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Fiesole, dove egli conduceva una vita da principe rinascimentale tra oggetti d'arte con la compagna Eleonora
Duse.
Allo scoppio della Prima guerra mondiale, D'Annunzio iniziò un'intensa campagna interventista,
galvanizzando l'opinione pubblica. Arruolatosi volontario, a bordo di tre sommergibili MAS (che
D'Annunzio interpretò come Memento Audere Semper) lanciò sei siluri nella baia di Buccari, vicino a Fiume
(“beffa di Buccari”).
Nel dopoguerra D'Annunzio si fece interprete dei rancori per la vittoria mutilata, capeggiando una marcia di
volontari su Fiume, dove instaurò un dominio personale sfidando lo Stato italiano.
Morì a Villa Gardone, che D'Annunzio trasformò in un mausoleo eretto a se stesso ancora vivente,
“Vittoriale degli Italiani”.
Esordio
Le prime due raccolte liriche (Primo vere e Canto novo) e Terra vergine (corrispettivo in prosa del Canto
novo) vengono influenzate da Carducci e Verga. Verga viene preso come modello per le figure e i paesaggi
della sua terra, l'Abruzzo, ma non c'è alcuna analisi sui meccanismi della lotta per la vita nelle basse sfere né
l'impersonalità verghiana.
Il piacere (1889)
Il primo romano di D'Annunzio vede al centro la figura di un esteta, Andrea Sperelli, il quale è un “doppio”
di D'Annunzio, che vive secondo il principio “fare la propria vita, come si fa un'opera d'arte”. L'eroe entra in
crisi quando si trova diviso tra due immagini femminili, Elena Muti, la donna fatale, che incarna l'erotismo
lussurioso, e Maria Ferres, la donna pura, che rappresenta l'occasione di elevazione spirituale. Le due donne
sono individuate poi da due colori differenti (rosso carnale e bianco puro) e da nomi simbolici (Elena
richiama Elena di Troia e Maria la Vergine).
È un romanzo psicologico: i processi interiori del personaggio vengono indagati dal narratore in III pers
onnisciente e mediante il discorso diretto libero.
D'Annunzio e Nietzsche
D'Annunzio coglie alcuni aspetti del pensiero di Nietzsche, banalizzandoli e forzandoli: rifiuto del
conformismo borghese e mito del superuomo, interpretato nel senso del diritto di pochi esseri eccezionali ad
affermare se stessi. Il dominio di questi esseri privilegiati deve tendere ad una politica aggressiva dello Stato
italiano, che domini sul mondo come l'antica Roma.
Il nuovo personaggio del superuomo ingloba in sé l'immagine dell'esteta: il culto della bellezza, infatti, è
essenziale nel processo di elevazione della stirpe di pochi eletti. In risposta alla società capitalistica moderna,
che emargina e degrada l'intellettuale, D'Annunzio affida all'artista-superuomo la funzione di “vate” e
colonizzatore.
La vergine delle rocce (1895)
D'Annunzio non vuole più proporre un personaggio debole, ma un uomo forte e sicuro. L'eroe, Claudio
Cantelmo, sdegnoso della realtà borghese contemporanea, vuole generare il superuomo, il futuro re di Roma,
che guiderà l'Italia a destini imperiali. Per questo l'eroe cerca la donna con cui generare il futuro superuomo
in uno scenario di decadenza e morte fra le tre figlie del principe Montaga, ma finisce per restarne
prigioniero. Egli, infatti, non riesce a scegliere e, quando sceglie Anatolia, lei si dimostra incapace di seguirlo
per accudire la famiglia. L'eroe soggiace allora a Violante, la donna fatale, immagine di un Eros perverso e di
morte. L'eroe perciò ne esce debole e sconfitto a causa della sua attrazione per la decadenza e la morte.
Le laudi (1903-1938)
Il titolo richiama le laudes creaturarum di S. Francesco, ma il contenuto è opposto (anticristiano, terreno
senza elevazione spirituale, ma una felicità istintiva prodotta dall'unione tra corpo e natura). Nel 1903 erano
terminati e pubblicati i primi tre su sette libri: Maia, Elettra e Alcyone (dai nomi delle Pleiadi, fanciulle
trasformate in astri); un quarto libro, Merope, fu aggiunto nel 1912, dedicato all'impresa di Libia, e Asterope
fu aggiunto nel 1938 postumo (gli ultimi due non furono mai scritti).
Maia è la trasfigurazione mitica di un viaggio in Grecia realmente compiuto, in cui l'io poetico si presenta
come eroe “ulisside” immerso in un passato mitico alla ricerca di un vivere sublime all'insegna della
bellezza. Il poeta, in opposizione alle prime opere, finisce per fare un inno alla modernità capitalistica e
industriale, terribile ma anche brulicante di potenzialità vitali. Dinanzi a ciò che lo aggredisce, esorcizza la
paura e l'orrore, cantando la realtà che lo minaccia.
Elettra presenta un polo positivo (passato) e uno negativo (presente da riscattare). Il volume presenta serie di
liriche sulle Città del silenzio, le antiche città italiane, che conservano il ricordo di un passato di grandezza e
bellezza (Medioevo e Rinascimento). Costante è anche la celebrazione della romanità in chiave eroica,k che
si fonde con il Risorgimento.
Alcyone presenta il tema lirico della fusione panica con la natura. Il libro è un diario di una vacanza estiva
dai colli fiesolani a Firenze, alla Versilia, seguendo le stagioni (dalla piovosa primavera al lento declino di
settembre. La stagione estiva è vista come la più propizia a consentire la pienezza vitalistica: l'io del poeta si
fonde col fluire della vita del Tutto (“panismo” <dio agreste pan, che incarna la potenza della natura).
Sul piano formale, c'è musicalità melodica, linguaggio analogico (gioco di immagini), lessico letterario,
arcaico e tecnico scientifico: è un'opera più pura rispetto alle precedenti.
L'esperienza panica cantata dal poeta è una manifestazione del superomismo: solo al superuomo è concesso
di fondersi con la natura. Tra i morivi ideologici troviamo l'esaltazione di una violenta vitalità dionisiaca e
l'ulissimo (febbre di vivere tutte le esperienze oltre ogni limite).
Montale afferma: “D'Annunzio era stato attraversato da tutta la letteratura del 900 e nessuno ha compiuto il
percorso tornando a mani vuote.”
GIOVANNI PASCOLI (Romagna 1855-1912)
Dopo l'assassinio del padre (con le conseguenti difficoltà economiche) e i lutti in famiglia, la sua tranquilla
vita dedita agli studi fu sconvolta. Egli si chiuse nel “nido” familiare, attaccandosi in modo morboso alle
sorelle per fuggire da un mondo che gli appare minaccioso. Pascoli si autoesclude così anche dalle relazioni
amorose, poiché le sue esigenze affettive sono soddisfatte dal rapporto con le sorelle, che rivestono una
funzione materna nei confronti del fanciullino.
La visione del mondo
La visione pascoliana del mondo rispecchia la crisi del Positivismo (nonostante la formazione positivistica),
poiché è permeata dalla sfiducia nella scienza e aperta al mistero. Il mondo gli appare frantumato e i dati
sensibili non compongono un quadro oggettivo della realtà, ma si caricano di valenze allusive e simboliche.
La poetica
Da questa visione scaturisce la poetica pascoliana, formulata nel saggio Il fanciullino (1897), in cui il poeta è
paragonato a un fanciullino (alter ego del superuomo), che non indaga razionalmente la realtà ma dialoga
con essa, cogliendone il mistero e penetrandone in profondità. Al pari di Adamo, anche il poeta fanciullino
dà il nome alle cose, usando in presenza di un mondo novello anche una “novella parola”, un linguaggio
nuovo.
La poesia “pura” (<decadentismo) non ha scopi pratici, come la quella di Virgilio, che “cantò per cantare”,
ma grazie a questo canto insegnava ad amare la vita. Pascoli è convinto che la poesia induca naturalmente
alla solidarietà e non all'odio e alla violenza.
L'idea della fratellanza sociale si traduce, sul versante dello stile, nella scelta di dare dignità letteraria alle
realtà umili, ripudiate dal classicismo.
L'ideologia politica
In gioventù Pascoli viene influenzato dalle ideologie anarchico-socialiste, ma si allontana dalla militanza
politica dopo il carcere.
Abbandonato il pensiero utopico di Bakunin si accosta a quello di Marx, che si fondava però sulla lotta di
classe tra proletariato e borghesia capitalista, non accettata dal Pascoli fanciullino che sognava un
affratellamento di tutti gli uomini.
Egli abbraccia allora una generica fede umanitaria, che auspica ad un'utopica armonia tra le classi. Di
fronte al capitalismo cinico e aggressivo, egli idealizza la classe dei piccoli proprietari terrieri, baluardo di
valori come la famiglia e il lavoro.
Infine egli si avvicina al nazionalismo quando avverte il dramma degli italiani costretti ad emigrare dal
proprio Paese (“nido”). Egli difende allora il colonialismo, legittimando le guerre condotte dalle nazioni
proletarie per le conquiste coloniali per dare terra e lavoro ai loro figli. Arriva persino a celebrare la guerra di
Libia nel 1911, come momento di riscatto della nazione italiana. Fonde in questo periodo socialismo
umanitario e nazionalismo colonialistico.
I temi
La poesia pascoliana propone l'ideale di vita dell'autore, impregnato di valori piccolo borghesi, di
umanitarismo e di sentimentalismo. In questo ambito di poesia ideologica e pedagogica rientra l'invito ad
accontentarsi del poco, l'ideale interclassista e utopico di una società senza conflitti in un clima di
cooperazione e concordia fraterna.
Fra i miti presenti troviamo il fanciullino, che rappresenta la nostra parte ingenua e buona e può garantire la
fraternità tra gli uomini, e il nido familiare, in cui i componenti possono trovare conforto dalla minacciosa e
paurosa realtà esterna. Al nido si collega il motivo ricorrente del ritorno dei morti.
Esiste anche un Pascoli decadente, che analizza il mistero al di là delle cose usuali mediante le piccole cose
con sensi allusivi e simbolici. Egli proietta nella poesia le sue ossessioni, portando alla luce i mostri e una
sensualità morbosa (espressa nel fiore maligno della Digitale purpurea). Egli sente ovunque la presenza della
morta con angoscia delle future catastrofi cosmiche, narrando l'irrazionale più di D'Annunzio.
Le soluzioni formali
Prevale la coordinazione
• Sintassi alogica e allusiva
• Termini preziosi e aulici della lingua dotta o ricavati dai modelli antichi + Termini dialettali
• riferentisi alla realtà campestre (botanica e ornitologica) + Parole straniere (Italy)
Onomatopee e Fonosimbolismo
• Metrica tradizionale + Verso frantumato (pause segnate da punti e parentesi) + Enjambements
• Linguaggio analogico (metafore prive di nessi logici e spostamento da concreto ad astratto) +
• Sinestesia
Le raccolte poetiche
1. Myricae: versi brevi, che o