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Gessner, i poemetti ossianici e il classicismo. Il giovanissimo Leopardi cerca una
forma di intervento nella società corrotta, liberandosi dai retaggi familiari con la sola
forza della sua intelligenza. Le prime prove adolescenziali lo vedono traduttore degli
Idilli di Mosco, di alcuni canti dell’Odissea e della Batracomiomachia. La lettura del-
la Vita dell’Alfieri lo spinse a scrivere i componimenti succitati sull’amore per la cu-
gina.
Nel 1818 però nascono le due canzoni civili Sul monumento di Dante e All’Italia do-
ve il tono è alto e sostenuto e la retorica è magniloquente, sottraendosi alla meschinità
del presente però con tensioni e angosce individuali. Nel Discorso di un italiano in-
torno alla poesia romantica Leopardi dimostrò d’aver seguito la disputa sulle riviste
e difese il classicismo poiché gli antichi erano più vicini alla natura. La naturalità
rousseauiana è la facoltà di generare immagini e illusioni, distrutte poi dal progresso
sociale: nel presente soltanto la poesia ha la facoltà di mantenerle vive. Dal classici-
smo più che un modello armonico il Leopardi cerca la tensione agonistica nel rompe-
re la tradizione e nell’immettersi nel presente con una forte razionalità, che elude le
oscurità. La poesia ha il compito perciò di agitare l’animo e non di rasserenarlo, tra-
mite la memoria, il ricordo e il culto dell’indeterminato e del vago. Se all’inizio la
poesia ha il compito di continuare a generare illusioni, con l’approfondirsi del pessi-
mismo cosmico, l’arte diventa invece la fonte filosofica di smascheramento delle fal-
sità.
Lo Zibaldone è incentrato essenzialmente sulle interrogazioni che Leopardi si pone
circa il vivere, il destino degli uomini e il nulla: dal pessimismo individuale si passa a
quello storico e cosmico, e così dal cattolicesimo si giunge al sensismo. La forza cri-
tica del pensiero non si placa mai su risultati acquisiti ma acquista sempre nuovo
slancio e vigore, animato da una tensione che non si blocca in sé stessa: il piacere è
visto come ciò che non si appaga mai, come un desiderio la cui gioia sta nell’attesa.
Ma il piacere è anche una momentanea sospensione del dolore, che è sempre al centro
della vita. La natura conferisce solo l’esistenza fisica e biologica all’uomo, ed è suo
compito generare la vita delle illusioni e dell’attivismo: il nulla è al centro
dell’esistenza, cosa che la natura maligna genera.
Gli Idilli sono componimenti che seguono lo svolgersi di sensazioni, ricordi e avven-
ture dell’animo: questa è una forma leopardesca non vincolante, che da spazio
all’indefinito. Tra il 1819 e il ’21 vengono composti i cosiddetti piccoli idilli, tra cui
L’infinito, Alla luna, La sera del dì di festa. Accanto a questi esperimenti Leopardi
tende anche a una poesia civile e rigorosa, con il classicismo delle sue Canzoni che si
dota di una sublimità metrica e sintattica cercando soluzioni definitive: Ad Angelo
Mai, Bruto Minore e L’ultimo canto di Saffo sono le liriche principali.
Già dal 1820 Leopardi progettava di scrivere alcuni componimenti a mo’ dei dialoghi
di Luciano, in cui ci fossero immagini negative dell’infelicità dell’uomo per indagare
sul vero e sulle illusioni: ne risultò un tipo di prosa moderna del tutto nuova, al di
fuori di risvolti provinciali e finanche dell’italiano medio manzoniano. I temi, filtrati
in una luce ironica e paradossale, svelano l’ostilità della natura, le illusioni del pro-
gresso e della civiltà, un addio insomma generale al mondo delle illusioni: si ricorda-
no la Storia del genere umano, il Dialogo della moda e della morte, Dialogo della
Terra e della Luna e soprattutto l’impossibilità del piacere espressa in Dialogo di
Tasso e del suo genio familiare nonché Dialogo della natura e di un islandese, in cui
la natura è assolutamente indifferente all’uomo. Il Parini, o della gloria testimonia
l’assoluta inconsistenza della gloria letteraria nel mondo d’oggi e il Cantico del gallo
silvestre ricorda la destinazione alla morte di qualsiasi creatura umana.
Se in una delle ultime operette, il Dialogo di Plotino e di Porfirio, si rivalutava il va-
lore dell’amicizia, tra il 1828 e il ’29 Leopardi si dedicherà a Recanati alla composi-
zione di altre liriche non più incentrare sulle illusioni, ma sul seguire il flusso di emo-
zioni che rapiscono l’animo: e cioè soprattutto le rimembranze e i ricordi. Il fulcro sta
nel vago e nella doppia vista, cioè in una poesia che collega una sensazione presente
al ricordo del passato (saranno chiamati i Grandi Idilli). La prima poesia è Il Risorgi-
mento a cui segue A Silvia, che verranno pubblicate assieme nella definitiva edizione
del ’31 a Firenze. Nelle Ricordanze si alternano il dolore e il rimpianto nel ricordo
che pur è felice in un momento di totale sconforto; la pausa del dolore e l’attesa della
gioia sono il tema tipico della Quiete dopo la tempesta e del Sabato del villaggio; i-
noltre Il passero solitario e soprattutto il Canto notturno è espressione più alta del
pessimismo leopardiano, dove la natura e la luna non rispondono al perché delle sof-
ferenze dell’individuo.
Il periodo fiorentino vede nell’amore un’esperienza fondamentale, quella con Fanny
Torgioni Tozzetti, e si concentra nella scrittura di quattro componimenti denominati
Ciclo di Aspasia: ora il poeta cerca una parola che sia completamente adeguata al
presente. Nel Pensiero dominante se inizialmente l’amore si comunica solo nel rap-
porto negativo col mondo e di insofferenza verso la società, poi esso diventa qualcosa
di eminentemente fisico e prolungato; in Amore e morte non si avverte il fondo di
congiunzione tipico del romanticismo che vede in esse due forze distruttive e rovino-
se, quanto piuttosto c’è una spinta che tende a far rifiutare gli inganni e le illusioni;
Aspasia è la donna che è tornata ad abitare la mente del poeta con sensualità, ma è
doloroso ricordare la delusione generata tra l’immagine e la donna reale. Infine, tra le
ultime poesie scritte a Napoli, c’è La ginestra dove il paesaggio vesuviano comporta
una comunicazione affettuosa nell’arido deserto dell’esistenza: la luce degli uomini
liberati dalle illusioni vince sulle tenebre e si esprime un’esigenza di solidarietà e u-
nione degli uomini. Il tramonto della luna infine si dice che sarebbe stata dettata nelle
ultime ore di vita del poeta: tutte le cose spariscono nel buio e ciò si ripete
nell’esistenza di tutti i viventi.
La protesta di Leopardi
Il peso dell’impostazione crociana ha a lungo dominato sull’interpretazione leopar-
diana, definendone la natura idillica, di un poeta che guarda il mondo attraverso la fi-
nestra: dunque una vita basata sull’astensione e il disimpegno. Il nuovo corso degli
studi critici ha invece puntato l’attenzione proprio sull’azione, la coscienza morale e
l’impegno vibrante anche nelle liriche più disilluse e deluse. Dunque nella poesia di
Leopardi si esprime a piena voce il bisogno di cambiare la storia anche quando il pes-
simismo è ai massimi livelli, senza trovare una mera consolazione nell’arte. Anche a
livelli assoluti di nichilismo, di vuoto e di angoscia che si raggiungono sono sempre
uno stimolo all’azione dell’uomo: il progresso civile nasce dal rifiuto collettivo
all’abbandonarsi alla trascendenza provvidenziale. Il sensismo materialistico non è un
elemento datato che Leopardi supera con la poesia, ma è proprio un elemento che a-
limenta le tensione eroica. Questo eroismo non è mai dato una volta per tutte, ma si
configura come un percorso che cambia atteggiamenti e idee, ma sempre
nell’intransigenza contrappositiva tra valore e disvalore. In partenza c’è una pulsione
verso la vita, l’energia e l’operosità che il Leopardi giovane identifica con il cattoli-
cesimo, fiero oppositore all’uso moderno libertino della ragione: cioè la ricerca della
verità, la voglia di mettere in pratica il lume della ragione sono ben precoci nel poeta
recanatese, come visibile nella Storia dell’astronomia. Questa apologetica della reli-
gione gli era stata trasmessa dal reazionario padre Monaldo, che mal vedeva letture di
pensatori illuministi.
Ma è il periodo 1817-18 quello decisivo per la formazione leopardiana: il poeta infat-
ti, sentitosi sempre prigioniero nella casa paterna, vive alcune esperienze fondamen-
tali come l’incontro con Pietro Giordani dopo una lunga corrispondenza epistolare,
nonché l’innamoramento per la cugina Gertrude Cassi Lazzari. Di quest’anno sono
infatti il Diario del primo amore e l’elegia Il primo amore che implicano la manife-
stazione di molte intuizioni sulla propria vita interiore, di un sentimentalismo che
sente urgenza di espressione, di gloria e di riscatto tramite la poesia: questo è tra
l’altro il periodo in cui Leopardi scopre Alfieri. Il preromanticismo secondo Leopardi
è un rinnovamento classico con una forte componente sensistica: dunque una summa
della formazione giovanile. A questi temi di impostazione già materialistica si ag-
giunge anche l’esigenza patriottica a voler cambiare il mondo con la poesia, a far sen-
tire la grandezza del proprio animo deluso dalle vicissitudini politiche, cose che spin-
sero Leopardi verso posizioni ancor più alfieriane e foscoliane di indipendenza da
qualsiasi forza esterna; dunque non solo antigiacobinismo, ma anche antirestaurativi-
smo. In All’Italia e Sopra il monumento di Dante è chiaro il compianto verso i morti
italiani in Russia per una guerra che non c’apparteneva: la delusione ormai prevale e
muove il pessimismo leopardiano investendo la vita umana in generale.
Del 1819-20 sono gli appunti sparsi presi nello Zibaldone, che si riferiscono
all’inquieta vicenda morale e sentimentale di Leopardi a quel tempo: dunque un rea-
gire con questi piaceri dell’intelletto alla sua forzata solitudine. Le impressioni e le
esplorazioni annotate nel diario confluiranno anche nel costituire i due grandi com-
ponimenti della svolta poetica leopardiana del ’19. In Alla luna si delineano una serie
di immagini consolatrici che surrogano l’appagamento impossibile nella realtà e indi-
cano la possibilità della dolcezza del ricordo anche quando esso è doloroso; in
L’infinito invece l’idillio si concretizza non in fughe mistiche o fantasie arcadiche,
piuttosto come presa di coscienza del piacere solido che l’animo prova nel