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CANTO XXXV
18. San Giovanni dà una spiegazione del funzionamento del mondo lunare.
I due mondi sono in rapporto strettissimo. Il mondo lunare ha un rapporto strettissimo di
corrispondenza con il mondo terrestre seppure con diversa faccia. Quello che troviamo sulla luna
non può essere sempre quello che non c’è sulla terra. In alcuni casi abbiamo questo rapporto di
compensazione come nel caso del senno. In altri casi, ciò che si perde dovrà essere inteso in modo
diverso. Infatti, riprendendo ciò che Leon Battista Alberti aveva fatto nelle Intercenales, la luna
viene descritta come VANITAS VANITATUM: una collezione, una raccolta di elementi che sono
Maria Concetta Carugno Pag. 53
vani. Una vanità di vanità storicizzata nella prospettiva cortigiana. Astolfo, infatti, incontra una
serie di elementi che rappresentano la fama, i voti, le lacrime degli amanti, i desideri vani…non
perché questi elementi non siano presenti sulla terra, anzi, Ariosto vuole dirci che questi elementi
sono ben presenti sulla terra, c’è una corrispondenza precisa tra luna e terra.
CANTO XXXIV
75. Torna il tema della perdita. Perdere non nel senso che non c’è, che è svanito ma poiché dietro
a questi elementi, a queste vanità l’uomo spreca il proprio tempo. Allora insieme a questi si trova
la fama degli antichi, i doni che vengono fatti con la speranza di ottenere in cambio qualcosa, le
adulazioni che sicuramente non erano assenti nella vita cortigiana.
78. Gli amori mal seguiti cioè che cercano di seguire delle finalità non positive come l’amore di
Orlando per Angelica, non l’amore di Bradamante per Ruggero che è destinato a ben altra fine.
Nell’elenco delle cose che si trovano nel vallone è importante notare il riferimento alla donazione
di Costantino. Dentro questo quadro ironico Ariosto inserisce anche questa “frecciatina” nei
confronti della Chiesa richiamando anche l’esperienza umanistica precedente, soprattutto di Valla
che aveva cercato di dimostrare la falsità di quel testo considerato storico.
Astolfo e Giovanni giungono alla montagna del SENNO. Il senno è l’elemento per il quale il
rapporto è più sbilanciato. La corrispondenza tra cielo e terra, qui, non è una corrispondenza di
proporzione ma il rapporto è del tutto sbilanciato. Il senno si trova tutto sulla luna poiché non se
ne trova più sulla terra. Il senno è descritto come un liquore evanescente che si trova in queste
ampolle tra le quali spicca quella che contiene il senno di Orlando perché è più capiente.
84. Ariosto dice che non solo il senno di Orlando si trova lì ma Astolfo vede quello di molti che non
sembravano averlo perso.
85. Ariosto torna a confermare che la follia è una condizione propria della natura umana.
L’anafora con cui si apre l’ottava 85 sembra voler contenere, in questo catalogo, tutta l’umanità
divisa tra chi perde la ragione per amore, chi seguendo altre illusioni.
La parte finale del canto si apre su un’ultima scena che si completerà nel canto successivo. Dopo
aver recuperato il senno di Orlando, Astolfo e Giovanni si avviano verso il palazzo delle Parche
dove si trovano queste anziane donne che filano le vite degli uomini. Su questi fili che
rappresentano la vita degli uomini si trovano delle etichette di metalli diversi che hanno impressi i
nomi degli uomini: ogni filo rappresenta la vita di un uomo e ogni filo contiene questa piastra
metallica su cui è inciso il nome della persona corrispondente. Nomi che, dopo che i fili sono stati
tagliati, dopo che le loro vite sono state interrotte, vengono portate via da un vecchio che
rappresenta il TEMPO.
Maria Concetta Carugno Pag. 54
CANTO XXXV
L’esordio interrompe momentaneamente questa sequenza e in esso Ariosto riprende il gioco delle
corrispondenze tra la follia di Orlando e la propria perdita dell’ingegno.
Con domanda retorica rivolta direttamente all’amata abbiamo l’eco della seconda ottava del
proemio del primo canto: la follia di Ariosto è collegata, direttamente, alla possibilità o meno di
poter scrivere il romanzo, è legata alle capacità intellettuali di Ariosto e quindi alla possibilità di
poter completare la sua opera.
Subito dopo questo richiamo alla sua autobiografia, al proprio amore per la donna amata, Ariosto
inserisce alcune ottave di elogio di Ippolito d’Este, suo signore il cui filo, all’interno del palazzo
delle Parche, appare più splendente degli altri. Questo elogio (ottave 6-9) viene lasciato da parte e
conosce anche una ripresa antifrastica.
Dopo questa parentesi sul filo della vita di Ippolito, Ariosto torna all’allegoria del tempo sulla quale
aveva chiuso il canto precedente. Incontrano di nuovo questo vecchio che arriva con le targhette
con i nomi impressi e lo trovano su questo fiume torbido che rappresenta il Lete, il fiume
dell’oblio. Il vecchio lascia cadere dentro questo fiume i nomi mentre vari uccelli cercano di
recuperarne la memoria.
13. Tra i vari uccelli che cercano di sottrarre queste targhette alla figura del tempo ci sono corvi,
avvoltoi ed altri uccelli.
14. Oltre a questi uccelli ci sono anche 2 cigni.
20. Il primo gruppo di uccelli rappresenta gli adulatori, i poeti cortigiani che recuperano le vite
degli uomini ma solo allo scopo di ottenere in cambio qualcosa. L’adulazione come uno dei mali
più gravi della società cortigiana. I due cigni soli sono i poeti buoni, quelli che valgono, quelli che
seguono la vera poesia. Ma questi sono pochi.
L’immagine allegorica degli uccelli corrisponde a qualcosa che accade sulla terra. In questo modo
si apre il discorso fondamentale del rapporto fra intellettuali e potere che si troverà nelle ottave
successive. In questo caso in un’ottica di esemplarità rovesciata di questo rapporto problematico
tra poesia e verità.
22. San Giovanni, dopo aver presentato questi elementi dell’allegoria, fa una vera e propria
digressione sulla storia letteraria. San Giovanni loda quei principi che seguendo l’esempio di
Cesare si fanno amici i poeti in modo che non debbano temere la cancellazione della loro opera
dalla memoria.
Subito dopo, San Giovanni lamenta lo scarso spirito mecenatesco dei signori italiani.
23/24. In queste ottave viene messo in discussione il valore della poesia in un elogio che suona
paradossale. I poeti sono rari come cigni. La colpa per la mancanza di poeti è da attribuire ai
mecenati avari che, con la loro attività, fanno in modo che le buone arti vengano disprezzate. Per
colpa della loro avarizia, Dio li ha resi incapaci di discernere il valore della poesia e questo avrà
come esito ultimo il fatto che non saranno ricordati.
In questo elogio paradossale del potere della poesia, San Giovanni arriva a dire che la capacità
persuasiva della poesia è tanto grande da stravolgere anche la realtà dei fatti; potrebbe rendere
eterna la fama dei potenti anche se questi fossero colpevoli di vizi.
Maria Concetta Carugno Pag. 55
Da queste ottave sembra in atto una vera e propria revisione della concezione tipica della
letteratura. Si apre, addirittura, una riflessione sul potere della parola, della letteratura intesa
anche come strumento di propaganda: la poesia che può essere intesa anche come legittimazione
del potere. Ariosto qui non rovescia il topos canonico della poesia eternatrice, anzi, sembra
confermarlo ma muta il punto di vista: insiste sull’utilità politica della poesia: la poesia è utile al
potere in quanto può manipolare la verità storica, può rendere eterna la memoria anche di quei
signori che hanno tutti i rei costumi. Questa poesia può essere però utile anche perché è in grado
di denunciare questa manipolazione. Qui, l’ironia tocca uno dei vertici più alti: ci fa comprendere
la posizione ambivalente della poesia fatta di subalternità, privilegi e capacità eternatrice.
Nelle ottave successive, il discorso di San Giovanni compie una vera e propria revisione della storia
letteraria: Enea non è stato così pietoso come invece ci viene raccontato; nemmeno Achille era
così forte, né tanto meno Ettore.
La fama, la lode, gli onori attribuiti a questi personaggi della tradizione letteraria derivano, in
realtà, da un patto cortigiano tra i poeti che hanno cantato le loro vicende e questi personaggi che
in fondo non erano così eccelsi nelle loro qualità. Stessa cosa si dice di Augusto e di Nerone, due
esempi di imperatori che, in un caso, sono stati capaci di farsi amici i poeti e quindi di utilizzare la
letteratura come strumento di propaganda, dall’altra parte non lo hanno fatto e, quindi, godono di
una fama molto negativa.
27. San Giovanni dice ad Astolfo che deve rovesciare completamente il senso della storia: la realtà
è completamente l’opposto di quello che dice la letteratura. Ma lo dice dentro un’opera letteraria
che è quella di Ariosto. Il sospetto radicale viene messo in bocca ad un personaggio che è un
evangelista e che quindi è uno scrittore. Fa sorgere il dubbio che la Parola Sacra non sia una parola
di verità in quanto si serve dello strumento letterario.
Capiamo come in queste ottave ci sia un corto circuito fortissimo: Ariosto vuole farci capire come
la verità letteraria è sempre compromessa con l’errore. Il vero non è del tutto escluso ma il tutto
va relativizzato: ogni verità è relativa, non è assoluta poiché è storicamente condizionata.
Si rivendica il valore commerciale della letteratura dissacrando il suo valore di verità: si esalta il
potere di persuasione della poesia tanto grande da essere efficace anche con chi non lo merita. A
cosa serve questa ambiguità, questo corto circuito? Emerge il punto di vista del mondo della corte:
i meriti di San Giovanni sembrano legati ad un contesto cortigiano. Le qualità di San Giovanni sono
un premio dato per la sua opera.
Forse possiamo immaginare che tutto questo discorso sulla poesia, sulla demistificazione della
poesia e i tanti riferimenti al mondo cortese servissero ad Ariosto per costruire una riflessione sul
ruolo rispetto al poeta dentro la corte: una rivendicazione forte del proprio ruolo di poeta
all’interno della corte mentre si rivendica l’autonomia della poesia. Il poeta sembra cercare un
proprio status sociale che corrisponda anche al proprio merito. Ariosto, nelle Satire, ci fa capire la
sua problematica posizione all’interno della corte, il fatto che non si sentisse sempre giustamente
riconosciuto nella sua qualità di poeta. Mentre qui sembra voler rivendicare un ruolo ben diverso
da quello di semplice segretario (dei ruoli troppo bassi per le sue