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MODULO A
SCUOLA SICILIANA
Abbiamo la continuità letteraria più lunga, tratti fondamentali della nostra società.
Nasce in un luogo marginale geograficamente, la Sicilia del 1200 ha il tessuto culturale di un
patrimonio comune del medioevo. Quando nasce la nostra poesia, nella prima metà del secolo, in
Sicilia dominano gli Svevi, dinastia tedesca con storia complicata, al centro c’è Federico II di Svevia,
l’imperatore.
Figura eccezionale da essere chiamato, lo stupore del mondo, per altri era un anticristo.
Sovrapposizioni culturali sul tessuto originario, latino e greco, una sedimentazione ebraica e una
araba e uno strato normanno. Con diversi matrimoni imperatore con sede in Sicilia c’è Fede II madre
normanna e padre tedesco, di cultura italiani. Essendo imperatore è al centro del contrasto con il
papato, un contrasto politico che è già antico all’arrivo di Fede, che però elabora un progetto
culturale come strumento politico, elaborare una letteratura che possa veicolare i valori della sua
corte ed essere punto di riferimento per la società ita del nord Italia.
La chiesa è portatrice di una cultura altissima, filosofica e il latino. Questo strumento alternativo
dovrà essere all’opposto della filosofia poetico e volgare, allora alla corte di fede, tra 1230 e 1250,
nasce la scuola poetica siciliana, perché è in Sicilia e perché la maggior parte dei suoi poeti sono
siciliani, ma non tutti (nella sua corte ci sono persone da tutta Italia) ed è significativo perché la corte
ha un grande modello poetico, la poesia provenzale, molto più antica di quella siciliana.
In Francia ci sono due aree linguistiche a nord c’è la lingua oil al sud c’è la lingua oc, sono due modi
per dire si, sono lingue diverse che esprimono letteratura diversa, la prima al nord diventerà il
francese, esprime soprattutto romanzi che possono essere di due cicli, uno ciclo carolingio dedicato
a Carlo magno, l’altro è il ciclo arturiano o bretone che dedicato a Rè artu e tavola rotonda.
Federico II quando cerca un modello per la sua scuola, guarda alla poesia provenzale, recuperando
temi, forme e modelli. La tipologia tipica della poesia provenzale è la poesia d’amore però la poesia
provenzale nasce in contesti precisi, nelle corti del sud della Francia ha la propria cerchia di poeti.
In questa cerchia è attivo il poeta che è professionista, la dama, l’amata è la signora, la castellana.
Infatti noi diciamo donna “Domina”, madonna vuol dire mia signora, se troviamo donna mia, dietro
c’è quest’uso di chiamare la donna signora perché nella società è più in alto, quindi l’amore per la
signora è destinato a rimanere insoddisfatto, la differenza sociale implica un irraggiungibilità
dell’amore. È un modello culturale che ha una storia antica. L’altra cosa che avrò destino importante
è quello che proprio perché la donna è la castellana non si deve fare il suo nome ma se ne sceglie
uno inventato che è Senhal (Segnal), un segnale. Amore di un uomo per una donna irraggiungibile
espresso attraverso un Sehnal, l’identità è celata.
Federico assimila questa tradizione con una particolarità, lui è imperatore quindi non ci sono tante
corti ma una corte, quindi la poesia siciliana è solo di amore perché i provenzali facendo parte di una
società guerriera di corti, avevano anche la poesia militare-politica. Lui non ne ha bisogno, perché la
politica la fa lui a livello universale, farà una cultura diversa contro quella religiosa. La lirica italiana
all’origine nasce amorosa e sarà così per lungo tempo, inoltre salta quel rapporto sociale poeta-
castellana, rapporto di classi perché nel sistema imperiale non c’è piu quel sistema di corti.
Svolta: quello che nella poesia provenzale era un rapporto sociale irraggiungibile diventa una
superiorità della donna sul piano interiore, diventa irraggiungibile non per il distacco sociale, ma per
una differenza di qualità del poeta rispetto alla donna, irraggiungibilità ancora più profonda,
ontologica, è l’essenza della donna.
A distanza, la beatrice del dante, creatura inviata dal paradiso per salvare gli uomini.
La problematicità d’amore è piu interiore.
Un altro scarto rispetto a quella provenzale, i poeti provenzali erano professionisti che scrivevano
poesie con funzione mirata alla corte, quei testi erano fatti per l’ascolto accompagnato da musica.
Il trovatore, è una sorta di cantautore, produce il testo e la musica e li esegue, perché la poesia ha
funzione di fruizione sociale.
In Sicilia questa sita non c’è più perché i nuovi poeti sono Fede e il figlio, scrivono poesie in volgare e
gli altri sono suoi funzionari come Da Lentini (notaro). Nella poesia siciliana c’è distacco tra musica e
poesia, il poeta scrive poesia (non vuol dire che i testi non siano musicati).
Questo contribuisce all’interiorizzazione del testo, che diventa per la lettura che per l’ascolto.
Ulteriore implicazione , se io perdo la musica dell’accompagnamento perdo la musicalità, ma questa
io la devo recuperare da qualche parte, la prendo attraverso le rime, le parole in rima.
Sonetto, testo inventato a tavolino, abbiamo il nome dell’elaboratore, Da Lentini principale poeta
della scuola siciliana.
Il sonetto ha una caratteristica che lo stacca dalle forme provenzali, ha una quantità di rime vicine
più alta, nei testi provenzali le rime sono più distanti perché c’era la base musicale.
Senza la musica tutto è demandato ai suoni delle rime.
La poesia non è sentimento ma sono forme, un testo non è mai completamente libero.
Un testo poetico è un sistema di elementi, tutti questi cooperano alla creazione del testo, l’elemento
base è il verso, il verso moderno è diverso dal verso latino.
I versi latini e greci sono quantitativi, perché ogni sillaba e vocale ha una lunghezza propria, una
quantità, le lingue moderne hanno perso questa lunghezza.
Il verso moderna è sillabico accentuativo, basato su sillabe e accenti.
Il verso nobile, più diffuso, è quello dei sonetti, l’endecasillabo, si parla di posizioni sillabica, perché
un endecasillabo può avere 18 sillabe.
Tre tipi di parole:
Tronche: però, perché, tu, accento su ultima sillaba.
Piane: in cui accento cade su penultima sillaba, piano, gatto, concerto
Sdrucciole: l’accento cade sulla terzultima sillaba come sdrucciolo, macchina.
Bisdrucciole: accento su quartultima
Trisdrucciole: accento su quint’ultima
In francese la maggior parte delle parole hanno l’accento sull’ultima sillaba, sono tronche.
Qual è il verso nobile francese? Il decasillabo, un verso fatto da 10 sillabe ma se ha 10 sillabe ed è in
francese e l’accento è sull’ultima sillaba, l’accento cade sulla decima sillaba.
La poesia italiana guarda la poesia francese, imita i versi francesi, il primo elemento è che il
decasillabo viene importato, nasce un verso che lo imita, l’endecasillabo.
Es. endecasillabo che finisce con parola tronca.
La sinalefe si ha quando infine di parola c’è vocale e all’inizio parola dopo c’è una vocale.
L’ultimo accento forte cade in decima posizione sillabica, ma si chiama endecasillabo, anche se ha 10
sillabe. È un verso uguale al decasillabo francese.
In italiano sono poche le parole tronche. Gli endecasillabi tronchi in italiano sono pochi.
La maggior parte delle parole italiane sono piane.
Caso sdrucciolo: l’accento sulla terzultima sillaba – in posizione 10.
Tutti questi sono apparenza, bisogna vedere la struttura, dice che sono uguali dato che l’accento
cade sempre sulla 10 posizione sillabica, la stessa cosa vale per ogni verso, come il settenario.
Settenario tronco, accento su in 6 posizione, perché il settenario italiano è sul senario francese.
È sempre apparenza, l’accento cade sempre sulla 6.
Nella scuola siciliana viene elaborata una forma metrica originale, che sono esito di storie
lunghissime e contributi. Nel caso del sonetto invece sappiamo quando è nato, dove e da chi (da
lentini) detto il notaro. Forma metrica che ha molta fortuna.
Noi guardiamo la forma regolare, classica (ci sono molte variazioni), è composta da 14 versi
endecasillabi divisi in due quartine e due terzine. Entrambe le parti si articolano in due.
In origine vengono scritti su due righe o tutto di fila (per non sprecare i supporti, carta o pergamena)
ma la struttura la riconosco perché c’è sempre.
Struttura profonda: 4 versi ripetuti e due versi ripetuti, 1 quartina, 2 quartina, terzina.
2 principio, tutti i versi rimano, e i versi dei due quartetti rimano all’interno, i versi dei terzetti
rimano all’interno.
Si mette una lettera, uguale corrisponde a rima uguale (ABA es. A=ere si ripete) la minuscola indica il
verso più corto (settenario), la maiuscola quello più lungo (endecasillabo).
I primi 8 versi avranno sempre 4 volte A e 4 volte B = forma standard del sonetto arcaico.
C’è una combinazione che non si trova mai è AAAABBBB perché 4 A + 4 B vuol dire che i quartetti
non sono rimati tra loro, ma sono staccati mentre devono dialogare tra loro.
È fatta da macrostruttura (A+A B+B), la strutturazione delle rime (2) la lunghezza dei versi (3), ogni
forma metrica è complessa e bisogna guardare tutte queste cose, questo per le quartine.
Per le terzine è più complicato, essendo più libere (le quartine sono sempre su 2 rime), nelle 2
terzine ci può essere un sistema rimico su 2 rime (CDC) o un sistema su 3 rime (CDE), nel sonetto ci
saranno 4 o 5 rime.
Strutturazione delle rime: nei terzetti c’è una variabilità maggiore, ogni verso deve rimare con un
altro verso, la prima terzina e la seconda devono rimare tra loro.
Combinazioni: CDC DCD non sono uguali: slittamento rispetto alle quartine che erano uguali.
È uno schema binario. CDC CDC due rime cambiandone la disposizione.
CDD DCC
Sonetto in cui l’autore fa lo strano, il principio però non cambia, non c’è nessun verso senza rima, ci
sono 4 A e 4 B, la quartina e la 2, rimano tra loro comunque perché c’è un verso in entrambe che si
lega ad altre e nelle terzine uguale, legame tra C e D.
CDE CDE / CDE EDC
JACOPO DA LENTINI
Analizziamo: sonetto di Jacopo da Lentini “ io m’aggio posto in core a Dio servire” (letto con vago
accento siciliano).
Io m’a