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Nuncius, un opuscolo latino del 1610 di Galileo in cui annunciava le scoperte delle macchie lunari
e dei satelliti di Giove, i cosiddetti «pianeti medicei», e il funzionamento del telescopio. In Marino
convivono Galileo e Tolomeo, perché parla ancora di concezione tolemaica per il viaggio di Venere
incertezza dell’intellettuale
a Adone. Vi è una latente e non dichiarata contraddizione, la tipica
secentesco. Sviluppo didascalico è dovuto alla materia di un poema didascalico, dottrinale. Struttura
analoga al Paradiso, ma la materia stessa è di tipo insegnativo. Allora si può comprendere meglio
L’Adone è somma di poemi giustapposti l’uno all’altro, in una struttura concentrica però
perché
priva di un centro.]
I Canti XII-XIV narrano del «ritorno di Marte e primo distacco di Venere e Adone» (si tratta di uno
sviluppo romanzesco). Spinto dalla gelosia, Marte, amante ufficiale di Venere, torna a Cipro:
Venere fa partire Adone, consegnandogli un anello fatato; egli finisce nella dimora sotterranea di
Appunti di Alberto Longhi, Matr. 837296
maga Falsirena che lo imprigiona, beve una pozione magica che lo trasforma in un pappagallo; in
questa nuova forma Adone torna a Cipro dove assiste agli amori di Venere e Marte nel Giardino del
l’anello e si
tatto. Vola via amaramente, ritorna nella caverna della maga, recupera trasforma ancora
in umano, ma cade nelle mani di un gruppo di ladroni in lotta fra loro. Seguono quindi varie
peripezie con vari capovolgimenti, finché recupera la libertà. Questa sezione del testo è lo sviluppo
romanzesco, perché chiaramente la materia è tipica dei romanzi ellenistici: la metamorfosi di Adone
e l’episodio dei
in pappagallo fa pensare a quella di Lucio in asino nelle Metamorfosi apuleiane,
ladroni fa pensare ad analoghe vicende caratteristiche dei romanzi greci ambientati in genere nel
c’è un ulteriore tipo narrativo che si aggiunge alle altre forme poematiche.
Mediterraneo; quindi
[Come si può notare, il Marino fa di tutto per dilazionare il momento conclusivo della vicenda di
Venere e Adone, a cui ci si avvicina con estrema lentezza.]
Nei Canti XV-XVI, sottotitolabili come «Adone Re di Cipro», Adone ritrova Venere che gli si
presenta sotto la forma di una zingara che si offre di leggergli la mano e lo mette ancora una volta in
caccia. L’immagine ci rimanda al gusto
guardia dai pericoli della pittorico delle scene di vita
quotidiana (come quella di un quadro celeberrimo del Caravaggio) si svolge poi una partita a
scacchi in cui Adone vincendo si guadagna il titolo di Re di Cipro: la corona gli viene posta dopo
un concorso di bellezza dove Adone stesso riesce vincitore; Adone però delega il suo potere per
poter tornare ad amoreggiare liberamente con Venere.
I Canti XVII-XVIII rappresentano il «secondo distacco e morte di Adone». Venere deve
allontanarsi da Cipro per andare a Citera, dove si celebrano riti in suo onore; Adone le strappa però
il permesso di partecipare ad una battuta di caccia. Falsirena avverte Marte del tradimento, il quale
prepara la sua vendetta e durante la battuta di caccia aizza contro di Adone un cinghiale, contro cui
Adone scocca una delle frecce di Cupido e il cinghiale si innamora furiosamente di lui. Nel
tentativo di baciare Adone su una coscia, lo ferisce: Venere ritorna in tutta fretta a Cipro e fa in
tempo a cogliere l’ultimo respiro di Adone morente; nel frattempo il cinghiale viene sottoposto a
processo e assolto in quanto spinto da un impulso amoroso.
[La stranezza delle scene rientra nel gusto della meraviglia barocca.]
Nei Canti XIX-XX, infine, si celebrano i «giochi funebri» per Adone (una sorta di epilogo in chiave
eroica). Venere trasforma il cuore del suo amato in un anemone, e decreta tre giorni di lutto in cui
saranno celebrati i giochi funebri in suo onore. Il tema è caratteristico dell’epica fin dall’Iliade,
dove il XXIII libro è dedicato alla celebrazione dei giochi funebri per Patroclo. Il Canto XX riporta
tiro con l’arco, lotta, scherma, giostra a cui partecipano i membri nella nobiltà italiana e
gare come fine Venere dona a Fiamma d’Oro,
straniera. Alla rappresentante della Francia, uno stendardo con
rappresentate le guerre di Religione combattute sul suolo francese, e si ha qui una descrizione dello
stendardo che ricorda per molti aspetti la descrizione dello scudo tipico nell’Epica.
L’Adone dall’esodio
Si può quindi notare come descriva una parabola che pastorale, di stile umile,
porta alla solenne epica. La somma delle parti non ha un punto di equilibrio vero e proprio: la sua
barocca, tipica dell’angoscia
struttura procede per dilatazione, amplificazione tipica della Poesia
dell’uomo secentesco, proiettato fra le concezioni diverse del Mondo.
26/4/2013
Le Dicerie sacre, pubblicate a Torino nel 1614, comprendono tre orazioni sacre pronunciate dal
Marino negli anni torinesi, e rappresentano un modello dell’Oratoria sacra barocca, un genere
Appunti di Alberto Longhi, Matr. 837296 (qui semmai l’anomalia sta nel fatto che l’autore di
piuttosto importante nella Letteratura secentesca
questi testi è un laico che non ha nemmeno un’inclinazione religiosa particolarmente pronunciata: il
Marino tuttavia si cimenta anche in questo genere). La prima delle tre orazioni è una meditazione
sulla Santa Sindone (conservata proprio a Torino), la seconda sulle sette parole del Cristo in croce e
la terza sul conferimento del titolo di Cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.
di accennare all’importanza che
Al di là del loro argomento sacro le Dicerie sacre consentono
all’epoca ha il genere dell’Oratoria sacra: la Chiesa della Controriforma è
nel panorama culturale
animata da un nuovo zelo apostolico e da una nuova volontà di evangelizzazione; e naturalmente lo
strumento di questa evangelizzazione è un genere tradizionale, il sermone, il discorso religioso; in
tal modo, in questo periodo abbondano i predicatori che si segnalano anche per la qualità letteraria
della loro elaborazione. Prosa d’Arte
A tal riguardo si può citare il romano Paolo Ségneri, un gesuita che elabora la
secentesca; Daniello Bartoli è stato spesso giudicato il più grande prosatore italiano del Seicento,
all’inizio
molto apprezzato da Leopardi: si afferma come predicatore, ma la sua opera più famosa è
accanto all’Istoria
storiografica che rappresenta del Concilio tridentino del Sarpi il capolavoro
l’Istoria un’opera vastissima a cui il
della Storiografia secentesca, della Compagnia di Gesù,
Bartoli dedicò buona parte della sua vita senza riuscire poi a portarla a compimento e che quindi si
segnala sotto diversi punti di vista. Si è di fronte ad una concezione della Storiografia al polo
opposto di quella del Sarpi, un esempio di Storiografia di stampo tucidideo (cioè fondata sulla
un’idea della Storia
concezione critica della Storia), come strumento di verifica dei dati storici da un
punto di vista che secondo alcuni potrebbe anche essere fazioso (ma in sostanza teso alla ricerca
delle cause, della giustificazione, della spiegazione del modo in cui si sono sviluppati gli eventi: il
Sarpi considera il Concilio di Trento una grande occasione mancata, una grande occasione che si
era offerta alla Chiesa per innovarsi raccogliendo la sfida lanciata dalla Riforma protestante, a cui
invece la Chiesa non risponde in modo adeguato arroccandosi al suo interno in una difesa angusta
L’impostazione del Sarpi è
della tradizione. quindi critica e polemica, mentre quella del Bartoli è
si pone a scrive l’Istoria
apologetica: della Compagnia di Gesù su ordine dei suoi superiori, e
quindi non è nelle sue finalità sviluppare un profilo critico.
Il Bartoli pubblica il primo volume dell’opera nel 1650, una biografia di Sant’Ignazio di Loyola;
geografico, narrando l’espansione della
dopodiché la Storia viene organizza sulla base di un criterio
con l’Asia, poi il Giappone,
Compagnia di Gesù nei vari continenti: comincia quindi poi la Cina,
l’Inghilterra e l’Italia poi (quest’ultimo esce nel 1673). Il Bartoli, resosi conto di non poter finire
l’opera, gli ultimi anni della sua vita ad estendere in forma sintetica l’enorme quantità di
dedica
materiali restanti raccolti, in un volume di Memorie istoriche (completato un anno prima della sua
che uscirà postumo solo a metà dell’Ottocento.
morte, nel 1684)
del Bartoli è stata a lungo apprezzata come Prosa d’Arte,
La Storia per i suoi valori e per la sua
qualità stilistica, ma è anche grande opera di interesse antropologico: soprattutto per le parti
dedicate all’estremo Oriente, il Bartoli ha modo di utilizzare fonti di straordinario interesse; ha
modo di utilizzare la preziosa documentazione raccolta da Matteo Ricci, il gesuita che imparò il
Cinese e si inserì nell’impenetrabile ambiente della Corte imperiale, diventando familiare con i
Mandarini e l’Imperatore.
Il 1690 è l’anno in cui (la parabola della Letteratura barocca comincia a declinare volgendo al
viene fondata a Roma l’Accademia dell’Arcadia,
termine e in cui) il cui programma letterario si
fondava essenzialmente sulla volontà di reagire a quello che veniva considerato come cattivo gusto
l’Accademia dell’Arcadia raccoglie i frutti di un’esperienza precedente, quella maturata
barocco:
Appunti di Alberto Longhi, Matr. 837296
sempre a Roma nel circolo di intellettuali e artisti raccolti attorno alla Regina Cristina di Svezia, la
che l’aveva portata prima a rinunciare al
quale aveva attraversato una crisi personale piuttosto forte
trono nel 1654 e poi a convertirsi al Cattolicesimo l’anno dopo e a trasferirsi a Roma, e che
in un’Accademia
raccoglie attorno a sé un folto gruppo di intellettuali e pensatori chiamata prima
«di camera» e poi «reale», nella quale cominciano a maturare i primi sintomi di una sempre più
chiara reazione allo stile barocco.
Questi scrittori elaborano una concezione estetica che tende a ricollegarsi al senso della misura, alla
limpidezza delle proporzioni, alla chiarezza delle espressioni, propri di una visione di stampo
classicista: le idee maturate nell’àmbito del circolo di Cristina di Svezia vengono raccolte
nell’Arcadia (Cristina di Svezia muore nel 1689): molti degli scrittori che avevano trovato ospitalità
presso di lei, decidono che queste esperienze e ricerche non devono essere perdute, e quindi devono
nell’àmbito di una nuova
essere proseguite oltre Accademia.
N