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A
costretto ad andarsene altrove per cercare una sistemazione: nel 1435 è al séguito di Alfonso
d’Aragona, al cui séguito resterà fino al 1447; non mancheranno in questo periodo altre occasioni di
conflitto e polemica: nel 1444 fu accusato di eresia, perché era entrato in polemica con un religioso
a proposito del Simbolo niceno; il suo oppositore sosteneva che il Credo era stato dettato dai dodici
Apostoli, mentre il Valla controbatteva che quest’idea era priva di qualsiasi fondamento storico e
che in realtà il Credo risaliva al secondo Concilio ecumenico di Nicea.
Nel 1447 il Valla lascia anche Napoli e ritorna a Roma. Gli ultimi anni (muore nel 1457) sono
importanti perché dalla cattedra di Retorica a Roma sviluppa un gruppo di allievi e ammiratori che
faranno di Roma uno dei centri della Filologia umanistica del Quattrocento: la lezione del Valla
sarà però soprattutto apprezzata alla fine del Secolo, e per certi aspetti ancora meglio agli inizi del
Cinquecento; tutta la parte del Valla dedicata ai testi teologici sarà particolarmente apprezzata
nell’àmbito della Riforma protestante. Uno dei più grandi ammiratori di Valla, che si darà da fare
per la pubblicazione a stampa delle sue opere, fu Erasmo da Rotterdam, che riprenderà sul terreno
della Filologia sacra il magistero del Valla. (opera a cui l’autore lavora per grossa parte
Le opere fondamentali del Valla furono le Elegantiae
della sua vita: se ne conoscono tre redazioni, una del 1433-41, una seconda del 1444, ed una terza
che il Valla accettò di diffondere per il pubblico-),
ufficiale del 1449 -l’unica fondamentalmente un
trattato linguistico-grammaticale.
come mai, se il Valla ha voluto pubblicare soltanto l’ultima delle tre edizioni, si
[Ci si può chiedere
sia a conoscenza anche delle due edizioni precedenti: si tenga conto che questa è ancora l’Età del
manoscritto; la stampa sarebbe stata inventata di lì a pochi anni da Gutenberg (Valla muore nel
1457 e quindi resta fuori dal periodo delle grandi stampe): gli Umanisti allora avevano sul tavolo
una copia di lavoro che aggiornavano costantemente, a cui potevano occasionalmente accedere
con l’intellettuale in questione; potevano quindi anche
anche amici e studiosi, persone in rapporti
ricopiare l’opera: ecco quindi che le copie ricavate dalla prima e dalla seconda redazione
permettono oggi di conoscerne l’aspetto anche precedente a quello divulgato su iniziativa
dell’autore.
Potrebbe anche essere che l’autore mandasse in lettura una copia della sua opera ad amici o
corrispondenti e che questi, contro la sua volontà, ne ricavassero delle copie che cominciavano a
circolare e ad avere vita autonoma: si pensi, per esempio, che su questa base gli studiosi sono
riusciti a ricostruire nove stadi redazionali diversi del Canzoniere di Petrarca, come la Raccolta
Chigi del Boccaccio.]
Il Valla si propone di restituire alla lingua latina la sua eleganza deformata, deturpata, intorbidata
dalla lunga notte del Medioevo. In particolare, questa eleganza va recuperata sugli aspetti
grammaticali e quindi il punto di partenza del Valla è una serrata polemica contro le Grammatiche
tardo-antiche e medievali, che gli appaiono piene di una serie di regole e di norme totalmente
assurde ed arbitrarie, irragionevoli che producono l’effetto non di consentire di imparare la buona
lingua latina, ma di deturpare e deformare l’autentica lingua. quindi con un gesto risoluto bisogna
sbarazzarsi di tutte queste impure trattazioni che hanno finito coll’intorpidire la purezza del Latino,
che deve essere imparata sui testi originali, ragionando sull’usus scribendi, e sulla logica interna che
quell’usus.
è alla base di Nella loro forma definitiva le Elegantiae si articolano in sei libri.
Appunti di Alberto Longhi, Matr. 837296
11/2/2013
Le Elegantiae del Valla, ambizioso trattato linguistico-grammaticale, sono il proposito di restituire
alla lingua latina l’eleganza perduta nel lungo periodo medievale: si prevedeva il rifiuto delle
trattatistiche tardo-antiche e medievali e del loro carattere aprioristico autoritario, sostituendole con
una nuova Grammatica fondata sullo studio diretto dei Classici (rifacendosi in particolare a
regole ricavate dall’analisi
Cicerone e Quintiliano -che il Valla aveva già posto a confronto-): sono un’indagine di
e dalla rigorosa considerazione storico-empirica di questi autori e motivate attraverso
logico su quell’usus
carattere linguistico e scribendi degli autori.
La materia di trattazione del Valla viene poi dividendosi in sei libri secondo uno schema: nei primi
due libri del trattato il Valla si occupa della Morfologia delle parti del discorso; il terzo libro è
del nome, dell’aggettivo e
dedicato alla Sintassi; il quarto e il quinto sono destinati alla Semantica
del verbo (partendo dal presupposto fondamentale delle differentiae verborum: Valla postula la
necessità che ogni vocabolo sia ricondotto a quello che è il suo significato specifico non
sovrapponibile con quello di nessun’altro vocabolo; in sostanza, secondo la teoria del Valla in una
lingua non esistono sinonimi, perché in realtà ogni parola si differenzia dalla altre per una sua
specifica ed inconfondibile sfumatura di significato); il sesto libro, infine, prende in esame i
principali errori/equivoci in cui sono caduti gli autori di materia grammaticale della tradizione
tardo-antica e medievale, un puntiglioso esame di quella tradizione che il Valla aveva rifiutato e qui
passata al setaccio per indicarne i più vistosi errore. Ciò a cui dunque il Valla tende col suo trattato,
nel riproporre l’eleganza della lingua latina, è in modo particolare il restauro di una lingua che sia
pura, chiara, e precisa. I concetti a cui fanno perno le Elegantiae sono quello di Latinitas e quello di
il primo individua tutta l’area di trattazione del Valla che tende a restaurare la purezza
explanatio:
della lingua latina (il contrario della Latinitas è la barbaries -il Valla ha di mira tutti quei vocaboli e
costruzioni che si sono infiltrati nel Latino classico a partire dalle invasioni barbariche-), mentre col
secondo concetto si individua quel versante della trattazione del Valla che ha di mira la
restaurazione di una lingua chiara e precisa (per esprimersi con chiarezza e proprietà di linguaggio è
necessario far uso di verba usitata et propria).
Il Valla tende a proporre uno straordinario strumento linguistico di limpidezza e precisione, una
lingua che possa essere utilizzata con assoluta trasparenza e infallibile precisione che non produca
nel lettore degli equivoci, trasmettendo i suoi contenuti in modo infallibilmente preciso, chiaro e
trasparente: è una lingua che poco si presta alla Poesia, perché i suoi campi di lezione sono la
Linguistica, la Grammatica, la Retorica, e la Filosofia.
d’indagine, di analisi e definizione
Gli strumenti messi a punto da Valla vengono messi alla prova
dallo stesso autore in tutta una serie di opere a carattere filologico che conducono la Filologia
più famoso è
umanistica ai suoi vertici, ad una piena consapevolezza metodologica: l’esempio
quello di un opuscolo del 1440, il De falso credita et ementita Constantini donatione, in cui il
Valla prende in esame e sottopone ad analisi un documento importante nella Storia delle dispute
religiose, sul problema dei rapporti fra potere spirituale e potere temporale; la Chiesa fondava su
questo documento la pretesa di detenere anche il potere temporale: il Costituto di Costantino si
rifaceva alla leggenda secondo cui l’Imperatore Costantino, guarito dalla lebbra da Papa Silvestro,
donò al Papa il territorio della città di Roma, atto da cui la Chiesa avrebbe ricavato il diritto di
trasmettere il potere temporale; è il documento ufficiale della Chiesa.
Attraverso una minuziosa analisi linguistica e storica e semantica, il Valla dimostra che si tratta di
un falso clamoroso, proponendo una datazione assai verosimile di quel documento, l’Età carolingia.
Appunti di Alberto Longhi, Matr. 837296
Se l’opuscolo è il testo che ancor oggi tramanda ai lettori moderni la memoria di questo autore, altre
opere consentono di vedere il Valla al lavoro con ambizioni particolarmente alte: caposaldo della
Cultura occidentale, per esempio, è uno scritto come la Collatio Novi Testamenti del 1443 (data
della prima redazione: il testo sarà poi modificato una decina di anni dopo con il titolo
Adnotationes in Novum Testamentum). In questo scritto il Valla prende in esame il testo dei
Vangeli, dal punto di vista filologico e non dottrinale, in traduzione latina: si propone di esaminare
la correttezza di quella traduzione, quindi di confrontare il testo latino di San Girolamo con quello
(o meglio, con parecchi manoscritti dell’originale greco del Nuovo Testamento):
originale greco in
sostanza, è un principio di lavoro di un’edizione critica e di verifica della traduzione; e qui la partita
fu assai impegnativa e rischiosa: si sarebbe potuta modificare la traduzione modificando intere
dottrine attribuendo alla Filologia un compito fondamentale (è per questo che si parla di
consapevolezza finalmente raggiunta con il Valla, che viene a dire che tutto ciò che si apprende lo si
apprende dai libri, che però nel processo di trasmissione vanno soggetti a tutta una serie di errori
tempo si accumulano l’uno sull’altro con il risultato di arrivare un testo inaffidabile).
che col
Se dal piano pratico si risale a quello della teoria, si vede che il filologo è detentore di un sapere
preliminare ad ogni conoscenza: solo il filologo può offrire garanzia di affidabilità. Dunque la
Filologia è la chiave di accesso ad ogni forma di sapere: è la chiave di accesso ad ogni verità, se
bisogna affidarsi ad essa per attingere anche alla Parola di Dio.
L’impegno del Valla procurò diverse difficoltà all’autore stesso: gli Umanisti italiani suoi
contemporanei in genere preferiscono non esporsi su un terreno così rischioso, mentre troverà
grande appoggio e simpatia agli inizi del Cinquecento con la Riforma protestante, cosa che è già
(l’esigenza del libero esame dei testi esami).
insita ante litteram nel Valla
La Filologia umanistica non riguarda solo le discipline tipiche della tradizione letteraria, ma
pretende di estendersi all’intero campo del sapere. Il Valla è un punto di svolta che porterà poi alla
nascita della Rivoluzione scientifica.
Applicazione del metodo filologico in àmbito più strettamente letterario è quello delle
Emendationes in Titum Livium del 1447; qui il Valla prende in esame uno dei grandi classici della
Letteratura latina, esaminando in particolare i p