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Focalizzazione esterna
personaggio). (il personaggio sa più
del narratore stesso).
La focalizzazione spesso si confonde con il narratore, ma in
realtà sono due cose diverse. La distinzione è tra chi
racconta (narratore) e chi vede (focalizzazione). Essi
potrebbero coincidere.
Focalizzazione = un testo si definisce focalizzato quando le informazioni narrative sono ristrette
alla percezione, conoscenza di qualcuno (solitamente un personaggio interno = personaggio
reflector). Quando non c’è un personaggio che riflette si ha la focalizzazione zero dove il
narratore esterno ed onnisciente ci da tutte le informazioni necessarie (Promessi sposi).
Quando il narratore racconta tramite gli occhi di un personaggio si ha la focalizzazione interna
(le ultime lettere di Jacopo Ortis - romanzo epistolare). La focalizzazione interna si suddivide in
altre tre parti: fissa quando ha un unico reflector, variabile quando ha più reflector e infine
multipla quando un evento viene narrato da diversi reflector.
Focalizzazione esterna quando c’è un narratore che registra gli eventi dall’esterno secondo il
proprio punto di vista (Alcuni racconti di Hemingway).
La prospettiva non va confusa con il punto di vista (chi vede). Mentre la visione riguarda
qualcosa che accade al di fuori del personaggio, la prospettiva riguarda la visione soggettiva
del mondo del narratore o di un personaggio. La prospettiva è legata alla dimensione
soggettiva della visione del mondo, ovvero al livello
psicologico e non dei fatti raccontati. La prospettiva, però,
può influire sulla visione. Questo è lo snodo del modernismo
letterario che inizia tra fine Ottocento inizio Novecento. Essa
trova in Italia la sua prima grande espressione in Luigi
Pirandello. I fatti sono sacchi vuoti che non hanno
consistenza finché non si riempiono di soggettività del
personaggio/narratore. La prospettiva può determinare la
visione di un fatto.
Il tempo: il tempo narrativo non è il tempo della storia (quasi
mai). Il tempo della narrazione non è il tempo della realtà. Il
tempo del discorso narrativo è rimescolato, molto spesso,
rispetto al tempo naturale. La narrazione è un atto di parola
che situa eventi nel tempo. Il tempo definisce il racconto.
L’ordine naturale degli eventi viene, però, manipolato per
attrarre il lettore -> anacronie che tendono a scompaginare
l’ordine della storia. Anacronia narrativa = discordanze tra
l’ordine logico-cronologico della fabula e l’ordine
dell’intreccio. Una delle funzioni più tipiche dell’anacronia è quella completiva, ovvero di
completare le informazioni e spiegare ciò che è successo o che succederà (es. storia della
monaca di Monza per poter raccontare ciò che lei farà a Lucia), per completare il quadro. Due
tipi di anacronia narrativa sono: Analessi = (flashback) momento in cui si torna indietro per
raccontare quello che è successo prima; Prolessi = andare in avanti (flashforward)
anticipazione di ciò che può accadere. L’autore vuole far capire su come si arriva alla
conclusione del racconto. Le anacronie vengono utilizzate per creare effetti ,studiati, sul lettore.
Ci sono ,poi, aspetti particolari del tempo, quali: acronia e sillessi. Nell’acronia ci sono rotture
del tempo narrativo con ricostruzioni di eventi che non hanno niente a che fare con quel fatto.
La sillessi è composta da eventi legati spazialmente tematicamente, ma non cronologicamente
(simultaneità di eventi).
Suspence = sospensione. La suspence è una tecnica narrativa legata ad un effetto preciso, ha
una ricaduta sulle facoltà cognitive ed emotive del lettore. Viene utilizzata per rendere partecipi
i lettori del mondo finzionale, immergendoceli. Con il termine suspense si intende l’effetto
risultante dall’immersione temporale e affettiva del lettore in una narrazione al punto da
generare in lui il desiderio di conoscerne gli esiti. Per creare effetti di suspense si interviene sul
tempo del racconto. Si ottengono reazioni dal lettore (carattere performativo della suspense)
prefigurazione esca
attraverso: (alludere possibili sviluppi degli eventi); (lancio di un elemento,
suspense’
idea, fatto che capirai poi); ‘what (come andrà a finire la storia, che cosa succederà
suspense’ suspense’
dopo?); ‘how e ‘why (scoprire come sono accadute le cose e perché);
suspense’
‘who (chi ha compiuto quel determinato fatto, problem solving, tipico del romanzo
poliziesco).
La manipolazione del tempo della storia è fattibile nel racconto scritto ma non in quello orale. Il
testo scritto consente di leggere e tornare indietro, mentre nel racconto orale non si capirebbe
nulla. Un concetto importante è il concetto di durata del tempo all’interno di un racconto.
Durata = riguarda il rapporto tra la durata effettiva di un evento e la durata della sua
rappresentazione sulla pagina. Qualsiasi azione o evento ha uno svolgimento racchiuso in un
certo periodo di tempo. La durata narrativa indica la quantità
di spazio fisico di scrittura che viene dedicato a quel fatto.
Quante pagine, righe vengono utilizzate per descrivere un
evento. Le differenze di durata e il tempo che viene
impiegato a raccontarlo si chiama anisocronia (tempo
ellissi
disuguale). Ci sono cinque casi di anisocronia: (nel
tempo del discorso c’è un buco temporale, un evento non
viene raccontato, un pezzo di storia manca) [“Il gattopardo”];
sommario (il tempo del discorso concentra in poco quello scena
che invece è un tempo lungo della storia, es. 20 anni in 5 righe); (il tempo del discorso e
estensione
il tempo dei fatti coincidono); (opposto del sommario, il tempo del discorso è più
pausa
ampio al tempo dell’evento, es. 5 minuti in 20 pagine); (interrompe il tempo del discorso
e il tempo della storia). frequenza
L’ultimo elemento meno decisivo è la = indica la relazione tra il ripetersi di un
evento nella storia e quante volte si ripete nel testo la narrazione di quell’evento. Ci sono
racconto singolativo racconto
quattro casi di frequenza: (un unico racconto e un unica storia);
singolativo multiplo racconto ripetitivo
(più storie raccontate più volte); (una storia raccontata
racconto iterativo
più volte, magari raccontata da punti di vista diversi); (tante storie ma
raccontate tutte insieme).
Il plot: è la trama, lo schema delle situazioni e degli eventi
narrativi, i fatti che sono raccontati. Il plot è caratterizzato da
delle fasi che si ripetono. Gli eventi si intrecciano tra di loro
secondo degli aspetti fissi: situazione iniziale (equilibrio) nella
quale si produce un evento che crea un momento di crisi
(mutamento, cambiamento, rottura dell’equilibrio iniziale,
elemento nuovi che mutano l’equilibrio di partenza). Si crea un
movimento di desiderio di risolvere il problema del momento
di crisi. Per superare la crisi si mettono in moto delle
peripezie, avventure, fatti, eventi. Esse conducono ad una risoluzione del problema e quindi
allo scioglimento che poi porterà ad una nuova situazione di equilibrio. Il plot, fisicamente
all’interno del romanzo, è suddiviso in: incipit (segmento che da inizio alla trama), può essere
narrativo (iniziare in medias res), descrittivo (“quel ramo sul lago di Como...”), commentativo
(offre un commento, interpretazione di ciò che viene raccontato). Funzioni: seduttiva (spartirà il
lettore), informativa, drammatica, codificante; explicit (segmento conclusivo); chiusura narrativa
(completamento e compiutezza della storia, risposta a tutte le domande del lettore). La
chiusura narrativa può non esserci.
Effetti speciali: trucchi che si possono incontrare nel
discorso narrativo. Uno dei più importanti è l’effetto realtà:
ogni romanzo è finzionale e l’autore cerca di sospendere
l’incredulità, sono tutti quegli accorgimenti che l’autore
mette in campo per cambiare l’idea del lettore che la storia
raccontata sia reale. Metalessi è l’opposto dell’effetto realtà.
Indica un cambiamento di livello narrativo, l’istruzione nel
racconto di elementi estranei allo scopo di mostrare che il
racconto è una finzione. Svelare il meccanismo finzionale
del racconto, non nasconderlo come succede nell’effetto realtà. In questo modo l’autore
sposta l’attenzione del lettore dal contenuto al discorso, su come il testo è costruito. (“Sei
personaggi in cerca d’autore”). Mise en abyme: terminologia che deriva dall’araldica (scienza
che studia gli stemmi delle famiglie nobiliari) che riprende al proprio interno la stessa
immagine. Significa ‘messa in fondo’, come se fosse una sequenza di specchi. Indica la
riproduzione miniaturizzata di un testo inserita in quello stesso testo, oppure una parte del
testo rispecchia o raddoppia diversi altri aspetti del racconto nel suo insieme (“Se una notte
d’inverno un viaggiatore”. Straniamento: concezione studiata e teorizzata da Victor Sklovskij. È
una tecnica narrativa che ha lo scopo di rendere estraneo ciò che ci è familiare, sguardo
strabici sulla realtà è ottenere una conoscenza maggiore del quotidiano (“rosso malpelo”, “i
Malavoglia”...). L’effetto fondamentale dello straniamento è quello di sottrarre le vicende
all’automatismo della percezione, abitudine automatica che non ci fa vedere le cose nella loro
profondità.
Personaggio: “Character” è più vicina al carattere, “Figur”
più vicino alla figura, “caractère”. La storia si costruisce
grazie alle relazioni tra i personaggi.
• Aristotele: il personaggio si misura con le azioni che
compie nella storia.
• Concezione funzionale: il personaggio vale in quanto
funzione, attante o partecipante della storia. Concezione
non sufficiente alla comprensione globale del testo. Si è
evoluta ad una considerazione più ampia del personaggio
(la seguente).
• Concezione connotativa: il personaggio viene letto, interpretato dal lettore, non solo per le
sue caratteristiche o per la sua attività, ma viene considerato un modello di tratti psicologici
che vanno oltre la fisicità del personaggio, il suo essere agente. Diventano importanti il
carattere e le sue idee. L’idea che il lettore si fa del personaggio è dinamica perché essa può
cambiare, così come il carattere e le idee dei personaggi. Si ha un vero e proprio processo di
conoscenza del personaggio che