è quella della rinuncia che si mette da parte e corrode ogni valore

già acquisito.

Dopo aver composto le tragedie Ajace, Ricciarda e Tieste, Foscolo si dedicherà alla

composizione dell’ultima sua grande opera. Non si raggiungerà mai una versione de-

finitiva delle Grazie, tre divinità minori che nella mitologia comparivano accanto a

Venere. Già nel commento alla Chioma di Berenice il poeta aveva aggiunto la tradu-

zione di un frammento di un antico inno a queste divinità: si crede che comunque il

poemetto sia stato composto tra il 1812 e il ’13, a più riprese. Il primo inno è dedicato

a Venere, vista come funzione civilizzatrice che fa superare all’umanità lo stato feri-

no, e analizza il rapporto delle Grazie con la dea, richiamandosi alla statua degli Uffi-

zi del Canova. Il secondo inno a Vesta descrive il passaggio delle Grazie dalla Grecia

in Italia e il poeta invita tre belle donne italiane a eseguire un rito in loro funzione. Il

terzo inno è invece dedicato a Pallade, dea delle arti, ambientato nella mitica Atlanti-

de dove le Grazie si rifugiano abbandonando l’orrore della corruzione odierna. Il sen-

so allegorico e didattico è il cammino dell’umanità verso la civiltà e l’educazione ai

valori della cultura: lo scopo di Foscolo è condensare assieme in qualche modo il

passato, il presente e il futuro, mostrando la bellezza come un ideale inafferrabile.

Questa bellezza armonica è solamente toccata per poi fuggire di nuovo, anche per il

carattere frammentario dell’opera: il modo per recuperare l’assolutezza impossibile

nella società odierna è solo quello di proiettarla nell’utopia. Il fascino femminile ri-

sulta sensuale ed erotico, e collocato in modo splendente al di fuori del tempo.

L’intervento storico-poetico del Foscolo

Oggigiorno una corretta valutazione dell’opera di Foscolo dovrebbe partire dal trala-

sciare i pericoli insiti nell’estetica crociana, che isola momenti di poesia pura del vate

dell’armonia culminante nelle Grazie. La sua poesia invece va inquadrata (in

un’ottica di completa storicizzazione) nell’ambito dell’intima conflittualità di Fosco-

lo, della situazione storica del giacobinismo fallito, del crollo napoleonico e della Re-

staurazione, della sua poetica che muta umore e direzione. Vita e storia non vanno

separate, pena la perdita dell’immagine concreta del poeta, cioè quella di un uomo

che ricerca nella letteratura la propria affermazione e il proprio ruolo sociale: infatti

Foscolo fu sradicato per nascita e collocazione nazionale, per famiglia, per lingua, per

estrazione ma fu bisognoso di identità e rapporti amicali-sentimentali saldi (per altro

continuamente bruciati). La sua posizione oscilla dall’accettazione dei limiti storici

alla volontà di intervento contro di essi, concretizzata nella creazione di valori di ri-

sarcimento piuttosto che di alternative (come farà Leopardi): e la poesia sarà proprio

uno di questi luoghi possibili di redenzione. Ma oscilla anche dal materialismo più

deterministico e pessimista all’esigenza di un riscatto e di un’armonia universale:

proprio il tono sacro di alcuni componimenti (Ortis, le Grazie ma soprattutto i Sepol-

cri) non indica un’esigenza di trascendenza bensì piuttosto un recupero in termini

umani di valori che l’uomo ha sempre demandato alla divinità. Anzi, la filosofia se-

polcrale è proprio tesa a strappare dalle mani della chiesa il concetto di morte.

La scrittura dell’ultimo grande poema delle Grazie subisce molti influssi che partono

dal progetto prospettato nel 1808 e vanno fino agli eventi traumatici della campagna

disastrosa di Russia (in cui contingenti italiani perirono) del ’13. Il poema si configu-

ra sempre più come un modo d’intervento della poesia nella storia per incivilirne le

pulsioni ataviche: ecco perché il poema non è né l’esempio più compiuto di poesia

pura né tanto meno l’alternativa utopica all

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
7 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher canerabbioso di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Colaiacomo Claudio.