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Dottori scrisse anche un Asino, modellato sull’opera maggiore di Tassoni.
Giordano Bruno
La lunga epoca dell’assolutismo conobbe molte invenzioni e innovazioni tecnologi-
che che modificarono anche il rapporto dell’uomo col il suo mondo: questo è
senz’altro il primo segno di modernità. Se Copernico contesta l’astronomia tradizio-
nale e aristotelica con Le rivoluzioni dei corpi celesti, Galileo da inizio a quella che
sarà la fisica classica mentre nel campo filosofico si rifonda l’intero sistema del sape-
re con Cartesio, Spinoza e Bacone. Proprio il rinnovato rapporto con la natura, infini-
ta e unita al tempo stesso, trasmette il senso di varie prospettive neoplatoniche ed er-
metiche, come quelle di Giovan Battista della Porta. In Giordano Bruno la coscienza
dell’infinità dell’universo si unisce alla lotta contro le forme chiuse e oppressive di
pensiero: la sua formazione non parte solo dalle nuove esperienze scientifiche ma an-
che dal platonismo, dall’ermetismo, dal materialismo di Democrito e Lucrezio,
all’insegnamento dei più moderni sovversivi Aretino, Folengo ed Erasmo da Rotter-
dam. La sua religiosità punta al rinnovamento generale della società contro ipocrisie e
falsi idoli. Nacque a Nola nel 1548 da una piccola famiglia della nobiltà locale col
nome di Filippo: entrato nel convento napoletano di San Domenico si accostò alle fi-
losofie ermetiche e mnemotecniche. Nel 1578 fu a Ginevra aderendo al calvinismo,
l’anno seguente in Francia dove pubblicò Il candelaio e poi a Londra. Dal 1585 all’88
insegnò all’università di Wittenberg in Germania riponendo in Rodolfo II le sue a-
spettative di pacificazione religiosa ed aderendo al luteranesimo: qui pubblicò alcuni
suoi poemi filosofici che lo misero in contatto con il patrizio veneto Giovanni Moce-
nigo. Questi lo invitò a Venezia per apprendere i segreti ermetici, ma entrò subito in
contrasto e lo fece arrestare dall’Inquisizione accusandolo di blasfemia: Bruno si pie-
gò ad accettare i dogmi cattolici ma non rinunciò al suo pensiero del mondo infinito e
verrà per questo bruciato sul rogo a Campo dei Fiori il 17 febbraio 1600.
Il suo pensiero è sempre legato a scelte linguistiche particolari, con un lessico basso e
grottesco e una sintassi aggressiva e concitata: c’è un netto rifiuto delle regole per
immergersi nella varietà del mondo e delle cose. Proprio Il candelaio è uno strumento
che permette a Bruno di analizzare le manie e le follie della sua società, col gergo dei
furfanti napoletani e della commedia dell’arte: gli schemi della commedia esplodono
perché l’autore vede l’evanescenza della saggezza e il confine sottile con la follia.
L’intreccio è triplice: il candelaio Bonifacio (così detto per le abitudini omosessuali)
si invaghisce di una cortigiana, l’alchimista Bartolomeo è tutto preso dalla febbre di
trasformare i metalli in oro mentre il pedante Manfurio converte tutta la realtà in
qualcosa di stantio con la sua grammatica assurda.
Tra i dialoghi in volgare ricordiamo La cena delle Ceneri in cui si esprimono i fon-
damenti fisici e cosmologici bruniani: il suo pensiero si inserisce tra gli intoppi della
vita quotidiana della Londra elisabettiana con la maligna diffidenza dei pedanti. Ogni
visione gerarchica del cosmo è spazzata via, come in De l’infinito, universo e mondi
dove si afferma la totale relatività dei punti di vista. Oltre questi dialoghi definiti co-
smologici, seguono quelli morali che riguardano l’uomo e il suo rapporto con la co-
noscenza: lo Spaccio della bestia trionfante è dedicato a sir Philip Sidney e descrive
la sapienza, Sofia, che pronuncia agli uomini la volontà degli dei di sostituire le tradi-
zionali costellazioni con simboli di virtù e descrive l’universo come un bizzarro tea-
tro. La Cabala del cavallo pegaseo è un completamento della precedente opera e rac-
conta dell’assunzione in cielo dell’asinità al posto della costellazione dell’Orsa:
l’asinità diventa simbolo sia del lavoro che dell’ignoranza. Forse i dialoghi più cele-
bri di Bruno sono i dieci Degli eroici furori, che si servono della poesia d’amore per
illustrate il processo che porta il saggio alla comprensione dell’infinito: l’amore di-
venta qui il furore folle ed eroico di Atteone che scoprendo la bellezza ineffabile di
Diana si lascia sbranare dai suoi cani. I dialoghi procedono attraverso il commento
antiaristotelico di testi bruniani e altrui.
Se l’ermetismo e gli studi magici di Bruno sembrano spingerlo verso il passato, in re-
altà il suo pensiero è profondamente moderno per la volontà di spezzare l’ordine co-
smologico e gerarchico che il mondo si era dato: il suo pensiero sembra preludere ai
futuri sviluppi dell’idealismo e del materialismo. La sua visione universale è affidata
alla forza dirompente dell’individuo, nella quale si possono scorgere alcuni valori
borghesi in contrasto con quelli dominanti.
Tommaso Campanella
In lui si colgono sotterranee radici popolari e contadine in un’aspirazione e attesa di
pace universale, ricollegandosi al pensiero ereticale medievale, in uno scontro con la
chiesa ufficiale del tempo. Giovan Domenico Campanella nasce a Stilo nel 1568 e
frequenta diversi collegi calabresi già schierandosi in avversione all’aristotelismo:
trasferitosi a Napoli già pubblica la Philosophia sensibus demonstrata venendo arre-
stato una prima volta nel 1592. Nel ’94 sarà arrestato di nuovo dopo essere fuggito e
sottoposto a tortura e abiura delle sue posizioni: ma le sue aspirazioni lo portarono a
organizzare una rivolta sostenuta da forze cittadine e popolari. Fu però tradito e in-
carcerato nel 1599 a Napoli, continuando a scrivere lunghe lettere alla Chiesa per es-
sere perdonato oltre ad una Apologia pro Galilaeo. Liberato nel ’26 dagli spagnoli e
arrestato di nuovo altre volte, vivrà un periodo di serenità solo in Francia dove morirà
nel 1639. La sua opera risente delle tantissime correzioni dovute ad autocensure o ri-
facimenti: infatti molti temi rivoluzionari sembrano in altro luogo divenire ortodossi,
e l’arma della finzione che utilizzò per sottomettersi alla chiesa a lungo andare diven-
ta anche sincera.
Il trattato volgare Del senso delle cose e della magia è l’esposizione campanelliana
completa dei segreti della natura. Tutte le cose sono animate e vivono di vita attiva e
spirituale: il creato è legato dal flusso continuo della sensibilità, così che l’uomo può
intervenire su di esso tramite la magia. La sensibilità è conservazione del mondo nel
suo mutare incessante. Il disegno di una riforma del mondo è perpetrato nell’opera La
città del sole, dialogo tra un cavaliere di Malta e un genovese, dove questi descrive
gli usi e la società di un’isola orientale secondo il metodo dell’utopia. La vita della
città è sorretta dal principio assoluto del Sole: governa un Principe Metafisico con
l’aiuto dei tre vassalli Potestà, Sapienza e Amore. La città è costruita su una struttura
rigorosa, comunistica ma non egualitaria perché ognuno occupa il posto che gli com-
pete per natura e capacità: non c’è violenza. Lo stile incalza con ironia le strutture
della società costituita, scagliandosi contro i tiranni. Questo pensiero di Campanella
in realtà andò mitigandosi col tempo, passando da un’iniziale sete di cambiamento
all’idea di una riforma più graduale. Anche nella poesia campanelliana si abbandona-
no gli schemi precostituiti e ci si affaccia direttamente a Dante, nell’accezione di una
poesia magica che metta in comunicazione colle profondità dell’esistenza: la verità
però la si scoprirà solo alla fine, quando in questo teatro che è il mondo ognuno avrà
recitato la sua parte districandosi nell’intreccio di bene e male.
Galileo Galileo
Mentre le vite di Campanella e di Bruno si svolgono in opposizione, quella di Galileo
è intessuta di una fitta serie di rapporti e collaborazioni con le istituzioni. Il senso del-
la sua ricerca sta proprio nella volontà di realizzare un’unione tra le forze del potere
sociale e le innovazioni della più moderna ricerca scientifica: le sue scoperte hanno
infatti il pieno apprezzamento dell’opinione internazionale e di molti scrittori. Galileo
Galilei nacque nel 1564 a Pisa e ben presto entrò all’università di medicina, dedican-
dosi soprattutto allo studio della matematica. Verso il 1591 il padre morì e lo lasciò in
una difficile situazione economica e familiare, mentre Galileo era dedito alla fonda-
zione di una nuova dinamica con il De motu. Per far fronte alle difficoltà economiche
accettò l’insegnamento a Padova, dove conobbe Paolo Sarpi e Keplero: ma il periodo
che durerà fino al primo decennio del Seicento sarà ricco di idee e progetti. Scoprì in-
fatti la legge sull’oscillazione del pendolo e sulla caduta dei gravi, in sintonia con le
teorie copernicane, nonché inventò il cannocchiale che gli permise di fare notevoli
scoperte sulla luna e su Giove. I suoi studi lo portarono a compilare il Sidereus Nun-
cius e ad iniziare una lunga polemica antiaristotelica volta allo svecchiamento scienti-
fico. Confutò molti luoghi della Bibbia (con le lettere copernicane e gli studi sulle
macchie solari), cosa che lo mise in cattiva luce con i gesuiti: questi infatti fecero in
modo che si condannasse la teoria copernicana nel 1616, comportando anche la ri-
nuncia alle sue speculazioni. Qualche anno dopo pubblicò Il saggiatore con dedica al
liberale papa Urbano VIII e il Dialogo sopra i due massimi sistemi che lo obbligò do-
po una condanna ecclesiastica ad abiurare ufficialmente i suoi principi nel 1633.
Galileo fu sempre interessato alla letteratura: la sua polemica contro l’aristotelismo
accademico fu dovuta proprio a una continua interrogazione e interpretazione di testi
e libri. Nelle Lettere copernicane la scienza deve rifiutare il principio di autorità e
non accettare le immagini acquisite del mondo: se le sacre scritture si riferiscono al
destino dell’umanità, l’osservazione diretta dei fenomeni della natura è stata consenti-
ta da Dio proprio affinché l’uomo studi e comprenda il cosmo. Nulla può modificare
il corso delle leggi naturali: Galileo ripudia ogni forma di magia o di sapere occulto e
le sue scoperte scientifiche e fisiche sono proprio il frutto della ricerca e
dell’osservazion