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IDEOLOGIA, FILOSOFIA, POLITICA: DA CROCE A GRAMSCI.
La cultura delle nuove generazioni è dominata da una forte tendenza critica che mira a rovesciare i
caratteri della realtà contemporanea. Anche la letteratura sarà al centro di una battaglia ideologica
iniziata prima del 1910 dalla rivista “La Voce” e poi dal movimento futurista. Dopo il primo conflitto
mondiale gli intellettuali sembrano identificare il proprio cambiamento culturale come una
partecipazione politica, mentre altri vogliono un ritorno all’ordine (intellettuali de “La Ronda”). A
fornire questa sorta di ordine sarà il regime fascista che opporrà però una dura resistenza contro
l’opposizione. L’unico personaggio parzialmente esonerato è Benedetto Croce. L’ultimo “scambio
d’opinioni” si avrà con la risposta di Croce al Manifesto intellettuale fascista sul giornale “Il Mondo”.
Con le riviste si svilupperà una corrente intellettuale antifascista prevalentemente in esilio (“La
Critica”, “La Voce”, “Solaria”).
Vita di Benedetto Croce.
Benedetto Croce nasce a Pescasseroli da famiglia di proprietari terrieri nel 1866. Vive a Napoli
dove perde i genitori e la sorella nel terremoto di Casamicciola nel 1883. Vive a Roma da un
cugino del padre e studia giurisprudenza, ma si appassiona alla letteratura, alla filosofia e alla
storia, seguendo le lezioni di Antonio Labriola. Ritornato a Napoli studia a fondo il marxismo e
collabora con il giovane Giovanni Gentile, con il quale fonderà la rivista “La Critica” nel 1903. Tra i
suoi scritti: L’Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale e la Filosofia dello
spirito, Contributo alla critica di me stesso, La poesia e La storia come pensiero e come azione
( estetica). Fu ministro dell’istruzione (1920) nell’ultimo governo Giolitti, impaurito dal pericolo
rosso guardò con sospetto il fascismo e poi se ne distacco totalmente fornendosi come punto
cardine dell’ideologia antifascista. Il regime lo lasciò fare in quanto le sue critiche rimanevano tutte
sul piano ideologico. Morì a Napoli nel 1952.
per Croce è l’intero sistema della cultura e della storia umana a fornire una via d’uscita dalle forze
distruttive che minano la coscienza di ogni individuo. Contro le forze irrazionali che minacciano la
cultura del tempo, Croce afferma l’esigenza di un classicismo, e di una partecipazione sicura e
serena alla complessità della vita.
L’estetica e la filosofia crociana.
Contro una filosofia di tipo positivistico e dopo uno studio del marxismo, alla base della sua
filosofia, Croce pone 4 momenti eterni: estetico, logico, morale ed economico (riferito alle sfere del
bello, vero, bene e utile). L’interesse per De Sanctis, gli fanno analizzare come prima cosa l’arte. In
“Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale” egli vede l’esperienza estetica
come il primo grado di conoscenza dello spirito umano in rapporto con il mondo. L’arte è un’
“intuizione fantastica” che si dà immediatamente come espressione. Ma affinché sia ciò, Croce
nega il valore storico, tecnico e pratico dell’arte per esaltare quello di individualità, espressione,
intuizione, linguaggio e rappresentazione. In età più tarda aggiungerà all’arte le qualità di liricità e
di cosmicità, sottolineando la purezza sentimentale dell’arte e il carattere si sintesi della totalità
dell’esperienza umana. Rivisitazioni e ripensamenti invece avrà sul concetto di storicità dell’arte,
seppur negandola sempre. Per Croce la logica e l’estetica sono le due forme teoretiche dello
spirito, mentre l’economia, la politica e l’etica sono quelle pratiche.
Per quanto riguarda il concetto di storia, nello scritto “La Teoria e storia della storiografia” Croce
esprime il senso storico della filosofia dello spirito ossia: la filosofia si risolve nello studio delle
forme assunte dallo spirito umano nel suo movimento storico, dunque in una storia sempre ad
esso contemporanea poiché solo nel presente lo spirito attesta la propria storicità.
Del Croce storico abbiamo una tetralogia: la Storia sul regno di Napoli che narra le vicende dello
stato napoletano dal XV sec fino al 1860 e dell’importanza dell’istituzione monarchica, la Storia
d’Italia dal 1871 al 1915, la Storia dell’età barocca in Italia, in cui tratta la decadenza italiana e
Storia dell’Europa nel secolo decimonono dove esalta l’Ottocento borghese e liberale. Per quanto
riguarda il concetto di liberale avrà uno scambio d’opinioni con Luigi Einaudi. Differenzierà il
liberalismo, come ideale etico, e il liberismo, come ideale economico e utilitario.
Per quanto riguarda l’impegno in letteratura, Croce è più vicino alla cultura classica e vedrà
Carducci come miglior esponente ma anche De Sanctis. Inizierà una serie di saggi sulla letteratura
dai primi 50 anni dall’unità, pubblicati su “La Critica” fino al 1914 e poi raccolti in 4 volumi
“Letteratura della nuova Italia”.
“La Voce” divenne la “bibbia” dei giovani di allora che aderirono all’ideologia crociana e gentiliana
degli esordi. Ma dopo la rottura tra i due, anche all’interno della rivista vi furono divisioni che
sfociarono ne “L’Unità” di Salvemini e ne “Lacerba” di Papini e Soffici.
Gaetano Salvemini.
Nacque a Firenze nel 1873 e fece studi di storia medievale. Aderì al socialismo e partecipò alla
rivista “La Voce” distaccandosene poi nel 1911 e fondando la rivista “L’Unità”. Denunciò le
condizioni d’arretratezza del sud e del sistema scolastico, il clientelismo e la corruzioni delle classi
dirigenti giolittiane e fu antifascista. Si impegnò per la partecipazione dell’Italia alla prima guerra
mondiale. Esule nel 1925 fu tra i fondatori di “Giustizia e libertà” e visse e insegnò in America
tramandando gli scritti sulla reale entità del fascismo. Morì nel 1957. Lotta per la fine della
corruzione politica o di finti equivoci che pesano sulla vita sociale nella convinzione che solo la
lucidità e la fermezza possono fermare la corruzione e il ventriloquio politico.
La cultura e la grande guerra.
il primo conflitto mondiale viene visto come un evento che cambierà le sorti dell’umanità in meglio,
creando un futuro più libero e aperto. Per questo molti intellettuali appoggiano l’entrata dell’Italia in
guerra. Ma la gigantesca macchina bellica e la durata del conflitto rendono gli intellettuali
collaboratori di una carneficina che l’uomo non riesce più a comprendere. L’unico intellettuale
contrario al conflitto fu Croce che sapeva che il conflitto avrebbe generato solo discrepanze
all’intero della cultura liberale europea. Il conflitto oltre a causare la morte di alcuni scrittori come
Serra, generò una folta produzione sia poetica che narrativa: si vedano Ungaretti, Gadda, Svevo e
Palazzeschi.
Giovanni Gentile.
Nato a Castelvetrano nel 1875 da famiglia borghese, fu uomo universitario e filosofo
professionista. Insegnò in molte università tra cui Palermo, Roma, la Normale di Pisa e Napoli.
Dall’amicizia di Croce nacque la collaborazione alla rivista “La Critica”, ma i due si distaccarono a
causa di diverse idee e definitivamente dopo la pubblicazione del Manifesto fascista. Gentile fu il
filosofo del fascismo al quale aderì nel 1923 e per il quale fu Ministro dell’Istruzione e attuò la
riforma scolastica. Prese anche la direzione dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e dell’Istituto
fascista di cultura. Alla fine della sua vita si schierò dalla parte della Repubblica di Salò e venne
ucciso da un comando partigiano nel 1944.
L’ideologia di Gentile viene definita attualismo. Alla base vi è la filosofia dell’atto puro che tende ad
annullare la soggettività dello spirito, non vi è più distinzione tra pensiero e realtà, tra soggetto e
oggetto, tra passato e presente, è un continuo atto in cui lo spirito esplica la propria forza. Il regime
fascista diventerà l’espressione ideale dell’atto puro e Gentile il massimo profeta.
Si possono distinguere 5 orientamenti della cultura fascista:
1. Conservatorismo laico e borghese: totale subordinazione sociale al sistema statale,
concepito come suprema espressione di eticità. L’opera di Gentile è espressione di questa
tendenza.
2. Novecentismo: concepisce il fascismo come la spinta più vigorosa alla partecipazione alla
società industriale di massa (Rivista 900).
3. Populismo antiborghese: si vede nel fascismo la rinascita selvaggia di tradizioni popolari
e terriere radicate alla terra e al lavoro agricolo (Rivista “Il Selvaggio”).
4. Corporativismo: controllo della dialettica sociale ( rivista “Critica antifascista”, “Il Primato”).
5. Fascismo di sinistra: atteggiamenti antiborghesi e anticonformisti propri di giovani
cresciuti nelle istituzioni fasciste. Aperti a una cultura europea e americana, molto spesso si
scoprono antifascisti come Vittorini e Bilenchi.
Piero Gobetti.
Nasce a Torino nel 1901 ed ha una formazione aperta alle varie tendenze della cultura filosofica e
politica, affiancate dalla passione per la letteratura ed il teatro. Collaborò come critico teatrale al
giornale “L’Ordine Nuovo” e conobbe Gramsci, membro del gruppo comunista che ne era
espressione. Nel 1922 crea la rivista politica “La Rivoluzione Liberale” che sopravvivrà alla
repressione squadrista fino al 1925. Nel 1924 pubblica in una raccolta una serie di scritti usciti
sulla rivista sotto il titolo “La Rivoluzione Liberale. Saggio sulla lotta politica in Italia. Muore nel
1926 in esilio a Parigi a seguito delle percosse dei fascisti. Il senso della sua battaglia va
individuato nella scelta di utilizzare elementi dell’illuminismo associandoli alla lotta sociale operaia.
In tutta la sua prosa si coglie un senso di idealità, razionalità e moralità.
Opera: Liberismo e operai.
il testo in questione è l‘ultimo capitolo del primo libro della sua raccolta L’eredità del Risorgimento.
Riassume l’ipotesi di politica economica di Gobetti che parte dal modello di consiglio di fabbrica.
L’economia nuova del Gobetti va contro il protezionismo e afferma l’esigenza di un liberismo
aperto che sarà garanzia di un’industria dinamica e vitale. Essa dovrà appoggiarsi alla vitalità del
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