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Il critico americano Joseph Frank nel 1945, riprendendo una polemica antica su quanto potesse
essere analogo il criterio di giudizio sia nei confronti della poesia che nei confronti di un’opera
poetica-narrativa, formulava un suo orientamento critico ( spatial form) destinato ad avere successo.
Egli si collocava sulla scia di una tendenza del momento consistente nella valorizzazione dello
spazio sia come suggestione estetica che come oggetto di osservazione nel contesto delle rovine
conseguenti alla guerra o ancora come spunto di riflessione per chi pensasse a ricostruire un
mondo lacerato dai recenti eventi bellici: uno spazio insomma al quale prestare attenzione. E di
spazio si occupa , più o meno in quegli anni, per esempio, il pedagogista Piaget, studiando la
rappresentazione dello spazio da parte del bambino. Frank parla di “ spazio letterario” e le stesse
riflessioni le compiono i suoi contemporanei Merleau –Ponty e Bachelard , pensatori e filosofi
promotori di riflessioni sullo spazio letterario destinati ad influenzare gli orientamenti estetici dei
decenni successivi. Frank, appunto, riprende le affermazioni di Lessing , contenute nel suo famoso
saggio “Laocoonte ovvero sui confini tra poesia e pittura”, confutandole. Lessing affermava infatti
che tempo e spazio sono categorie ben diverse tra loro : l’una domina l’arte pittorica così
consistente in elementi visuali in un’area di spazio, l’altra domina l’arte letteraria fatta di segni
verbali che occupano una sequenza di tempo; la pittura , secondo Lessing , è il mezzo di
rappresentazione spaziale della realtà, la poesia ne è invece il mezzo di rappresentazione temporale.
Per Frank le opere moderne hanno acquisito una diversa struttura rispetto alle opere della
tradizione, che erano basate su “ intrecci” e su azioni basate sull’evolversi del tempo. Esse sono
basate sul principio della referenza riflessiva e cioè al lettore non vengono forniti contenuti
improntati ad ordine temporale, ma piuttosto contenuti a volte frammentati ( l’esempio più
significativo fornito da Frenk è l’Ulisse di Joyce), e sparpagliati come sparpagliato ad es. è lo spazio
della Dublino dell’epoca: il lettore colloca le referenze del testo letto ( il contenuto cioè) in un suo
personale contesto, opera una sua riflessione e comprende l’opera nella sua unità spaziale : ne
deriva un’immagine appunto, come un’opera pittorica di Dublino nella sua interezza. Naturalmente
c’è chi si oppone alla teoria della spatial form di Frank: è lo studioso inglese Kermode il quale
sottolinea che la spazialità che impronterebbe , secondo Frank, un’opera letteraria è qualcosa di ben
diverso dell’ordine spaziale di un dipinto: sono ordini ontologici differenti ed i critici non
dovrebbero confonderli; attribuire spazialità ad un’opera letteraria, secondo Kermode, è come una
fuorviante metafora pittorica poco utile. Bisogna affermare comunque che la teoria di Frank ha
avuto la sua rilevanza fino ai nostri tempi, dato che per esempio concede la possibilità di intuire le
realtà ricreando ciò che non è formalizzato , con una intensità che non solo ripropone quella
cromatica tipica della pittura ma addirittura si arricchisce di una sua tensione conoscitiva: insomma
accostarsi alla lettura di un’opera letteraria secondo i suggerimenti di Frank permette la creazione di
un’immagine come solo la pittura può concedere; e per questo è utile cogliere nell’opera letteraria
quelle metafore spaziali che aiutano a ricostruire lo spazio stesso.
I riferimenti spaziali anche metaforici sono sempre stati presenti nei testi , nelle diverse epoche:
nel Seicento, per esempio si parlava di grandezza di una azione, di spirito di finezza; oggi si parla di
volume d’affari……. Ed oggi i riferimenti spaziali nella letteratura sono numerosissimi e vanno
considerati nella loro giusta valenza ma soprattutto in relazione alle azioni umane che vi si
svolgono. Non esiste, nelle opere letterarie, infatti, spazio sempre uguale a se stesso come avviene
ad esempio per gli spazi euclidei: nulla di scientificamente geometrico, al contrario gli spazi
acquisiscono una loro configurazione a secondo della presenza dell’uomo che in esso si muove.
Come vuole la filosofia di Sartre, uomo e mondo sono esseri relativi : sia l’uno che l’altro
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relazionandosi tra loro acquisiscono il loro essere. Lo spazio letterario pertanto non possiede
staticità ma piuttosto dinamicità in base, appunto alle diversificazione delle azioni umane descritte.
Sì, è vero, le vicende di un’opera letteraria si snodano su strutture temporali: “il romanzo non può
bandire il tempo”, affermava giustamente Kermode, l’oppositore di Frank; ma è pur vero, e non lo
afferma solo Frank ma anche in seguito altri studiosi come il francese Genette, che lo spazio può
prevalere sul tempo, una specie di “ rivincita dello spazio sul tempo”: è possibile che lo spazio ,
espresso in terminologie quali distanza, universo, dimora, luogo, sito, percorsi…..diventi
linguaggio, insomma una sorta di “spazio narrativizzato”, una specie di “messa in discorso” dello
spazio. Ed è così che lo spazio stesso può diventare l’elemento più importante per la comprensione
della vicenda raccontata. Quello che accade dipende dal dove esso accada: questa espressione del
critico letterario Michail Bachtin espime al meglio l’importanza dello spazio per il lettore il quale,
attraverso la creazione di una sua mappa mentale può segnare i molti “ dove” di cui è fatto il
mondo. 3
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Scenari settecenteschi e descrizioni ottocentesche
Nel ‘700 nasce il romanzo realista moderno: Defoe con Robinson Crusoe , Jean Austen con
Orgoglio e pregiudizio ne sono i primi rappresentanti insieme a Richardson (Pamela) ed altri. Si
tratta di romanzi dove per la prima volta ritroviamo il “ quotidiano” ed il “soggettivo”, ma anche
una certa attenzione ad ambienti, non più vaghi ed irriconoscibili topoi, ma luoghi citati con il loro
nome e pertanto geograficamente riconoscibili . Certo , ancora non è lo spazio a creare il linguaagio
narrativo: sono piuttosto gli uomini e le loro azioni a raccontare. Tuttavia i luoghi sono presenti , a
volte anche semplicemente evocati con vaghezza senza toni descrittivi. D’ altro canto, le
descrizioni presenti nel romanzo settecentesco o sono di tipo “economico” e cioè concise e
funzionali alle vicende raccontate, oppure, ma meno frequentemente, di tipo decorativo e
ridondante, una sorta di virtuosismo del narratore. In nessuno di questi due tipologie descrittive
rientra la descrizione vera e propria dello spazio in maniera tale da renderlo protagonista della
narrazione.
Sarà nel romanzo dell’Ottocento, quello romantico prima e realista poi, che maggiore attenzione
sarà rivolta all’ambiente, anche talvolta quello povero e degradato, con un impegno di verità
descrittiva senza connotazioni emotive o estetiche.
Sin dalla seconda metà dell’800 il senso dello spazio e del tempo nella vita economica, politica e
culturale si trasformano: l’uomo europeo è privo di certezze, avverte solo il senso del transitorio,
del vago, del frammentario. Il romanzo non può fare altro che risentirne. Non può più essere il
tempo il filo conduttore delle vicende narrate. E , sia pure per poco, nemmeno lo spazio. Ma per
poco, appunto. Frank, a buon diritto nota, nel romanzo moderno, quello appunto inziato più o meno
nella metà dell’800 per proseguire nel ‘900, una assenza di linearità del flusso cronologico ma
anche una progressiva assunzione da parte della componente spaziale delle tradizionali funzioni
della componente temporale. In altre parole, nel romanzo del Novecento lo spazio non farà più da
sfondo ad eventi e fatti che si svolgono nel tempo come avveniva nel’700-’800, ma sarà uno spazio
la cui funzione, progressivamante diventerà prima coesa con quella del tempo, né prevalente su di
esso, né subordinata ad esso, ma infine diventerà prevalente E c’è un motivo: lo spazio , via via,
appunto nel romanzo dell ‘900, smarrisce ogni significato obiettivo e diventa “ spazio significante”
i cui elementi diventano capaci di interagire con l’azione dei personaggi del romanzo e di
influenzarla, imprimendo alla descrizione la giusta valenza drammatica. Un esempio di elemento
ambientale che può assumere diversi significati: la porta. Secondo il filosofo Bachelard la porta è
un significante che si diversifica in vari significati in relazione ad azioni o percorsi che possono
essere svariati, contiene pertanto molteplici percorsi tematico-narrativi, e può rappresentare svariate
situazioni: si va dalla curiosità alla tentazione, dal desiderio, alla sicurezza……. Da non trascurare
inoltre, sempre nel romanzo del ‘900, il fatto che spesso i fatti raccontati si riferiscono a tempi
diversi tra loro, dove nulla è contemporaneo, dove anche stili e generi si mescolano tra di loro senza
un principio unitario, in una costruzione che non ha nulla di lineare : una sorta di intertestualità che
può comprendersi tenendo presente come unico punto di riferimento, non certo il tempo ma
piuttosto lo spazio 4
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Semioticamente parlando
Lo studio della spazialità in un testo letterario non può ignorare ciò che la semiotica ha messo in
evidenza: non può esistere uno spazio oggettivo, scientificamente determinato secondo parametri
geometrici, lo spazio va considerato ed interpretato tenendo conto dei valori che gli si danno( in
semiotica si chiama assiologizzazione) e dei risvolti emotivi( timismo) che concorrono alla sua
creazione. Non esiste uno spazio che vive di sua vita, lo spazio viene orientato dalla presenza di un
soggetto: non uno spazio oggettivo quindi ma “oggettivato “ . Come afferma Giorgio Raimondo
Cardona ( docente di linguistica), è l’uomo che genera lo spazio, non perché ne occupi la posizione
centrale ( concezione rinascimentale ), ma piuttosto perché applica la sua soggettività allo spazio
che lo circonda. E siccome ogni individuo ha la sua soggettività e la sua cultura, lo spazio si
diversifica sempre a secondo degli individui che lo determinano. Osservare criticamente lo spazio in
una narrazione concede di cogliere i significati profondi dell’agire umano nelle sue principali
dimensioni: pragmatica (le azioni pratiche), timica ( le emozioni ed i sentimenti), cognitiva ( la
conoscenza). Considerare lo spazio solo per come viene descritto in un testo narrativo o nella sua
funz