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Estratto del documento

II.

Subito Machiavelli pensa alla situazione italiana e la vede come una campagna senza ripari, tanti piccoli

stati in cui non c'è nessuna virtù che impedisca la distruzione di tutto quanto (secondo lui gli stati italiani

avrebbero dovuto ispirarsi alla Magna Italia e alla Spagna). L'opera de "Il Principe" ha appunto lo scopo di

dare consigli a chi vuole adempiere a questo ruolo e a incitare i Medici a prendere una posizione.

Al paragrafo 10 Machiavelli tratta del libero arbitrio e quindi della capacità di adattarsi alle situazioni e fa

una domanda retorica: com'è possibile che la catastrofe succeda da un giorno all'altro se l'atteggiamento

del principe non cambia? Le risposte che Macchiavelli si dà sono:

1. La fortuna è anche il mutare della catastrofe;

2. Il vincolo è imposto dall’inclinazione caratteriale del principe che può essere varia. Così sono vari

anche i tempi in cui il principe si trova ad agire, quindi sarà fortunato quel principe che agisce in

modo naturale nei tempi in cui è richiesto di agire in quel determinato modo.

Es.: al paragrafo 18 è descritto come il papa Giulio II agisse in modo troppo impulsivo.

Niccolò Macchiavelli dice che è difficile adeguare il carattere alle situazioni, è un limite e anche il principe è

a conoscenza su come potrebbe agire. Quest'azione potrebbe essere:

1. Risolutiva, cioè impetuosa

Es.: il papa Giulio II è l'esempio di un principe che ha avuto la sorte favorevole di vivere in un

momento congeniale alla sua indole;

2. Risolutiva ma con una conseguente caduta.

Nel tentativo di dare una spiegazione concreta, nella conclusione del capitolo Niccolò Macchiavelli propone

la scelta n°1 attraverso una similitudine, per cui solo un principe che agisce con forza e che ha la speranza di

controllare la fortuna riesce nei suoi intenti.

Macchiavelli è a conoscenza che la qualità dei tempi si rivela solo post factum perché non si ha totalmente

la capacità di prevedere le situazioni che si verranno a creare, perciò preferisce l’impeto di intervenire nelle

azioni e ciò si rifà al suo pensiero personale riguardo a qualcuno che intervenisse nella situazione italiana.

1. Nel capitolo XXV Machiavelli tratta di quanto potere abbia la fortuna nelle vicende umane e in che

modo le si possa resistere;

2. Nonostante il ricorso a Dio sia usuale nel linguaggio politico fiorentino, la sostanziale

identificazione tra Fortuna e Dio concorre a certa tonalità provvidenzialistica di questi paragrafi;

3. Machiavelli afferma che tutte le azioni umane dipendono simultaneamente tanto dalla fortuna

quanto dalla virtù, non che metà delle azioni sono governate dalla fortuna e metà dalla virtù;

4. l'assimilazione della fortuna a un fiume irruento è un topos letterario tramandato dai classici: la

sintassi spezzata e rapida del primo periodo, in contrasto con quella più lenta del secondo forma

una sorta di mimesi del fiume rovinoso e poi dei lenti preparamenti della virtù;

5. Machiavelli afferma che dove gli uomini hanno poca virtù, la fortuna mostra assai la potenza sua;

6. Si riferisce a Ludovico il Moro, che aveva sollecitato Carlo VIII a compiere la spedizione del 1494 in

Italia, dando inizio ad un lungo e tormentato periodo di guerre;

7. Machiavelli dà inizio ad un'analisi specifica;

8. Machiavelli afferma che il riscontro positivo fra modi e tempi si deve al caso;

9. Machiavelli afferma che "havendo li huomini prima la vista corta et potendo poi comandare alla

natura loro, ne segue che la Fortuna varia et comanda ad li huomini, et tiegli sotto el giogo suo";

10. Giulio II, della famiglia dei della Rovere, fu papa dal 1503 fino alla sua morte, mantenendosi in una

stabile condizione di successo, sena mai rinunciare alla sua indole impetuosa. Egli procedette in

tutto il tempo del suo pontificato con impeto e con furia: e perché i tempi lo accompagnarono

bene, gli riuscirono tutte le sue imprese. Ma, se fossero venuti altri tempi che avessero ricercato

altro consiglio, sarebbe sicuramente rovinato, perché non avrebbe mutato né modo né ordine nel

comportarsi;

11. Nell'estate del 1506, il Papa mosse contro Perugia e quindi contro Bologna, dove fece il suo

ingresso trionfale l'11 novembre. Machiavelli fu in legazione, presso la corte papale, dal 27 agosto

al 28 ottobre;

12. I veneziani non si opposero per paura di perdere i loro possedimenti nel Regno di Napoli, nel caso

in cui il Papa si fosse alleato con la Spagna per rispondere ad un'eventuale resistenza della città alla

sua impresa;

13. Ferdinando il Cattolico voleva garantirsi l'eventuale appoggio del Papa per riconquistare i porti

perduti;

14. Va notato come, in ultima analisi, il caso di Giulio II (che si conclude con una mera ipotesi) non

convalidi affatto la regola esposta prima, ma non faccia altro che ribadirla, sotto la mentita forma

di esempio probante.

L'uso delle "scelleratezze"

Machiavelli afferma che non si può attribuire l'acquisizione di un principato solamente a fortuna e virtù, ma

è necessario considerare anche altri elementi, come le azioni crudeli ("via scellerata") o, nel caso di un

privato cittadino, il consenso degli altri cittadini. Machiavelli non si sofferma sulla via pacifica ma considera

soprattutto la via scellerata attraverso due esempi, uno antico e uno moderno, cioè i due modelli di

Agatocle di Siracusa e Oliverotto da Fermo, per trarre qualche riflessione più approfondita e concreta.

Per la vicenda di Agatocle di Siracusa (III-IV sec. a.C.) Machiavelli ricorre alla fonte di Giustino, in cui è

raccontato che prese il potere sia con la crudeltà che con il consenso dei cittadini, inoltre egli ottenne il

controllo dell'esercito con una grande carriera militare, tanto da avere sufficiente forza da far uccidere dai

suoi soldati tutti i senatori e i più ricchi del popolo, così da ottenere pieno potere e poi cercare di portare

dalla sua parte il popolo, in modo da avere sostegno per non avere contrasto da parte cittadini. In questo

episodio si possono distinguere due momenti distinti: un momento di acquisizione in cui è lecito l'utilizzo

della forza e della crudeltà e un momento di consolidamento del principato, opportuno a realizzare le

condizioni basilari per il benessere dello stato (in cui è necessario mantenere uniti e concordi i cittadini per

evitare un contrasto). Machiavelli racconta poche cose su questa vicenda che si possano attribuire alla

fortuna, in quanto Agatocle divenne principe non per una sorte favorevole ma per merito proprio e riuscì

anche a mantenere il suo principato: così, eliminando l'intervento della fortuna, saremmo indotti a

considerare Agatocle un principe virtuoso, tuttavia Machiavelli dice che in realtà non rientra nelle categorie

costruite finora perché ritiene non si possa considerare del tutto virtù quella di Agatocle, in quanto a

scelleratezze e crudeltà da lui compiute (elementi non da portare alla gloria). Al paragrafo 10 Machiavelli ha

presente il senso morale (sa cosa sia giusto e cosa no dal punto di vista morale) anche se non conduce

un'analisi dal punto di vista morale ma utilizzando un criterio logico, secondo una dura razionalità, una

necessità (non gli interessa scrivere un trattato morale su ciò che è moralmente giusto, in quanto

l'eccezionalità dei tempi impone a Machiavelli di condurre un'analisi sulla base delle necessità, delle

opportunità, su cosa è opportuno che faccia un principe per ottenere il potere).

L'esempio moderno di Oliverotto da Fermo, a cui Machiavelli allude al cap. 7, riguarda anche il Valentino

(Oliverotto, infatti, venne giustiziato a causa della congiura di Senigallia proprio dal Valentino e questo può

essere uno degli esempi per dimostrare la capacità del Valentino di eliminare i nemici). Qui si allude alla

presa di Fermo da parte di Oliverotto, che riesce ad entrare in città armato ottenendo l'autorizzazione con

un inganno ai danni di Giovanni Fogliami (zio materno e padre putativo, attraverso dunque il tradimento

dei famigliari): viene quindi organizzato un pranzo con tutti i personaggi più in vista e poi Oliverotto riesce a

riunire tutti i commensali in una stanza con la scusa che sia più opportuno continuare i ragionamenti politici

in una parte più raccolta della casa e qui dei soldati nascosti li uccidono (compreso lo zio): da qui il controllo

sulla città di Fermo. All'inizio il comportamento di Oliverotto sembra ricalcare Agatocle, ma è solo in parte

confrontabile perché le sue azioni vengono vanificate dall'inganno del Valentino (è presentata la parabola

dell'intervento del Valentino che riesce a togliere di mezzo Oliverotto).

Al paragrafo 22 Machiavelli si chiede da cosa derivi la possibilità di vivere a lungo in patria riuscendo a

difendersi dai nemici esterni e mantenendo un esercizio di potere solido che eviti cospirazioni e si risponde

dicendo che ciò deriva dalle crudeltà male e bene usate:

• Le crudeltà bene usate si fanno per un tempo breve, per necessità, senza insistere con quel

metodo in seguito, convertendo le crudeltà in attenzioni a favore dei sudditi (si fanno per

consolidare il potere e vanno fatte per poco tempo e tutte insieme, in una volta);

• Le crudeltà male usate cominciano con un numero basso ma poi non si riducono,

continuando a crescere e aumentare.

Chi riesce ad usare lo strumento delle scelleratezze, delle crudeltà ha la possibilità di conservarsi, mentre

altri, che male usano le crudeltà, è impossibile che si mantengano (sicuramente perderanno il potere). Lo

scopo ultimo per utilizzare le crudeltà dev'essere il favore del popolo, in quanto solo attraverso la

costruzione del consenso del popolo il principe può vivere sicuro.

Altra possibilità è la tirannia, che però non può sperare di durare a lungo (è inevitabile la trasformazione del

governo). Machiavelli sa che il popolo sopporta le ingiurie se vengono fatte per poco tempo, mentre i

benefici devono essere fatti a poco a poco perché tanti insieme vengono dimenticati, quindi egli propone la

formazione di un principato civile in cui il principe non modifichi il suo atteggiamento con eccessiva

crudeltà o benevolenza (non ci deve essere accidente che lo modifichi o in bene o in male), in quanto il

male compiuto sotto necessità non giova, mentre il bene per necessità risulta forzato dal bisogno e si corre

il rischio di ottenere qualcosa di diverso.

Un obiettivo concreto e i vizi

La parte centrale del Principe costituisce la sezione dedicata al comportamento del principe (capitoli 15 –<

Dettagli
A.A. 2016-2017
73 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher aurora.ferraro.af di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana II e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Apollonio Silvia.