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PETRARCA:
Tratti biografici di
- Nasce nel 1304 ad Arezzo, decenni dopo Dante (1265 a Firenze),
ad
Arezzo perché suo padre viene esiliato assieme a Dante a seguito
delle
vicende tra guelfi e ghibellini.
- Cresce in Val d’Arno e all’età di 8 anni, la famiglia si trasferisce a
Sud
della Francia, dove il padre svolge un’attività notarile presso la
è
Curia Pontificia (Papato ad Avignone). L’infanzia di Petrarca
privilegiata, può godere dei manoscritti e dei codici della Curia
più gli autori crescono a contatto con i testi, più si volge all’età
moderna.
Dante intuisce qualcosa al riguardo, quando fa di Virgilio la sua
guida e ne ricostruisce i testi, ma con Petrarca, la consapevolezza
storica dell’età classica, soprattutto latina, e della scienza filologica
che sa ricostruire i testi in correttezza, inizia l’età moderna;
Petrarca ha in casa una ricca biblioteca, e può avvalersi di quelle
curiali.
- Il poeta, assume in questo modo, dimestichezza con i poeti
dell’età classica latina (Cicerone, Tito Livio, Seneca..); adolescente,
con Cicerone, capisce che la sua vocazione sono le lettere.
- A 16 anni, studia giurisprudenza a Montpellier e poi a Bologna,
ma prevale in lui il richiamo della letteratura. Comincia il conflitto
con il padre, che vuole che studi giurisprudenza poeti moderni
caratterizzati dal rapporto critico con la figura paterna.
Petrarca riesce a prender coscienza di sé e a capire cosa ami.
- è
Quando a Bologna, anziché seguire i corsi di giurisprudenza, va
ad
incontrare gli intellettuali. Quando torna in Francia, a vent’anni
intraprende un’impresa che lo porterà alla storia; riscopre una
Deca di Tito Livio che si credeva perduta.
“Ab
Tito Livio, in età augustea, scrisse Urbe condita libri”, dieci
libri dalla fondazione di Roma fino ad Augusto; gran parte di questi
libri vennero persi e la terza delle Deche mancanti, la trovò
Petrarca tra i codici di Avignone ricostruì e scrisse a mano tutte
le pagine che trovò sparse. Per amore, rimette insieme il testo di
Tito Livio nasce così la filologia.
‘400.
Questo Codice, fu riutilizzato da Lorenzo Valla nel
- “Lettere
Nel 1340, Petrarca scopre le ad Attico” di Cicerone, che
erano
state perdute.
Egli scrive una raccolta di lettere in prosa latina, in parte
progettate già dall'autore per la pubblicazione e pensate per un
pubblico più vasto del destinatario esplicito.
“Epistole
Nelle familiari” Petrarca scrive delle lettere a Cicerone,
ed altre a Tito Livio ecc.. come se fosse lui a parlare con gli autori
di secoli a lui precedenti. è
Petrarca scrive in latino, perché la nostra letteratura il
“continuum” —>
della lingua e della letteratura latina lo scrivere
lettere in latino, mette Petrarca nella condizione di dialogare con
gli illustri.
“Iuvat vobiscum colloqui, vivi illustres...” Petrarca indirizza a
Seneca questa lettera nel 1348; gli chiede perché ha deciso di
divenire l’istitutore di Nerone e si pone nei confronti dell’età a lui
passata. Proprio perché ama Seneca, gli si rivolge anche in modo
critico, cosa che non era mai accaduta prima.
lettera a Seneca
Rapporto di Petrarca con i classici latini : tratti
dell’età moderna.
parlar con voi,
[Mi giova o uomini illustri, dei quali ogni età ebbe
ogni giorno
penuria e la nostra ha ignoranza e difetto. Certo è che
io vi ascolto parlare con più attenzione che creder si possa; e forse
merito d’esser da voi a mia volta ascoltato.] (Petrarca ad Anneo
Fam.
Seneca, 1 agosto 1348, XXIV 5)
I punti su cui si fondava questa ipotesi, che Petrarca fosse il padre
dell’età moderna, sono: “giova
Dialogo che diventa quotidiano
- parlar con voi uomini
è
illustri..”, in un discorso che non solo eccezionale come in Dante,
è è
ma quotidiano. L’autore l’interlocutore che dà ascolto e presta
attenzione al lettore dandogli risposte.
Coscienza critica moderna:
- Petrarca obietta qualcosa agli
è
autori illustri. Petrarca dice a Seneca che non possibile che egli
sia diventato istitutore di Nerone, che era un tiranno, e chiede se
credeva di poterlo cambiare o l’ha fatto per ambizione. è
Lo dice con rammarico, in quanto per colpa di Nerone si dovuto
suicidare. “amici”,
Petrarca sente questi autori come come voci
“irrinunciabili della sua quotidianità”, ma non esita a sollevare
è
dubbi e critiche, e a prender distanze quando necessario.
è
Questo concetto ribadito anche in un’altra lettera, al suo amico
Giovanni Da Certaldo, meglio noto come Boccaccio.
Boccaccio instaura con Petrarca un rapporto di amicizia, ma egli si
sente anche un discepolo nonostante vi siano solo nove anni di
differenza. Boccaccio sarà una figura fondamentale nel raccordo
è
con il secolo successivo, ovvero quello dell’Umanesimo;
comunemente noto come autore di opere in volgare, ma ha un
fondamentale ruolo come divulgatore. Petrarca, scrivendo a
Boccaccio, gli descrive il suo metodo di lavoro il quale non è
prescinde dal metodo dell’imitazione anche l’imitazione un
punto del passaggio all’età moderna.
-L’imitazione : non la copia; imitare non significa riprendere pari
pari una cosa già fatta, ma reinventarla e farla nuova a partire da
una suggestione originaria che ispira, ma si evolve nell’età in cui si
trova opera nuova, grazie all’adattamento all’età.
Petrarca desume da Orazio l’immagine dell’imitare, ovvero
come le api succhiano il miele dai fiori. Le api sono gli autori
moderni, che succhiano dai fiori (autori antichi) il polline, ma poi
restituiscono qualcosa di altro, diverso e migliore, ovvero il miele
è
l’opera moderna non solo non la copia di quella antica ed
è
ha un’identità diversa (miele\ nettare), ma anche migliore.
è
Da parte di Petrarca c’è l‘idea che l’opera nuova migliore di quella
classica; l’amore per i classici gli detta la voglia e il desiderio per il
“..deve
nuovo. Il processo di imitazione far risplendere l’ingegno di
chi imita, e soprattutto piuttosto che aver una guida che mi
atto di
costringa a seguirla in tutto, io non la voglio affatto”
ribellione, pietra miliare dell’età moderna: l’individuo si
ribella dalla soggezione di una guida (nel Medioevo non si
“guide”,
poteva scrivere senza deferenza verso le le autorità..).
Egli mira ad avere una guida lungimirante ed aperta, che gli
lasci spazio per decidere in cosa seguirla e che accetti i suo rifiuto
di non seguirla se non vuole. è
La guida intesa da Petrarca, procede avanti a lui perché
venuta prima, ma lo lascia libero nell’uso degli occhi e
dell’ingegno occhi e ingegno = due elementi della scienza
moderna.
Gli occhi sono gli organi che consentono la sperimentazione del
fenomeno, l’ingegno crea la teoria a partire dal fenomeno
è
osservato. Petrarca il primo a liberare questi due elementi, che
“ipse
saranno poi usati dalla scienza moderna al contrario dell’
dixit”, che induce gli autori a seguire le autorità, incatenando gli
occhi e l’ingegno. è
La conseguenza di lasciar liberi occhi e ingegno, che la guida
lascia l’allievo percorrere la strada come lui vuole e gli permette di
sorvolare ciò che a lui non interessa; egli deve esser libero anche di
tentare ciò che fino a quel momento era considerato irrealizzabile.
La prima guida di Petrarca era quella paterna, quindi lui si
riferisce anche a suo padre quando parla della libertà di seguire i
suoi passi; solo così si crea il progresso: il primo atto per far delle
è
conquiste quello di cercare una guida che lasci libertà, in temi,
ritmi, tempi ecc.
Laddove la disciplina obbliga a una continuità inarrestabile non c’è
spazio per la libertà individuale, egli vuole anche sbagliare.
- à: è
Affermazione della propria individualit Petrarca se stesso
e non si
pente mai, riconosce e confessa i suoi sbagli (incipit del
Canzoniere) esibisce il proprio io che fa gli errori, non se ne
fa del suo io uno specchio per gli altri.
vergogna, e
L’io si svincola alla necessità di stare sottomesso alle regole
che gli impediscono di autenticarsi; chiede addirittura di poter
tornare indietro, ovvero rinnegare quello che aveva inizialmente
intrapreso, cosa che l’età medievale non concepisce. Ci si apre alla
fragilità dell’uomo in quanto tale e ci si confronta anche con gli
disvelamento del limite e della fragilità.
autori
Letteratura come monumento
- Petrarca riprende il concetto
e lo rielabora.
Sallustio nelle sue opere storiche fa delle riflessioni di carattere
meta- testuale e teorico circa il valore della scrittura storica e
è
osserva che, secondo lui, più giusto cercare la gloria con è
l’intelletto piuttosto che con la forza fisica, e dato che il tempo
breve, bisogna far sì di rimanere nella memoria.
Con l’intelletto e la scrittura, piuttosto che con la forza, si
può ottenere di far durare la nostra memoria nel tempo.
“Bellum
Nel Iugurtinum” di Sallustio, c’è l’importanza della
rievocazione degli avvenimenti passati.
Sallustio decide di scrivere la storia, ma fa anche riferimento alla
tradizione romana secondo cui era importante la gloria,
l’esortazione dei cittadini alle imprese eroiche attraverso il ritratto
degli avi: vedendo e leggendo dei propri antenati, i cittadini erano
portati al desiderio della gloria.
è
Per Sallustio però, non il ritratto in sè che esorta il cittadino
all’eroismo, quanto il fatto che vedendo quella figura, l’uomo
moderno che lo vedrà, ricorderà quell’uomo ritratto.
“ ”,
Familiares
Il passo successivo che compie Petrarca nelle
è del
immettendo questo concetto in età moderna, l’affermazione
è
primato della scrittura: il monumento non più la statua, ma il
testo. è
Questa la presa di coscienza di un tempo: se si vuole ricordare un