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CAP.II
Un pensiero meridiano
Fermo restando che la scrittura brancatiana risente dell’architettura prevalentemente
barocca della sua Catania dalla quale appare quasi contagiata ( nella struttura
sintattica del periodare che è poco lineare e talvolta risulta quasi annullata, nell’ uso
frequente dell’asindeto, nella fioritura delle immagini ), ribadiamo che Brancati
predilige la rappresentazione di Catania soprattutto nella sua accezione barocca,
quando per esempio, nel raffigurare un esterno, lo presenta come se fosse un interno,
quasi come una complessità di odori, rumori, voci, suoni, cittadini comuni, ma anche
di figure del passato catanese, quali per es Angelo Musco, famoso attore, o il
musicista Vincenzo Bellini: una specie di grande cortile, simbolo di un barocchismo
multiforme e variegato. Questa per Brancati è Catania, una città diversa da Roma o
Milano: differisce da Roma della quale non possiede la panoramicità, e differisce
pure da Milano, della quale non eguaglia l’anonimato della vita frenetica . A Catania
è invece possibile , per il personaggio brancatiano, vivere non da estraneo spettatore
come nelle suddette metropoli, ma come attore nel paesaggio stesso. Brancati riesce ,
attraverso la sua narrativa ad attraversare, vivere la città ed a renderla animata:
l’esempio pù significativo è la presenza quasi costante del cielo catanese così ricco
di vita : la presenza del cielo è appunto costante nelle opere di Brancati: “Al
principio di maggio, il cielo si abbassava, l’aria si chiudeva, l’odore del mare non
aveva più una finestra donde fuggire...”: così si legge in un passo di “Gli anni
perduti”; “ Il cielo, fuori, è limpido, ma il freddo cresce di ora in ora..”: cosi si legge
in un passo di “ Don Giovanni in Sicilia”. Un altro esempio della capacità di
Brancati di vivere il suo spazio letterario e di farcelo vivere può essere considerato il
movimento, una sorta di forza continua che comprende tutto : vento, luce, sole,
foglie, luna , stelle...... E’ un movimento non dispersivo , anzi unificante ed
omogeneizzante, una specie di ricomposizione del molteplice all’interno di un
sistema unitario, che così non rimane intrappolato nel disordine. E poi da non
trascurare c’è il fatto positivo che Brancati vede nella sua Catania (che fa da sfondo
atre suoi romanzi Gli anni perduti, Don Giovanni in Sicilia, Il bell’Antonio), una
rassicurante immutabilità, una sorta di qualità domestica, una sensazione che solo
nell’intimo di una casa può avvertirsi : a Catania può avvenire tutto questo, i
personaggi brancatiani si emozionano al cospetto degli ambienti catanesi come se si
trovassero nell’intimo delle mura domestiche, cosa che non avverrebbe in grandi città
come Roma o Milano. In questi spazi urbani infatti ciò che avviene non assume alcun
carattere di esclusività o di durevolezza : gli eventi che vi si verificano potrebbero
avvenire in qualsiasi altro luogo, come freddi disegni geometrici tracciati su una
lavagna. Catania dunque è considerata come spazio in cui, a dispetto della noia che
ne è come l’elemento costituente, si può nutrire un senso di rassicurante serenità: non
ci sono i disordini auditivi o visivi delle metropoli, ma piuttosto l’armonia sensoriale,
la felicità olfattiva. Il corso di Catania lungo e diritto , l’unica arteria veramente
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frequentata dai cittadini è il simbolo di tutto questo, in essa è difficile smarrirsi:
percorrerla , ripercorrerla in un continuo andarivieni, in quei tre chilometri, regala un
senso di intima e privata socievolezza.
Manca , nella narrativa brancatiana, la considerazione del mare come elemento
costituivo del territorio a lui caro. Lo scrittore sa benissimo che il mare, insieme
all’Etna ed alla Piana, costituisce uno dei confini, ma quando egli si allontana dalla
obbiettiva visione geografica, per assumere quella di narratore, il mare scompare
dall’orizzonte, mai considerato come un palcoscenico come invece lo è la via Etnea.
Ed , a parte qualche eccezione, non solo i catanesi ma anche gli scrittori catanesi
hanno sempre tenuto in scarsa considerazione il mare: casomai è la spiaggia , così
popolata di gente ad assumere un valore domestico e rassicurante, riproponendo quasi
lo spazio cittadino e le sue dinamiche sociali. Tra mare e terra vince la terra : il
vulcano , la Piana esercitano quasi una forza centripeta che allontana dal mare. Come
notava anche Leonardo Sciascia, la Sicilia è quasi come un continente e non un isola :
il mare che richiama l’idea di viaggi o di nuove mete è visto come un pericolo, come
un allontanamento rischioso , come una seduzione che adescherebbe verso miti
irrealizzabili .
Lasciare la riva per il mare può essere un progetto dei giovani del tempo sollecitati
dal richiamo del regime fascista al “ miglioramento fisico e spirituale della stirpe” .
Ma , secondo Brancati chi coltiva l’intelligenza opta piuttosto per l’immobilismo.
Vero è, d’altro canto, che Brancati più che la modernità e la mobilità dell’uomo
moderno predilige l’immobilismo, ma non perchè ignori le istanze del progresso ma
perchè vive in un mondo , secondo lui esposto alla barbarie ( si pensi al fascismo), un
mondo in cui incombono i disastri del Novecento e di due guerre mondiali. E’ per
questo che Brancati preferisce l’Ottocento piuttosto che il Novecento, ma la sua non è
tendenza ad un atteggiamento reazionario, anzi, la tendenza ad evocare il passato gli
serve per investigare polemicamente, ironicamente e dolorosamente il presente.
A proposito di modernità in Brancati vale citare il romanzo Singolare avventura di
viaggio, ambientato a Viterbo; in esso Brancati esprime il suo pensiero sulla
condizione dell’uomo moderno che avverte il contrasto con il passato ottocentesco :
in particolare il presente appare in netta contrapposizione nei confronti del passato,
condizione avvertita non solo dal Brancati ma da altri grandi della narrativa
mondiale. Per esempio Robert Musil nel suo L’ uomo senza qualità individua nello
stesso periodo , gli anni ’30, la presenza di un abisso tra le generazioni dei padri e
quella dei figli. Per Brancati è il 1910 la data fatidica in cui può dichiararsi concluso
l’800 per dare inizio ad un’altra era fatta di precarietà e di incertezza. E non lo nota
solo Brancati. Auerbach fa notare come le opere letterarie dopo gli anni ’10 del
Novecento presentino “ un’atmosfera di fine del mondo”. E’ innegabile che tali
considerazioni derivano dal fatto che dopo il 1914, anno dell’inizio dela prima guerra
mondiale si avverte come un grande sisma, e non solo nella letteratura e nell’arte: la
realtà viene avvertita sempre più frammentata ed in continuio movimento e non è
impresa facile tentare una sintesi del reale. In Singolare avventura di viaggio viene
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espressa proprio la opposizione conflittuale di due condizioni: da un lato la frenesia
del nuovo, del moderno, dall’altro lato la tentazione di rifugiarsi in un passato dove
protagonista è il silenzio e l’immobilità. E non a caso la città scelta come spazio del
romanzo è Viterbo che si offre , nell’aspetto , come una città del passato, addirittura
del Medioevo. A Roma o in un’altra metropoli sarebbe possibile sperimentare il
senso del fluire della condizione moderna, della velocità, del movimento. Non di
certo a Viterbo, che è quasi una rovina dl tempo. Brancati, più tardi, nella sua
narrativa più matura, tenterà , come sappiamo, di dare al senso dell’esistenza la forma
della sua città, Catania, così ne Gli anni perduti, come ne Il bell’Antonio.
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Cap III
Per una fenomenologia della memoria: la riflessione dell’immediato
dopoguerra
1. La memoria contro “ la crisi della ragione”
Nel “romanzo più vario e articolato”( sono parole del critico Ferroni ) che Brancati
abbia scritto, Il bell’Antonio , lo scrittore si prefigge di ricostruire l’immediato
passato affinchè giovi al futuro . Questa sua poetica , e cioè il progetto di assumere,
da scrittore, l’impegno di un recupero della memoria del recente passato, guida
Brancati proprio nella compilazione del suo romanzo. Piuttosto che di ricostruzione
storica , si tratta di memoria. Egli è consapevole infatti che se il passato deve vivere
perchè giovi al presente ed al futuro è bene averne memoria , una memoria non fatta
di documenti, cifre , date, ma piuttosto di pensieri, emozioni, costumi , usanze. Un
passato scomodo, piuttosto che essere cancellato dalla memoria, è giusto che viva ,
anche sottoposto ad una visione critica, senza che sprofondi nell’oblio. Le barbarie
ed i disastri del recente passato ( regime fascista...guerra mondiale...genocidi....),
secondo Brancati devono rimanere nella memoria, perchè non corrano il rischio di
rimanere vittime dell’ ignoranza: ignoranza infatti non significa soltanto ignorare ma
anche dimenticare( lo afferma lo stesso Brancati ).
Ma il progetto del Brancati di fondare su una base di memoria condivisa i presupposti
per una ricostruzione etica della società , non dà esito positivo: in Il bell’Antonio il
tentativo di fondare su una memoria costruttiva la sociètà italiana del dopoguerra in
vista di una rinascita: rimane tutto un sogno. Nel finale del romanza si coglie
l’amarezza della consapevolezza della perdita della giovinezza, alla quaòe fa seguito
la costatazione che le speranze di libertà , nutrite nell’immediato dopoguerra , sono
naufragate. L’ultimo capitolo del libro si apre con un’epigrafe : vale la pena citarla
perchè è fortemente significativa del senso di tutto il romanzo: “ Verso nuda
scogliera, /poiche l’autunno della vita preme, / guardano, vinti e sconsolati i sogni”.
Quell’aria di felicità che si credeva di avvertire quando la guerra stava per finire,
quella speranz a di essere finalmente liberi di esprimersi, di dire la propria opinione
“in faccia ed “ a voce alta”, è destinata a vanificarsi: una disillusione amara. Brancati,
alla stessa stregua degli intellettuali suoi contempranei , per esempio Thomas Mann
o Curtius, avvertiva la difficoltà di un momento storico durante il quale era in gioco il
destino dell’ Europa. Mann , in quel dopoguerra vedeva “ la storia di mille anni
precipitare nel nulla , in una bancarotta senza precedenti”. Per Curtius quel periodo
storico se