Letteratura italiana - Parini, Beccaria, Foscolo - Appunti
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ESTRATTO DOCUMENTO
Plutarco.
Nel 1775 fece rappresentare a Torino la prima tragedia, Antonio e Cleopatra, che segnò la scoperta della vocazione
tragica. Dovendo darsi una strutturazione culturale e linguistica adeguata al nuovo obiettivo, si immerse nella lettura dei
classici italiani e latini con una fermezza di volontà divenuta proverbiale per l'estremismo con cui seppe manifestarla.
Lesse i classici italiani da Dante a Tasso e si recò in Toscana per meglio educare la sua sensibilità linguistica, perché
fino ad allora si era servito del francese, la lingua dell'aristocrazia torinese e internazionale. Nel 1778, per sottrarsi alla
sudditanza alla monarchia sabauda, rinunciò al titolo nobiliare, assegnò le sue proprietà alla sorella, conservandosi un
vitalizio annuale, e si trasferì definitivamente in Toscana, dove si legò a Luisa Stolberg, contessa d'Albany.
Alfieri compose, dopo la prima, venti tragedie (e una "tramelogedia", l'Abele), tra cui spiccano l'Antigone (1776), il
Saul (1783) e la Mirra (1784-1786). Sono opere stampate dall'autore a proprie spese e destinate alla società colta e
nobile del tempo e non già ad anonimi compratori. Aristocratico e individualistico è anche il tema delle tragedie,
riassumibile in uno scontro metastorico tra il tiranno (il detentore di qualsiasi forma di potere) e l'uomo libero che
afferma la propria dignità e libertà con la morte. Tiranno e uomo libero convivono a volte nella stessa persona, come nel
Saul, e tiranno può essere non una figura esterna ma l'incontenibile forza interiore di un sentimento, come nella Mirra.
Alfieri accetta le rigide convenzioni del genere tragico e anzi le esaspera, compattando l'azione entro una fissità
spaziotemporale che esprime l'assoluta concentrazione dei personaggi sulle tensioni tragiche che vivono e nelle quali
emergono, prive di ogni mediazione, forze sconosciute e distruttive. Queste tragedie, spesso costruite come variazioni di
rapporti familiari destinati alla catastrofe, sembrano esprimere un malessere profondo. Ma, nonostante la dimensione
autobiografica e l'atemporalità degli eventi narrati, queste tragedie, le più grandi di tutta la tradizione letteraria italiana,
indicavano istanze libertarie anche di tipo politico e contribuirono a educare le generazioni che fecero il Risorgimento.
La tendenza autobiografica si manifesta anche nelle Rime (1789 e, in un'edizione postuma ampliata, 1804), che tendono
a uno scontroso autoritratto, nella tesa Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso (1790 e 1804) e, molto attenuata, in
una serie di trattati cosiddetti politici, che sono piuttosto espressione della sua poetica, Della tirannide (1777-1789), Del
principe e delle lettere (1778-1789), La virtù sconosciuta (1789). Gli ultimi scritti sono le Satire (1786-1797) in terza
rima e un violento libello antifrancese, Il Misogallo (1798).
Foscolo, Ugo
1 INTRODUZIONE
Foscolo, Ugo (Zante 1778 - Turnham Green, Londra 1827), poeta italiano. Nato nell'isola greca di Zante, l'antica
Zacinto, allora possedimento veneziano, Foscolo si trasferì a Venezia nel 1792; qui, a contatto con letterati allora
famosi (Ippolito Pindemonte, Melchiorre Cesarotti, traduttore di Ossian), si formò una solida cultura e iniziò il suo
apprendistato poetico. Le sue idee giacobine e rivoluzionarie lo costrinsero a ritirarsi nel 1796 sui colli Euganei e, dopo
la rappresentazione della tragedia Tieste (1797), che gli valse una certa notorietà, fu costretto a riparare a Bologna nella
Repubblica Cispadana, dove pubblicò l'ode A Bonaparte liberatore. Tornò poi a Venezia, dove era nato un governo
democratico, ma le speranze di libertà vennero stroncate dal trattato di Campoformio (novembre 1797), col quale
Napoleone cedette Venezia all'Austria. Amareggiato lasciò la città e si recò a Milano, capitale della Repubblica
Cisalpina.
2 L'ORTIS
Fu la caduta delle speranze in un rinnovamento politico da parte di Napoleone a ispirargli Le ultime lettere di Jacopo
Ortis (la prima edizione completa è del 1802 e quella definitiva, la quarta, è del 1817), il primo romanzo italiano. Si
tratta di un romanzo epistolare orientato sui modelli di Jean-Jacques Rousseau (Giulia o la nuova Eloisa) e di Goethe (I
dolori del giovane Werther), ma con l'originale inserzione della tematica politica, le cui radici stanno nella storia
contemporanea e nelle vicende autobiografiche cui si è fatto cenno. Il romanzo, che presenta un autoritratto dell'autore e
denuncia una forte sensibilità preromantica, è stato definito dal critico letterario Mario Fubini una "tragedia alfieriana in
prosa": il protagonista, di fronte alla tirannia di Napoleone, che gli toglie la patria, e alla tirannia delle convenzioni
sociali (incarnate dal padre di Teresa), che gli tolgono la donna amata, afferma la propria libertà attraverso il suicidio,
secondo il modello alfieriano. Foscolo era tanto legato a questo testo, rimaneggiato nell'arco di un ventennio, che negli
ultimi anni di vita ancora meditava di riscriverlo.
3 I SEPOLCRI
A Milano conobbe Giuseppe Parini, ormai vecchio, e frequentò Vincenzo Monti, lo scrittore più autorevole nella
Milano napoleonica. Qui, nel 1803, apparvero le Poesie di Foscolo: dodici sonetti, di cui alcuni tra i maggiori di tutta la
nostra tradizione, e due odi, di impianto neoclassico. Dopo due anni trascorsi in Francia, in occasione dell'estensione
all'Italia nel 1806 dell'editto di Saint Cloud, che imponeva la collocazione dei cimiteri fuori dall'abitato e una
regolamentazione egualitaria delle tombe, Foscolo compose il suo testo più intenso, il carme, in 295 endecasillabi
sciolti, Dei Sepolcri, l'unico testo che non abbia avuto una composizione per interventi successivi. Pur muovendo da
una concezione materialistico-meccanicistica, l'autore celebra la funzione del sepolcro nella storia dell'umanità sia sul
piano individuale illusorio (si tengono vivi i defunti oltre la morte), sia su quello storico oggettivo (il sepolcro è una
delle istituzioni che segnano il passaggio dell'umanità dalla preistoria alla storia), sia su quello della funzione civile e
politica (le tombe dei grandi sepolti in Santa Croce), sia su quello del sepolcro come fonte di poesia (mito di Omero),
capace questa di trascendere il momento della distruzione implicita nelle leggi della materia.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Exxodus di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Napoli Federico II - Unina o del prof Scienze letterarie Prof.
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