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Gli illuministi lombardi
La capacità goldoniana di descrivere le minuzie della vita in movimento fu esaltata da
Gasparo Gozzi, dotato di cultura raffinata e classicistica. Questa sua apertura al pre-
sente è però frenata da diffidenza e difficoltà editoriali che lo spingono su posizioni
conservatrici, generando in lui un conflitto tra l’amore per la forma e le esigenze di
mercato: sul modello dello Spectator di Addison, il Gozzi redasse la Gazzetta e
L’osservatore Veneto. Il fratello Carlo Gozzi mostrò esplicita ostilità verso le posi-
zioni illuministiche nell’Accademia dei Granelleschi a cui partecipò: le armi che usa
in questa sua lotta sono la parodia e la satira, in specie contro Goldoni. L’amore delle
tre melarance è il suo primo successo, a cui seguono Il corvo, Il re cervo, Il Turandot
e altre favole teatrali. Al di là della polemica questi suoi lavori avranno molto succes-
so soprattutto presso la cultura romantica europea di Goethe, Hoffmann e della Stael:
agli schemi della commedia dell’arte si mescola il gusto per il meraviglioso, proprio
delle fiabe infantili (effettuando dunque un processo involontariamente moderno).
A partire dal 1743 il centro più vivo della cultura lombarda sarà l’Accademia dei Tra-
sformati riorganizzata dal conte Giuseppe Maria Imbonati, mentre dal 1764 al ’66 u-
sciranno alcuni numeri de Il Caffè e le prime due parti del capolavoro pariniano. Pro-
prio Pietro Verri nacque lo stesso anno del Parini ricevendo una severa educazione
tradizionale a cui si ribellò, e difese tra l’altro il Goldoni. Fu animatore
dell’Accademia dei Pugni, nell’aspirazione a creare una cultura aperta, senza confini
e che circolasse liberamente, non avendo né programmi né regolamenti predefiniti. I
quattro fogli del Caffè, redatti assieme al fratello Alessandro, uscivano ogni dieci
giorni ed erano frutto di discussioni avvenute presso la caffetteria Demetrio, legando
così la scrittura all’esistenza quotidiana. C’è in questa rivista una sorta di entusiasmo
giovanile rispetto all’idea di una vita libera: non è una posizione rivoluzionaria però
si tende all’eliminazione del parassitismo e a una riforma sociale più giusta. Molti
collaboratori entrarono però ben presto nell’amministrazione statale, eppure la volon-
tà del Verri è di non darsi mai per vinto: infatti è uno dei maggiori prosatori del seco-
lo, con una penna asciutta e una definizione razionale ad ogni espressione, priva di
compiacimenti retorici. Il Discorso sull’indole del piacere e del dolore vede nel dolo-
re l’elemento prevalente della vita e nel piacere la sua cessazione: eppure le persua-
sioni hanno la loro valenza per dare impulso al progresso storico. Particolari sono an-
che i Ricordi a mia figlia, precetti educativi per la figlia Teresa, nell’idea che sia me-
glio un uomo felice che un grand’uomo. Il fratello Alessandro Verri dall’iniziale
tendenza illuministica si spostò verso posizioni sempre più conservatrici, amante del
passato, e scrivendo sull’esempio preromantico Le avventure di Saffo poetessa.
Il marchese Cesare Beccaria nacque nel 1738 e si laureò in giurisprudenza con una
grande cultura in specie su Montesquieu, d’Alembert, Diderot e Rousseau. Dalle a-
nimate discussioni che ebbe soprattutto con Pietro Verri nacque Dei delitti e delle pe-
ne, ottenendo uno strepitoso successo a cui seguirono molte polemiche: partì per Pa-
rigi con Alessandro Verri ma ritornò ben presto in patria perché troppo pressato dalla
vita pubblica. Preferendo una vita appartata, ruppe i legami con i fratelli Verri. La sua
opera è uno dei contributi più importanti dell’illuminismo italiano e ancora oggi si
pone come riferimento per i valori di civiltà che trasmette: il sistema giudiziario go-
vernato dalle più tenebrose passioni è preso di mira, nell’idea di punizioni dolci e so-
ciali, contro la pena di morte e la tortura. Si devono rimuovere le cause prima dei
problemi.
Neoclassicismo e Preromanticismo
In quest’ambito illuministico ci fu anche chi sentì il bisogno di recuperare una classi-
cità autentica, intesa non solo come imitazione bensì come recupero dell’originalità
di alcuni tratti. Il Neoclassicismo è non solo recupero dei valori di bellezza quanto
anche di quelli di moralità e razionalità: cioè questo nuovo classicismo è alimentato
da intenso spirito di ricerca. Sorge infatti l’estetica ed incrementano anche studi sulle
altre arti (di questo periodo sono le scoperte di Winckelmann). Contemporaneamente
a questa nuova forma di sensibilità si svolgono varie esperienza raccolte sotto il nome
di Preromanticismo: importanti al riguardo furono L’elegia scritta in un cimitero di
campagna di Young nonché i canti del bardo Ossian di Macpherson, oltre alle opere
di Rousseau che più criticarono i fondamenti della società e dell’educazione, e scese-
ro nell’analisi dell’introspezione dell’Io. Attorno al 1770 si riunì in Germania un
gruppo di giovani scrittori sotto la guida di Herder denominato Sturm und drang, cioè
tempesta e impeto, ribelli contro le norme sociali e tendenti a rivendicare valori natu-
rali, curiosità verso i secoli bui del passato. In questo clima l’opera che mosse mag-
gior fermento e riscosse maggior successo fu il Werther goethiano.
L’abate padovano Melchiorre Cesarotti fu in contatto con i maggiori scrittori del
tempo e ritenne molto importanti le traduzioni. Infatti tradusse in endecasillabi sciolti
le Poesie di Ossian facendo risuonare anche in Italia il gusto per le passioni forti, i
paesaggi nordici e gli orrori notturni. Il nuovo stile cesarottiano è lontano sia dagli
schemi petrarcheschi che da quelli metastasiani, ed è pieno di pause e sospensioni
sintattiche e stilistiche.
Vittorio Alfieri
Il conte Vittori Alfieri nasce ad Asti nel 1749 da famiglia nobile: all’età di nove anni
entrò nella Reale Accademia di Torino per seguire la vita militare. Ma Vittorio sentì
la mancanza del padre, mortogli a un anno di vita, e la stessa accademia militar gli fa-
rà sentire l’impulso per tutta la vita di trovare affetti forti e saldi di riferimento. Usci-
to dal suo apprendistato si dedicherà a compiere numerosi viaggi attraverso l’Italia e
l’Europa sempre preso da un senso di malinconia, noia e insofferenza. Ciononostante
avrà modo di frequentare esponenti di diversa nobiltà entrando a contatto anche con
la cultura illuministica, e leggere i classici del periodo, ma anche dell’antichità (come
le Vite parallele di Plutarco). Nel 1772 inizia ad avvertire che l’unico modo per tro-
vare affermazione sta nella letteratura, e per una donna amata aveva composto la tra-
gedia Antonio e Cleopatra. Il successo di questa tragedia lo spinse definitivamente
verso la letteratura, intendendo riformare daccapo alle fondamenta la propria cultura:
cercò nella Toscana la patria autentica della lingua e si dedicò alla lettura dei classici
italiani e latini, scrivendo il trattato Della tirannide a Siena. Nel 1777 si spostò a Fi-
renze e poi organizzerà una fuga a Roma con la contessa d’Albany: proprio qui com-
pose il Saul. Ma nell’83 fu costretto a lasciare Roma per le troppe dicerie sul suo a-
more, sicché viaggerà di nuovo per l’Italia conoscendo Parini e Cesarotti. Fino al
1792 si dedicherà alla compilazione di numerose opere tra cui ricordiamo Del princi-
pe e delle lettere, le Rime e la Vita. Alle prime avvisaglie della rivoluzione francese
salutò la vittoria di essa con l’ode A Parigi sbastigliato, anche se i momenti più in-
tensi del terrore lo spinsero a provare un odio profondo verso i sanguinosi rivoluzio-
nari, pur rimanendo a Parigi per problemi economici e ivi morendo nel 1803.
Il lavoro letterario alfieriano parte praticamente da zero e punta ad interessare un
pubblico altro rispetto a quello borghese, al punto da intendere le sue tragedie come
destinate a occasioni private. Lo stile non è mai il risultato di un semplice approccio,
ma di continue e lente revisioni: il suo metodo è infatti quello di ideare, stendere e
verseggiare. Proprio per questo la storia dei suoi testi teatrali è molto difficile da rico-
struire, anche perché Alfieri mai volle prendere in considerazione l’aspetto commer-
ciale. I primi accenni di poetica sono contenuti nella Risposta dell’autore alle lettere
che il Calzabigi gli aveva inviato circa alcune sue tragedie: il teatro mira a un equili-
brio classico ma che rifiuta lo stile fluido e melodioso, cercando un verso invece
spezzato e frantumato e fratturato. La scelta poetica di Alfieri è infatti anche una scel-
ta ideologica: la scelta dell’assoluta libertà, esigenza determinante di ogni individuo
che abbia un forte sentire, impegnato in uno scontro tragico contro le istituzioni. Nel
trattato Della tirannide definisce gli strumenti del potere assoluto e i modi di ribellio-
ne e sopportazione di essa: il testo fa leva sugli scritti di Machiavelli e Montesquieu,
e specie nelle tragedie classiche si intravede lo scontro tra individui eccezionali. Cer-
to non è espressione di una volontà alfieriana giacobina: è piuttosto un modo di porsi
dell’autore nei confronti della cultura e della società del proprio tempi. Nel Panegiri-
co di Plinio a Traiano addirittura Plinio invita l’imperatore a rinunciare all’impero
restaurando la repubblica in nome della virtù. Del principe e delle lettere parte dalla
constatazione della inconciliabilità tra letteratura e potere politico: i veri letterati in-
fatti devono esulare dal rapporto di mecenatismo con i principi, in quanto la loro virtù
di artisti si fonda su un bollore del cuore, insaziabile di gloria. La connivenza con le
istituzioni è abolita e, anzi, lo scontro diventa assoluto: ma proprio questo è il limite
alfieriano, poiché risulta un’ideologia basata su modelli astratti e troppo generici.
La tragedia di Alfieri è un gesto assoluto tutto concentrato in sé stesso, dove non
hanno senso i particolari del mondo esterno. La sua scena è un teatro vuoto dove si
accumula un eccesso di vita in un punto solo, per dirla con De Sanctis. La vocazione
tragica degli eroi nasce da qualcosa all’interno della loro stessa volontà, che turba le
loro sicurezze: se la sua mancanza di senso storico lo allontana dal classicismo, altri
elementi lo hanno fatto accostare a una sorta di proto-romanticismo. Infatti sono per
lo più forze segrete che sconfiggono la volontà degli eroi: e qui s&rsquo