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1. LA GIOVINEZZA, FIRENZE, BEATRICE
Nato a Firenze tra il maggio – giugno 1265, figlio del cambiatore Alighiero, appartenente a
una piccola nobiltà in declino risalente al trisavolo Cacciaguida, ha una buona istruzione in
grammatica e logica; nel '86-'87 segue presso l'Università di Bologna i corsi di diritto,
filosofia e forse medicina. Nel 1289 partecipa alla Battaglia di Campaldino e della
Caprona. Sempre in quegli anni risale l'amore per Beatrice, figlia di Folco Portinari e
moglie di Simone Bardi. Nel 1290 Beatrice muore; e Dante,che aveva già scritto poesie in
volgare, descrive il suo amore nella “Vita Nuova”.
2. LA VITA NUOVA (1292-93)
2.1 L'amore giovanile e il “libello” che racconta l'amore. Simboleggia la trasposizione
lirica dell'amore giovanile. Beatrice è la figura che rinnova l'animo del poeta, da qui il titolo.
Tale rinascita, suscitata dalla figura amorosa provoca un duplice perfezionamento:
psicologico-morale e letterario col superamento di vecchie e logorate forme liriche. Il
corpus consta di 31 componimenti: 25 sonetti, 4 canzoni, una ballata e una stanza isolata di
canzone. Le poesie vengono legate dalla prosa che ha valore introduttivo, spiegando le
circostanze della creazione del componimento e un valore esplicativo delle forme retoriche
usate; perciò il testo si definisce un prosimetro (sul modello di Severino Boezio; o delle
vidas e delle razos dei trovatori). In questo senso si attua una selezione delle esperienze
ricordate per poi ottenere il “libello” scritto, inteso come processo svelatorio della reale
natura angelica della donna amata.
2.2. Dal “saluto” al “gabbo”. Dante dice di aver visto Beatrice a 9 anni, e poi 9 anni
dopo, (9 è simbolo della perfezione in quanto multiplo di 3, simbolo della Trinità). Poi
scrive del “saluto” (simbolo di salvezza, dall'etimologia latina) che Beatrice gli porge
(portatrice di beatitudine); qui avviene in lui un processo mistico che spiega bene nel
primo sonetto del libello: “A ciascun'alma presa e gentil core” rivolto ai tutti i “fedeli
d'Amore” affinché gli spieghino il significato della donna che crea dolore al suo cuore.
Il saluto dispone Dante all'amore; e poiché l'Amore si rifà ai precetti cortesi della
segretezza e discrezione, usa uno stratagemma, nella prima parte del libello, per
nascondere l'identità dell'amata. Infatti simula il suo amore verso una “gentile donna
schermo della veritade” per segretare quello vero verso la “gentilissima donna”.
Quando la donna schermo si allontana da Firenze, Dante fa lo stesso con una seconda,
ma le voci ormai giunte a Beatrice del suo comportamento inducono all'amata a
togliergli il saluto. A questo punto Dante cade in uno stato di prostazione, al punto che
invitati entrambi ad una festa di nozze, quando il poeta si accorge della presenza
dell'amata, impallidisce e trema. Ma anziché suscitare compassione alla vista del suo
sguardo agitato, Beatrice accompagnata da altre donne sembrano irridere, schernire e di
far “gabbo” al poeta, come descritto nell'ncipit del sonetto “Con l'altre donne mia vista
gabbate”.
2.3. Lo “stilo de la loda”. Metabolizzata la crisi, Dante con slancio creativo, compreso
di non poter ottenere appagamento dall'amor cortese poiché gli è negato il saluto da
Beatrice, sposta il valore amoroso in “quelle parole che lodano la donna mia”. Nasce
così una “materia nuova”, fonte di ispirazione e appagamento continuo, ovvero lo “stilo
de la loda” , l'amore dantesco è ricompensato dalla sua dedizione nel lodare l'amata. Per
cui canzoni-manifesto dello stilnovismo dantesco sono: “Donne ch'avete intelleto
d'amore” (nella seconda strofa Dante enuncia il presagio del ritorno al cielo dell'amata
poiché menomato della sua assenza luminosa); altre “nove rime” della lode fra cui i
famosi sonetti “Amor e'l cor gentil sono una cosa sola” e “Tanto gentile e tanto onesta
pare”. Nella canzone “Donna pietosa e di novella etade” Dante prefigura la morte
dell'amata causando orizzonti apocalittici, come in un racconto biblico; e l'esperienza
mistica- letteraria ha il suo culmine in un'immagine in cui gli appare Giovanna, la
moglie di Cavalcanti, chiamata dal poeta Primavera, accompagnata da Beatrice.
L'immagine di Primavera (prima verrà) indica il Giovanni Battista che preannuncia la
venuta di Cristo; Beatrice è simbolo di luce Divina, ma l'allegoria supporta anche un
messaggio letterario: al posto del cantore di Giovanna, Cavalcanti, subentrerà il cantore
dell'Amore assoluto, ossia Dante.
2.4. La “donna pietosa” e il ritorno a Beatrice. Dante non racconta la morte di
Beatrice, la preannuncia, e quando accade, comunica solo il fatto. Ma la morte non
cambia uno stato d'animo che trascende i beni mondani. Capita però il confrontarsi con
tentazioni e situazioni quotidiane : come la “gentile giovane e bella molto” che prova
compassione per il poeta rattristato, il quale compone per la donna pietosa 4 sonetti. Ma
il ricordo di Beatrice è forte, così in sogno la creatura si manifesta in spoglie celesti
rinvigorendo il suo amore. La “mirabile visione”, che congeda il poeta dal libello,
conforta l'animo del poeta con una promessa, ossia non raccontare altro su Beatrice fino
a che non riuscirà a trovar un modo migliore per trattare la questione, e una speranza,
ossia raccontare quando arriverà il momento, ciò che nessun altro aveva mai detto.
2.5. Il percorso spirituale e il percorso letterario. Il congedo indeterminato dal
libello, non è la prova di un'embrionale idea della Commedia, la quale sarà pensata dopo
anni di studio filosofico e di partecipazione politica. La “Vita Nuova” si propone come
summa delle esperienze lirico-amorose giovanili del poeta, inglobando anche liriche
non indirizzate a Beatrice (come quelle delle donne-schermo) ma che a posteriori hanno
trovato una sintesi narrativa; oppure note bibliografiche di autori quali: Cicerone, Boezio
e Cappellano. A livello personale è un punto di arrivo, concludendo una fase prematura
suggellata dal rinnovamento linguistico, e un punto di partenza, con Beatrice come guida
verso livelli poetici più complessi.
3. LE RIME
3.1. Tra Guittone e Cavalcanti. Quando Dante nel III capitolo della “Vita Nuova”, dice di
essersi concentrato sull' “arte di sir parole per rima”, raccoglie le poesie rimaste fuori dalla
raccolta e quelle composte fino al 1308, esluse le 3 canzoni commentate del Convivio nelle
“Rime”. Qui, come nella parte iniziale della Vita Nuova col sonetto..questione “A caiacun
alma”, ci sono similitudini collo stile dei sonetti di corrispondenza di Dante da Maiano,
ovvero di Guittone, stile artificioso e ricercato lasciaro presto per le influenze cortesi di
Guinizzelli e Cavalcanti (a quest'ultimo dedicherà il sonetto “Guido io vorrei che tu, Lapo
ed io”); di Cavalcanti apprezzerà tratti i leggiadri, raffinati con l'uso dei diminutivi come in
“Per una ghirlandetta”, del secondo l'aspetto cupo e doloroso dell'amore come in “Lo
doloroso amor che mi conduce”.
3.2. La tenzone con Forese Donati. 6 sonetti, 3 per cisascuno con un botta e risposta
continuo. Forse risalgono nel periodo del dolore per la morte di Beatrice. La tenzone incede
secondo la logico dell' improperium”, ossia insulti tipici dello stile comico (scelta usata
ampiamente de Cecco Angiolieri o da Rustico di Filippo). Quindi alle accuse di Dante di
non saper soddisfare la moglie, Donati risponde accusandolo di vigliaccheria, e ancora il
sommo poeta gli ricorda la sua golosità (tratto ricordato nella cornice dei golosi del
Purgatorio, ove Donati grazie alle preghiere della sua vedova, inizia ad espiare la pena
seppur aver aspettato poco nell'Antipurgatorio). Questo stile vivace troverà piena
realizzazione nelle Malebolgie infernali.
3.3. Poesia allegorica e didattica. L'impegno filosofico di Dante è notevole. Ciò si riscontra
in sonetti, come la canzone didattica “Poscia ch'amor” sul concetto di leggiadria (virtù non pura,
poiché non adatta a tutti, consistente nell'unione fra piacere sano e virtù pratica); tale differenze di
virtù assolute e relative è presente nel sonetto “Due donne in cime della mia mente” imperniata
sull'unione di bellezza e virtù, perchè la prima è finalizzata al diletto, la seconda all'agire.
3.4. Le 'rime petrose'. Fra il 1296-98, prima dell'esilio, scrive queste 4 poesie; centrale è la
figura, opposta alla donna-angelo stilnovista, della “donna Petra”, poiché crudele, avversa e dura.
Il tono aspro dei versi (“Così nel mio parlar voglio esser aspro”, dove la donna lo rifiuta e non si
concede), e la durezza di immagini ('fredda neve', 'gelo', 'noiosa pioggia') delineano uno scenario
infelice, un'amore che non raffina o eleva, e poiché senza piacere crea dolore. Il lavoro è comunque
immane, basti ricordare come ne “Amor, tu vedi ben”, 66 versi con solo 5 parole-rima(donna,
tempo,luce, freddo e petra) emulando a pieno il lavoro del poeta provenzale Arnaut Daniel.
3.5. Poesie dell'esilio. Le sofferenze personali del poeta fanno sì che possa 'riciclare' il suo
dolore morale in predicazione morale. Come in “Doglia mi reca”, 1304, dove è condannata
l'avarizia come male del mondo; ma soprattutto nella canzone “Tre donne intorno al cor mi son
venute”; il poeta ha dinanzi tre donne allegorie della Giustizia divina, umana e la Legge Positiva.
Seppur tradite dall'uomo, sono umili e fiere; come l'animo del poeta che al pensiero è rinvigorito.
4. IL FIORE E IL DETTO D'AMORE ATTRIBUITI A DANTE. 2 poemetti che precedono
l'esilio di cui manca la paternità certa. Nel “Fiore” è citato due volte il nome Durante, nome
di battesimo del poeta, come testimonia un documento del 1342; assieme allo stile e alla
metrica comparata con altre opere di Dante, si riconosce a quest'ultimo la paternità dei due
poemetti:
– il Fiore, una corona di 232 sonetti, parafrasa gli oltre 20 mila versi della fonte, il “Roman
de la Rose” di Guillame de Lorris e di Jean de Meung, ( tagliando le eccessive descrizioni
del primo, e del secondo gli aspetti dottrinali). Narra della conquista da parte di Amante del
Fiore, per mezzo di allusioni erotiche e comiche con figure allegori