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Rossso malpelo
È un racconto rusticano del 1878 ispirato all’inchiesta di Frnchetti e Sonnino sulla
condizione della Sicilia, dove si trovano precise indicazioni sul lavoro minorile nelle
miniere.
Sin dall’inizio il narratore della novella si qualifica come un narratore popolare che
sembra aderire alla acritica credenza diffusa nella tradizione popolare siciliana, che i
capelli rossi siano segno di malizia. Inoltre il narratore fin da subito si mostra ostile nei
confronti di Malpelo. Probabilmente dunque egli stesso appartiene alla comunità entro
cui si svolge la vicenda. Innumerevoli sono gli enunciati ostili e i tentativi di mettere in
cattiva luce il ragazzo.
Dal racconto traspare che tutti i rapporti sociali nel mondo rappresentato sono regolati
da una ferrea legge economica, della stessa natura sono anche le leggi che regolano i
rapporti all’interno del nucleo famigliare di Rosso. Non diversi sono i rapporti
all’interno della cava dove Rosso vive in solitudine, vittima della violenza e dello
scherno degli operai. In questo contesto Rosso non può fare a meno di assumere la
logica economicistica come sua propria: ha talmente interiorizzato il concetto della
lotta per la sopravvivenza che quasi si vanta di essere malpelo e di sopportare meglio
di chiunque altro le angherie. Anche per Rosso insomma è del tutto naturale che i
rapporti familiari siano regolati non dall’affetto ma dalla pure e semplice logica
economica. Malpelo contraddice la sua logica economicistica solo nel suo rapporto
con Ranocchio, dandogli più volte parte del cibo, e nella venerazione del padre che è
una figura molto importante per malpelo perché è l’unico eccezionale legame
affettivo.
La novella dunque porta ad una concezione dell’universo come sistema regolato
esclusivamente dall’utile, dalla violenza e dal dolore. La morte dunque viene vista
come il male minore, come la cessazione delle violenze. Morto il padre, morto
Ranocchio, solo più che mai malpelo accetta infatti l’impresa della perlustrazione della
cava come estrema ricerca del padre e tentativo di raggiungere una morte liberatrice.
I malavoglia
La prefazione ai Malavoglia presenta al lettore il progetto del “Ciclo dei vinti”, esprime
la visione pessimistica di Verga e compie una riflessione sul concetto di progresso,
decisiva per comprendere l’atteggiamento del poeta nei confronti del mondo rurale -
arcaico siciliano.
L’atteggiamento di Verga nei confronti dei miti contemporanei del progresso si mostra
polemico e pessimistico. Verga rappresenta il progresso mediante la metafore della
“fiumana” intesa come una orza travolgente della natura contro cui non è possibile
opporre resistenza. Distingue poi tra gli effetti positivi e necessari che questo
processo fatale produce sulla collettività, e gli effetti negativi e disastrosi che produce
sull’individuo. Dunque se il progresso è inteso come disegno complessivo dello
sviluppo della civiltà umana può avere esiti positivi, se invece è inteso come lotta per
la sopravvivenza e per il benessere, inevitabilmente travolgerà i singoli individui.
Si può inoltre intuire la contrapposizione fra un mondo autentico e talvolta felice ,
quello della Sicilia arcaica e rurale, e un mondo moderno corrotto e infelice, quello