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La negazione di un'idea positiva del progresso si accompagnò anche a quella di una visione provvidenzialistica della Storia "non prodotta / da chi la pensa e neppure / da chi l'ignora" e nell'idea che anche essa sia priva di senso e che comunque "non è magistra di niente che ci riguardi".
Politicamente parlando sottoscrisse il "Manifesto degli intellettuali anti-fascisti" redatto da Croce, pur non scrivendo nulla contro il fascismo. Nel dibattito degli anni 50 su letteratura e fascismo venne accusato di non aver preso posizione, Montale replicò affermando che la poesia non deve trattare argomenti storici.
Le raccolte delle poesie:
La prima raccolta delle poesie di E. Montale è "Ossi di seppia" comparsa nel 1925. Il titolo è già significativo di un atteggiamento di modestia. Nasce infatti da una similitudine tra gli ossi e le poesie del poeta: come gli ossi di seppia costituiscono le
inutili macerie dell'abisso del mare, così le sue poesie sono le inutili macerie dall'abisso del suo cuore che, portate in superficie, vengono tra gli uomini lasciate. La raccolta è formata di diverse sezioni di cui quella denominata "Ossi" è in posizione centrale rispetto alle altre. La sua tematica è compiutamente naturalistica. Vi domina infatti il paesaggio della riviera ligure, colto soprattutto nella calura estiva, nell'ora della canicola, dell'arsura, ed è fatto di arsiccio terreno, di crepacci, di scogli, sotto il sole di mezzogiorno. Paesaggio ostile all'uomo, che non ha nulla di consolatorio, e che forse costituisce il più efficace correlativo oggettivo della condizione dell'uomo contemporaneo e di tutta la poesia montaliana. Così quello che potrebbe sembrare un elemento descrittivistico, ha superato ogni residuo veristico per essere usufruito in funzione totalmente simbolica. La poesiaMontaliana dunque è di carattere esistenziale. Il poeta vi esprime il chiuso della condizione umana, come quella di chi è in un giardino circondato da una muraglia su cui sono cocciaguzzi di bottiglia (Meriggiare pallido e assorto). Una visione pessimistica dell'esistenza per la quale la morte acquista un valore liberatorio, ma non è invocata, perché il poeta sa accettare questa realtà e vive nell'attesa di un miracolo. C'è poi negli "Ossi" la poesia del ricordo e il sentimento che di questo ebbe il poeta. Tutta la poesia montaliana, più che a descrivere il presente, è volta a ricordare il passato, da quello dell'infanzia a quello della età adulta, sino al giorno da poco trascorso. "Spesso il male di vivere ho incontrato" in questa lirica il poeta esprime, attraverso la tecnica del correlativo oggettivo, un pessimismo cosmico che gli fa vedere i segni della sofferenza e del dolore.
Anche in una foglia secca e accartocciata, nel fluire di un rivo che continuamente incontra ostacoli, in un cavallo stramazzato, e dai quali crede sia possibile scampare solo raggiungendo la divina indifferenza. Raggiungendo cioè quella condizione di spirito che l'epicureismo anticoproponeva al saggio che si fosse ritirato negli alta templa serena a contemplare il mondo e le sue lotte rimanendo imperturbato e sereno.
La seconda raccolta montaliana è quella de "Le Occasioni", le tematiche presenti sono il male di vivere il ricordo e la memoria con l'aggiunta del tema dell'amore e del dialogo con la donna amata che il poeta può solo ricordare perché lontana. Tra le figure femminili presenti vi sono Clizia, la donna angelo di Montale, ovvero Irma Brandeis, Volpe ovvero la poetessa Maria Luisa Spaziani, Capinera ovvero Anna degli Uberti, l'opera è divisa in quattro sezioni, di cui la prima è costituita da poesie.
descrittive; la seconda, dedicata a Clizia, è quasi un canzoniere d’amore; la terza è costituita dal poemetto “Tempo di Bellosguardo”; la quarta infine riprende il tema della donna amata e del ricordo. Il tema principale dunque sembra essere quello dell’amore per cui ci sono presentati diversi personaggi femminili come Dora Markus, Liuba, Gerti, Clizia. Per giudizio concorde della critica letteraria “Le Occasioni” segnano il passaggio ad un diverso clima. Ce ne accorgiamo immediatamente vedendo come il paesaggio non è più quello delle Cinque Terre degli “Ossi”, bensì prevalentemente toscano, alle scogliere assolate nella calura estiva subentrano talora paesaggi notturni illuminati dalla luce artificiale, freddi, nebbiosi, quasi invernali, che generano una certa tensione, carichi come sono di presagi, di presenze inquietanti, come la Acherontia atropos che compare già nella prima poesia, “insettoorribile dal becco / aguzzo, gliocchi avvolti come d’una / rossastra fotosfera, a dosso il teschio / umano...”.
Ancora domina in questa raccolta un certo pessimismo accompagnato però dalla speranza che possa compiersi il miracolo. “La vita che dà barlumi / è quella che sola tu scorgi” dice nel preludio il poeta, e i componimenti che seguono sono quei barlumi, illuminazioni brevi, alla maniera dei simbolisti francesi, ma dominati da un’atmosfera fredda e triste. In “Dora Markus” poi, dedicata ad una ragazza ebrea, è il presagio dell’olocausto scritto “in quegli sguardi / di uomini che hanno fedine / altere ...” e l’ora è sentita ormai abbuiarsi. Non diversamente in “Carnevale di Gerti”, accanto ad un’immagine paradisiaca, da cogliere nel “Paese dove gli onagri / mordono quadri di zucchero..e i tozzi alberi spuntano germogli / miracolosi al becco dei pavoni”, se ne
trova poi un'altra tetra come questa: "Ritorna / là fra i morti balocchi ov'è negato / pur morire", ove in due versi due volte troviamo l'etimo della parola morte. Con i "Mottetti" il tono un poco cambia, la presenza femminile è continua e il tu generico usato nella prima raccolta diviene concreto riferimento ad una donna. Anche qui abbiamo una sequela di ricordi e il tema della memoria diviene dominante riprendendo quello di "Cigola la carrucola nel pozzo". Significativo in merito il mottetto "Non recidere forbice quel volto". Ma qui sono presenti insistenti immagini mortuarie per cui l'acacia è ferita, i fasci di luce nella notte si intersecano formando il segno della croce, il sole è senza caldo, "la pianola degli inferi da sé / accelera i registri, sale nelle / sfere di gelo...". Secondo A. Marchese4 nei mottetti l'assenza di Clizia, la donna amata.dà luogo ad una serie di emergenze o di illuminazioni attraverso le quali, per via analogica e memoriale, il poeta cerca di fissare i segni di lei, di ritrovare negli oggetti il rimando dell'amata o un'allusione alla sua prossima epifania. Clizia è colei che conosce il significato della incalzante tregenda d'uomini e sola può salvare il poeta che a lei si affida. Essa sarebbe un essere amato e angelicato nello stesso tempo, tormentosamente lontano e invocato come luce dello spirito nell'insensatezza dispersiva di una realtà esterna sempre obnubilata e opprimente. La terza sezione è costituita da un insieme di tre sole liriche, il cui titolo rimanda alle "Grazie" foscoliane. Secondo G. Zampa 5 "si tratta di un tributo alla classicità pagato nella consapevolezza della sua eccezione; di un omaggio come è inteso in pittura, quale appropriazione di alcuni modi di stile, per raggiungere un'espressione".diversa”. Nella quarta infine sono presenti liriche come “La casa dei doganieri” o come “Notiziedall’Amiata”. Nella prima riappare la poesia del ricordo con l’angoscia che scaturisce dallaconsapevolezza del suo affievolirsi nella donna amata, ormai lontana, presa da una nuova vita e chegenera l’anafora del “Tu non ricordi” tre volte ripetuta. A questa tristezza interiore fa da pendant unpaesaggio squallido, freddo, desolato. E il poeta resta in attesa di una via di fuga, di un varcosimboleggiato dalle luci di una petroliera all’orizzonte. Nella seconda invece la situazione è quelladel poeta che nel chiuso della sua casa, al fuoco acceso su cui esplodono i marroni, su un vecchiotavolo scrive una lettera alla sua amata mentre fuori piove. Lì mentre “fumate / morbide risalgonouna valle / d’elfi”, mentre si appannano i vetri, nella stanza dalle travature tarlate, in un’atmosferada seduta spiritica,
“Stanze” infattileggiamo: “Oh il ronzio / dell’arco ch’è scoccato, il solco che ara / il flutto e si richiude! Ed ora sale/ l’ultima bolla in su. La dannazione / è forse questa vaneggiante amara / oscurità che scende su chiresta”.
“La bufera ed altro” è la raccolta che unisce le poesie scritte tra il 1940 e il 1954. La bufera è quimetafora della guerra, la seconda guerra mondiale, passata esperienza alla quale si riferisconoespressioni disseminate in diverse liriche, e sono esse quelle del bosco umano troppo straziato, dellaterra folgorata ove bollono calce e sangue nell’impronta del piede umano, o quella della lotta deiviventi che infuria. Ma che poi finalmente si esplicita nella “Primavera hitleriana” o nel “Sogno delprigioniero”. Non è da credere però che Montale abbia voluto dare all’esperienza della guerra unparticolare risalto e valore, se
dobbiamo stare ad una sua dichiarazione per la quale volle porla come una delle tante esperienze tragiche della vita. Da un punto di visto stilistico assistiamo ad ulteriori cambiamenti. Riportiamo in merito l'analisi di G. Zaccaria6 che nota come la sintassi