L’EPISTOLARIO
Sono pervenute circa 1700 lettere del Tasso che riflettono la sua vita tormentata e
conflittuale (malinconia,sconforto,morte) naturalmente scritte con assoluta dignità
letteraria, con linguaggio aulico, dove cerca di descrivere e tratteggiare la propria
immagine di poeta e letterato del suo tempo.
Dietro a questo sforzo culturale, però, nelle lettere, emerge il suo tormento, la sua
sofferenza di uomo alla ricerca di sostegno economico (da qui le lettere a signori,
principi, grandi prelati) ma anche il suo completo abbandono alla religione. Le
lettere scritte da Sant’Anna testimoniano i malesseri fisici e psichici del poeta con
incubi, ossessioni allucinazioni.
IL RINALDO
In giovanissima età, quindici anni, Tasso aveva iniziato un poema epico-cavalleresco
(Gierusalemme) poi interrotto. Lo riprende a diciotto anni sotto forma di romanzo
cavalleresco molto apprezzato negli ambienti cortigiani dell’epoca, e lo denomina “
Rinaldo” 12 canti in cui narra le vicende eroiche del paladino della corte carolingia.
Pur richiamandosi ad Omero, Virgilio e lo stesso Ariosto , Tasso non inserisce la
molteplicità di azioni e personaggi tipico di quegli autori, ma parla solo di un
protagonista (Rinaldo). E’ un’opera acerba ma che fa intravedere la sua capacità
poetica.
LE RIME
La poesia è un’attività che Tasso abbraccia per tutta la sua vita.
Durante la prigionia Sant’Anno, le riordinò. Nascono quindi:
Prima parte delle rime: dedicate all’amore;
Seconda parte delle rime: dedicate all’encomio, cioè l’esaltazione ed alla
celebrazione (magari interessata) di un personaggio ;
Altre due parti non pubblicate
Terza parte delle rime: dedicate alla religione;
Quarta parte delle rime: dedicate alla musica.
Ripeto queste due raccolte non furono mai pubblicate.
Le liriche della prima parte, quelle amorose, si rifanno al modello di Petrarca:
linguaggio levigato, stile perfetto, intensa sensualità. Però cominciano ad essere
inseriti alcuni virtuosismi e complicazioni metaforiche che aprono la strada al
Marino ed al barocco del ‘600.
Nelle liriche della seconda parte, quelle encomiastiche, il tono è volutamente alto,
sostenuto, maestoso: serviva ad accaparrarsi la benevolenza di qualche principe…
Nelle liriche religiose riflette sulla precarietà e vanità delle cose, sul senso di colpa e
sul peccato e trova consolazione nella preghiera.
LA PRODUZIONE DRAMMATICA
Tasso scrive un testo drammatico: “l’Aminta” che è un genere ben preciso: la favola
pastorale. La favola pastorale è diversa dalla commedia e dalla tragedia, in quanto
non presenta situazioni comiche e riferimenti alla vita cittadina reale e non
raggiunge il livello sublime della tragedia, che si conclude nella catastrofe. La favola
pastorale rappresenta temi seri, patetici e sentimentali ambientati in un mondo
favoloso e la sua conclusione ha un lieto fine.
L’Aminta è un testo teatrale fondato sul dialogo, gli episodi vengono raccontati dai
vari personaggi e non dall’azione sul palco. È un’opera scritta per il divertimento
della corte ferrarese, infatti ne celebra la sua vita, ma rivela anche un’insofferenza
per le ipocrisie, le gelosie, le invidie, che si palesano all’interno della stessa corte.
Quest’ultimo “bi frontismo” rivela l’anima tormentata del poeta. L’ambientazione è
fantastica e fa emergere la componente edonistica del tasso che esalta l’amore
innocente, felice, senza sensi di colpa, tipico del rinascimento, in uno stile
volutamente semplice.
L’AMINTA
IL GALEALTO RE DI NORVEGIA (RE TORRISMONDO)
Oltre al poema epico e alla favola pastorale, tasso a Ferrara scrive una tragedia.
“Galealto Re di Norvegia”, interrotta nella scena IV atto II; dopo la liberazione da
sant’Anna la conclude cambiando il titolo: “Re Torrismondo”. L’opera è un’intricata
vicenda ambientata in paesaggi nordici tempestosi e il motivo classico è l’incesto. È
una tragedia classica con una materia torbida e cupa e con molta violenza. Lo stile è
tragico e la lingua è rotta (con punti di esclamazione e interrogazione) e aspra.
L’Aminta rappresentava l’illusione giovanile d’amore con un conseguente stile
semplice e un linguaggio musicale.
Il Torrismondo vede il crollo di quell’illusione giovanile e lo stile è tragico e la lingua
rotta e aspra. LA GERUSALEMME LIBERATA
Abbiamo già detto che Tasso a quindici anni aveva iniziato a comporre un poema
epico. Si trattava del “Gierusalemme”, che dopo 116 ottave abbandonò. Lo riprende
dopo l’arrivo a Ferrara. Qui lo conclude nel 1575. Nel 1581 viene pubblicata col
titolo di “Gerusalemme Liberata”. Più tardi nel 1584 uscì una nuova edizione con
alcuni passaggi cambiati dallo stesso autore. Il poema riscosse grande successo ed
ebbe numerose ristampe. Oggi come oggi le edizioni si riferiscono al testo non
modificato del 1581.
I DISCORSI DELL’ARTE POETICA
Tasso si era formato in un’epoca in cui si erano affermate rigide regole in
letteratura. Egli accompagnò sempre la sua attività poetica con la riflessione teorica.
Nel 1565 elaborò tre “Discorsi dell’Arte Poetica” e in particolare del poema eroico.
Successivamente li rimaneggiò ampliandoli e li pubblicò come “Discorsi del Poema
Eroico”.
Nella sua teoria Tasso delinea l’immagine e le caratteristiche di un poema eroico più
uniforme ai precetti contemporanei differenti dal poema cavalleresco di Ariosto,
ritenuto troppo libero ed irregolare. Tasso afferma che la storia tratta del “vero”
(realmente avvenuto), la poesia tratta del “verisimile”, cioè quello che sarebbe
potuto accadere. Per cui il poema epico, per avere l’effetto del verisimile, deve
avere origine dalla storia, che è la fonte di ciò che viene narrato e per distinguersi da
questa deve avere un margine di finzione.
Inoltre il Tasso riconosce che la poesia, che in epoca di controriforma ha un compito
morale pedagogico, non può essere separata dal diletto (edonismo). Per conciliare
queste due tesi afferma che il diletto deve essere finalizzato al giovamento, cioè la
bellezza poetica deve rendere gradevole al lettore la materia morale e religiosa. Il
diletto per tasso è assicurato dal meraviglioso. Non è il meraviglioso fiabesco e
fantastico del romanzo cavalleresco, perché questi non andrebbe d’accordo con il
verisimile. La soluzione che propone tasso è il “meraviglioso cristiano”, cioè gli
interventi soprannaturali di Dio, degli angeli, ma anche del diavolo, che al lettore
sembrano verisimili in quanto fanno parte della fede.
LA POETICA, L’ARGOMENTO E IL GENERE
Tasso costruisce il suo poema secondo i principi enunciati nei “Discorsi dell’Arte
Poetica”. Egli rifiuta il modello di Ariosto, cioè la molteplicità di azioni tra loro
intrecciate, anche se riconosce che la varietà degli argomenti è necessaria per il
diletto del lettore. Egli paragona il poema al mondo, dove al suo interno ci sono tanti
aspetti, ma l’unica mente unificatrice è quella di Dio. Lo stile che sceglie per il poema
è quello sublime.
Quindi il modello di ispirazione è quello classico dell’”Iliade” e dell’”Eneide”,
allontanandosi da quelli più recenti di Boiardo ed Ariosto.
L’argomento, seguendo i suoi principi, viene da una materia storica: la conquista del
Santo Sepolcro da parte dei Crociati nel 1099. Questo tipo di argomento gli consente
di introdurre un “meraviglioso” verisimile e credibile. A differenza di cavalli volanti e
armi fatate (vedi Ariosto), utilizza un “meraviglioso” che proviene da Dio e dal
diavolo, cioè l’intervento di Dio in soccorso dei Crociati e l’intervento dell’inferno
per ostacolarli. Quindi l’argomento trattato da Tasso non è costituito da belle favole,
ma da una storia vera, seria, che deve stimolare la coscienza cristiana e che narra lo
scontro tra fedeli e infedeli con la vittoria della cristianità. Quindi l’intento del poeta,
chiaramente, è didascalico e pedagogico, cioè indicare la supremazia della chiesa,
l’importanza della religione ai lettori e utilizzare le bellezze poetiche per dilettare chi
legge e fargli assimilare questa morale.
Riconferma quindi la sua teoria, ovvero attraverso il diletto raggiungere il
giovamento.
GLI INTENTI DELL’OPERA
L’intento dell’opera è chiaramente pedagogico e morale. Tasso si presenta come il
perfetto poeta cristiano che esalta gli ideali della controriforma che dominano la sua
epoca. Vuole essere il celebratore della maestà della religione cristiana e della
chiesa.
LA REALTÀ EFFETTIVA DEL POEMA
Al di là delle intenzioni del progetto letterario di Tasso, il lettore recepisce una realtà
effettiva ben diversa e più complessa di quanto lo stesso Tasso voglia esprimere.
-Infatti emerge in primo luogo una realtà effettiva rispetto alla corte. Essa viene
esaltata e in altri momenti emerge l’insofferenza verso gli intrighi, le finzioni e i
conflitti della stessa.
-Altra realtà effettiva che emerge dal poema è quella rispetto alla guerra, che viene
sia esaltata come eroica e giusta, sia come qualcosa di atroce e disumano.
-Altra realtà effettiva è che in un’opera tutta ispirata alla morale cristiana esiste
anche l’attrazione amorosa e la ricerca del piacere dei sensi.
“IL BI FRONTISMO SPIRITUALE” DI TASSO
Queste ambivalenze che abbiamo detto si registrano anche a livello formale e
tendono a disgregare il modello di perfetto poema epico che tasso intendeva
scrivere. Lui, secondo le regole aristoteliche, voleva scrivere un’opera classicamente
composta, decorosa, sublime nello stile e rigorosamente unitaria nella struttura. Ma
nella realtà non è cosi e queste contraddizioni sono state definite con la formula del
“bi frontismo spirituale”. Si tratta di contraddizioni non solo individuali del poeta,
ma proprie di tutta un’epoca che vive un tormentato processo di transizione. Questo
bi frontismo del poema non delimita la sua validità artistica, anzi lo arricchisce e
mostra la straordinaria profondità della poesia del Tasso.
Questo bi frontismo compare in tutti gli aspetti dell’opera.
Nella struttura ideologica
-visione controriformistica / visione rinascimentale
-cielo / inferno
-cristiani / pagani
-Goffredo (eroismo e religiosità) / caval
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Torquato Tasso - letteratura italiana
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Letteratura italiana
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Letteratura italiana - Controriforma e Torquato Tasso
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Letteratura italiana b: Tasso