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INIZIO ANALISI I CANTO
Protasi.
l’autore fornisce i contenuti fondamentali dell’opera.
Chiasmo da manuale: figura sintattica a incrocio ABBA. Elementi collegati per asindeto. In questo caso, il
chiasmo è formato da elementi semantici: donne-amori, cavallier-arme ecc. è un chiasmo prolungato,
prolettico: pone in primo piano i contenuti. Solo alla fine si trova il soggetto: “io canto”: canto perché la
poesia era accompagnata da musica, ma anche perché è una citazione: “canto l’imprese e l’uomo” – “arma
virumque cano” (Eneide). Sotto questi versi soggiace quindi una memoria latina. Ariosto la amplia perché vi
è anche una citazione dantesca. Un modulo fondamentale che troviamo spesso nell’opera che indica la corsa
insensata per il mondo dei personaggi, che è chiarita da una citazione del canto V dell’Inferno, quello di
Paolo e Francesca (bufera infernale che trascina i lussuriosi). C’era in quel canto un elenco di deittici di
luogo (di su, di giù, di qua, di là…). Questo modulo di deittici è quello con cui Ariosto designa la corsa
insensata dei personaggi e di sé stesso (vedi 2 ottava).
Enjambement: Mori/d’Africa. L’enjambement è una figura metrico sintattica che consiste nella separazione
di un sintagma (unità logica sintattica semantica). Ha di solito due funzioni: dare impulso, slancio in avanti
alla narrazione (funzione narrativa) e mettere in evidenza delle parole chiave/tema.
Agramante: personaggio inventato da Boiardo, 22 anni. Sbarca in Europa per portare la guerra in Francia.
Una caratteristica dell’ottava elaborata di Ariosto consiste nel fatto che ci sono questi parallelismi, chiasmi,
figure retoriche e sintattiche che non ci sono nei cantari. Altra caratteristica è il fatto che di solito l’ottava
corrisponde ad un unico periodo sintattico (che a volte rappresenta un tema).
La seconda ottava è costruita in modo un po’ diverso: l’ottava comprende un unico periodo che è però diviso
in due da un punto e virgola (cesura abbastanza forte in poesia, forte soprattutto in mezzo a un verso; qui è a
fine quarto verso). Nei primi 4 versi l’autore completa la sua protasi e introduce il personaggio fondamentale
che dà il titolo al poema.
Invocazione.
Non a una dea o a una musa: rientra nell’autoironia dell’autore.
seconda metà ottava: racconterò tutte queste cose se mi concederà le forze per farlo colei che mi ha reso
pazzo quasi quanto Orlando, e che mi consuma il poco ingegno che ha, se mi lascia quel poco di cervello che
mi serve a finire quanto ho promesso. Questa seconda strofa è importante perché Ariosto inserisce un altro
personaggio: se stesso. Si inserisce come narratore ma anche come personaggio, e si pone allo stesso livello
degli altri personaggi: anche lui fa parte di quell’errare perpetuo causato dall’amore.
Il narratore non coincide con l’autore in carne ed ossa, ma in certi casi essi possono essere vicini tanto che il
lettore li identifica. Come nella Divina Commedia il narratore coincide con l’autore. La differenza tra il
personaggio e il narratore: il personaggio Dante vive tutte le esperienze di volta in volta e non sa come le
cose andranno a finire. Il narratore scrive quando il viaggio è concluso. Dante gioca su questa differenza di
consapevolezza anche nel Furioso. Su questa sovrapposizione fra narratore e autore Ariosto fa scaturire
un’altra delle strategie fondamentali del poema che è l’ironia con la quale il narratore personaggio guarda se
stesso. Questo primo intervento dell’autore è infatti autoironico.
Verbo limare: non è solo una metafora ma un verbo tecnico della poesia provenzale: significa consumare
qualcosa per amore. Queste riprese di vocaboli sono molto consapevoli. Il collegarsi alla letteratura
precedente è molto importante: lo vedremo soprattutto durante l’impazzimento di Orlando in cui Ariosto
recupera e ironizza tutta la poesia d’amore almeno dagli stilnovisti fino a Petrarca compreso (modello
fondamentale per l’autore: non solo perché Ariosto ha una cultura umanistica attrezzata ma perché Petrarca è
il modello poetico che Bembo intende imporre agli aspiranti poeti del tempo). Il primo verso è
un’accumulazione (oltre che chiasmo): elencazione nominale per asindeto, una delle procedure fondamentali
di Petrarca (“chiare, fresche e dolci acque…”). Ariosto recupera da Petrarca anche dittologie, coppie di verbi,
sostantivi, aggettivi (vedi strofa II verso 3: furore e matto. Furore preso da Fures, Eneide).
Struttura rimica dell’ottava (recuperata dalla tradizione): costruita a rime alterne per i primi sei versi e
ultimi due versi in rima baciata. ABABABCC.
Dedica.
A Ippolito.
Nella IV strofa altro personaggio: Ruggero. Questi sia nell’Innamorato sia in un poema ferrarese precedente
del primo ‘400 era indicato come il capostipite della dinastia degli Estensi. Tutti i poemi epici per dar lustro
al signore gli trovano un avo mitico, un eroe, un Dio.
“Cedino”: congiuntivo in forma popolaresca. Una delle forme popolari che Ariosto mantiene anche dopo la
revisione linguistica. C’è però chi, come il critico Cesare Segre, ipotizza un’altra possibilità di lettura: cedino
non congiuntivo ma imperativo esortativo.
Ruggero è un saraceno all’inizio e per la maggior parte del poema. Come può un saraceno essere il
capostipite? Perché di lui si innamora Bradamante, una fanciulla guerriera (sorella di Rinaldo) cristiana.
L’introduzione di Ruggero nella IV strofa ci fornisce l’altra inchiesta fondamentale del poema: quella di
Ruggero e Bradamante. Alla fine si troveranno e per poter sposare Bradamante Ruggero si dovrà
convertire. Si scoprirà che in realtà aveva già origini cristiane: resta orfano da infante e viene allevato dal
mago Atlante, il quale vedendo il futuro sa che se Ruggero si convertirà al cristianesimo per sposare
Bradamante dovrà morire presto. Atlante cercherà quindi di mettere i bastoni fra le ruote per tutto il poema a
Bradamante che cerca il suo Ruggero con una tenacia (tipicamente donnesca) che Ruggero non avrà (si
lascerà sedurre da altre). Quest’inchiesta viene messa in campo per celebrare la dinastia estense fornendole
un avo mitico.
Altro tema fondamentale oltre a quello degli amori è la guerra. Dalla strofa V in poi fino alla IX Ariosto
riassume le vicende dell’Orlando Innamorato.
Angelica e il fratello Argalia arrivano dalla Cina per distrarre l’esercito cristiano con la bellezza di Angelica.
L’operazione va a buon fine perché tutti si innamorano di lei e iniziano a inseguirla, anche Orlando e
Rinaldo. Una volta che giungono in Occidente Argalia viene ucciso da Ferraù, per questo Angelica riparte.
Nel corso dell’inseguimento della fanciulla, Rinaldo si ferma a bere alla fontana dell’odio (elemento dei
poemi cavallereschi di Re Artù) e comincia ad odiare Angelica, la quale beve dalla fontana dell’amore e si
innamora di lui. L’inseguimento si inverte. Nel seguito di queste vicende il fedele custode che starà attento
ad Angelica sarà Orlando. Angelica prima torna nel Catai, poi torna in Francia in cerca di Rinaldo, beve alla
fonte dell’odio e Rinaldo alla fonte dell’amore e tutto si inverte di nuovo. Angelica alla fine torna
nell’accampamento di Carlo, che si trova nella fase critica della guerra contro i saraceni. Egli prima della
battaglia campale… imprigiona Angelica in una tenda e chiede al duca di Baviera che la custodisca, dicendo
che ella sarà il trofeo per il cavaliere più valoroso che si batterà domani. Si preparano le armi. Anche Orlando
era tornato alla base e pensava che Angelica fosse al sicuro, e invece proprio in casa la perde (E così Orlando
arrivò quivi a punto: e presto si pentì d’esservi giunto).
Anche Orlando arrivò al momento giusto, prima della battaglia campale (e poteva sperare che Angelica
potesse diventare sua), ma si pentì perché non trovò la sua donna. “Sua” nel senso che la ama. Infatti
nell’Innamorato, seppur avesse avuto molte occasioni per farlo, non cercherà mai di abusare di lei. Lui è il
paladino integerrimo per eccellenza, la difende e basta. Caratteristica che come vedremo nel I canto non
apparterrà a tutti i cavalieri.
I due punti hanno la funzione di introdurre il commento ironico (primo commento ironico da parte del
narratore: ecco il giudicio uman come spesso erra!). Qui “erra” è inteso nel senso dello sbagliare. Poi spiega:
colui che gliela tolse fu proprio l’imperatore, che volle estinguere il pericolo che stava incombendo
sull’accampamento, l’incendio (metafora per indicare l’innamoramento). Pochi giorni prima era infatti nata
una gara fra Rinaldo e il cugino Orlando perché innamorati di Angelica (avevano l’animo caldo di “amoroso
disio”: sintagma tipico della poesia provenzale, stilnovistica ecc). Carlo, che non vedeva di buon occhio
questa lite tra i suoi migliori paladini che rischiava di minare il loro valore, tolse a loro la fanciulla e la diede
al Duca. La battaglia andò però male per i cristiani, che fuggirono, lasciando la tenda di Angelica incustodita.
IX: Fine del riassunto, inizio della vera vicenda del Furioso. Inizia con un deittico di luogo.
LEZIONE 4, 25/02/16
Canto I, Strofa 6.
Fine strofa: la rima baciata (punto-giunto) introduce il primo commento ironico del narratore (ecco come
spesso tutti noi sbagliamo) che segue nella strofa successiva. Di solito le ultime due strofe dell’ottava
presentano una rima baciata. Questa collocazione viene spesso usata da Ariosto per inserire i suoi commenti
ironici o dare una svolta alla narrazione. In questa strofa Orlando tornò nel momento giusto per difendere la
propria patria e ritrovare Angelica. “Punto” e “giunto” sono collegati dalla rima, ma sono in contrapposizione
dal punto di vista del significato: sembra il momento giusto, ma subito si pente di esservi giunto perché Carlo
sottrae Angelica dai desideri dei paladini. L’Orlando Furioso disegna tutta una serie di occasioni mancate, di
oggetti del desiderio che vengono sottratti continuamente; la narrazione va avanti con la descrizione dei
tentativi che ciascuno dei personaggi fa per trovare ciò che desidera. In sostanza l’opera apparentemente
racconta delle belle e divertenti storie, ma in realtà è in sostanza la rappresentazione di una vicenda che
riguarda la conoscenza e il desiderio in primo luogo (è tutto ciò che spinge i personaggi ad agire). In questo
modo Ariosto si ricollega a testi fondamentali della letter