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Genio del Cristianesimo del 1802) e soprattutto di Joseph de Maistre che
con l’opera Del Papa (1819), sostiene la concezione della storia come
depositaria di valori trascendentali: nel Medioevo la chiesa è stata il
sostegno dell’ordine sociale e questo la rende superiore a qualsiasi
altro potere.
2. C APITALISMO E BORGHESIA
Sebbene sia questa la tendenza dominante, la borghesia ha acquisito
una nuova coscienza di se stessa come protagonista dello sviluppo
economico e sociale: ha scoperto i valori nazionali e il bisogno di forme
più libere di espressione politica. Per questo, proprio durante gli anni
della Restaurazione, le potenze europee vedono accrescere
enormemente la produzione economica e il commercio. L’agricoltura è
ancora la forma di sussistenza principale, sebbene in Europa e negli
Stati Uniti l’industrializzazione subisca una prima violenta accelerata.
Con l’invenzione delle navi a vapore (tra il 1807 e il 1838) e della ferrovia
(dal 1825 in poi), si assiste a un incremento enorme dell’estrazione di
ferro e carbone. Le iniziative industriali consentono una comunicazione
molto più veloce e dunque permettono scambi continui tra i paesi. Il
mutamento principale è forse quello del paesaggio: le città e i nuovi
centri industriali crescono a ritmo vertiginoso, sventrando campagne e
installandoci mattoni e ferro. Le aree rurali si impoveriscono a favore
delle città industrializzate, dove tra l’altro cresce il peso del ceto medio
fatto di amministratori, impiegati, artigiani e piccoli commercianti. Ma
modificano anche l’immaginario: pensiamo a come gli scrittori possano
aver visto la potenza delle macchine, ora mostruose creazioni della
mente umana, ora entusiastici strumenti per lo sviluppo e il progresso.
Il treno diventa forse la figura essenziale dell’Ottocento europeo, si
pensi anche solo alle opere La bestia umana di Zola (1890) o ai romanzi
di Charles Dickens, ma anche a novelle di Verga e Pirandello, nonché
soprattutto all’Inno a Satana di Carducci (1863), in cui si legge:
Un bello e orribile mostro si sferra.
Corre gli oceani, corre la terra:
Corusco e fumido come i vulcani,
i monti supera, divora i piani.
Sorvola i baratri, poi si nasconde
per antri incogniti, per vie profonde.
Ed esce e indomito di lido in lido
come di turbine manda il suo grido...
In questo Inno a Satana il poeta presenta un vero e proprio inno alla
macchina e alla ferrovia: la locomotiva è un «bello e orribile mostro»
che l’autore teme e venera, esaltandola non solo per la sua potenza e la
sua velocità, ma anche perché essa rappresenta la «forza vindice della
ragione» che sconfigge la religione e i suoi sacerdoti. La macchina
abbatte l’oscurantismo e il dogmatismo, ancora presenti nella società, e
cancella ogni oppressione religiosa. Il poeta vuole celebrare il
progresso, la ragione che può cambiare la società...
L’industrializzazione comporta ovviamente la necessità di
manodopera. Paradossalmente, è proprio nella più libera Inghilterra –
in cui lo sviluppo non è ostacolato da vincoli o privilegi – che si forma
quell’enorme massa di forza-lavoro a basso costo composta da
contadini che hanno abbandonato le campagne immiseriti dalle nuove
forme di sfruttamento del suolo. Il capitalismo, ovvero il sistema
economico-sociale basato sull’accumulazione di somme di denaro
accantonate, si sviluppa parallelamente alla borghesia al sommo delle
sue possibilità. In questo sistema non contano solo i produttori o i
detentori dei mezzi di produzione (imprenditori) ma anche coloro che
controllano il capitale e la sua circolazione (finanzieri). Allo strapotere
dei banchieri e degli imprenditori si contrappone però lo sviluppo di
una nuova classe sociale, appunto il proletariato, che gradualmente
assume consapevolezza della propria identità di sfruttati: i capitalisti
infatti acquistano tramite salario la forza-lavoro dei proletari, che però
producono oggetti che assumono un valore ben più grande del costo
del salario. Il proletariato cosciente di sé afferma i propri valori
contrapposti al liberalismo, che vedranno raccogliersi attorno ai temi
del socialismo e del comunismo. Le prime tendenze di formazioni a
carattere socialista o comunista le si hanno già con la rivoluzione
francese, ma la coscienza vera e propria del carattere di classe verrà nel
1848 con il Manifesto del partito comunista di Karl Marx.
Con il trionfo del capitalismo nascono anche nuove forme di
consumo, una per tutte quella del consumo culturale. I valori degli
oggetti si rinnovano continuamente, a seconda delle mode. La figura
dello scrittore di professione si fa spazio nel mondo editoriale,
ovviamente condizionata dai meccanismi della produzione e del
consumo: si affermano nuovi generi letterari tra cui il romanzo storico e,
negli anni Cinquanta, il romanzo d’appendice. Ovviamente poiché gli
editori devono sostenersi su profitti sicuri in questa fase è raro che gli
autori possano sostenersi su produzioni spontanee e non
commissionate appunto dagli editori stessi. In sostanza termina la
millenaria fase aristocratica della letteratura e comincia quella borghese
del consumo culturale. Le età aristocratiche avevano considerato la
letteratura come qualcosa di svincolato da ragioni economiche, mirante
solo alla gloria; nell’Ottocento invece la letteratura comincia ad essere
intesa come qualcosa di utile per il popolo e dunque adattata ai
bisogni, alla cultura e ai gusti di quest’ultimo. Questa scelta di pubblico
e di mercato comportava ovviamente modifiche radicali nelle strutture
dei testi letterari.
3. L ’I R
A SITUAZIONE POLITICA NELL TALIA DELLA ESTAURAZIONE
L’Italia che esce dal congresso di Vienna è simile a quella pre-
rivoluzionaria, ma con alcune differenze. In particolare, gli stati
dell’antico regime quali il Regno delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio
detengono il controllo dell’intera Italia centro-meridionale. Il Regno di
Sardegna si espande dal Piemonte verso Genova, mentre la Lombardia
e il Veneto entrano a far parte dell’Impero Asburgico sotto il dominio
del Regno Lombardo Veneto. Al centro nord restano i vari ducati di
Parma, Modena, Lucca, Massa e Carrara, nonché il Granducato di
Toscana.
In questo contesto, nella realtà italiana c’è una grande disparità tra
gli stati settentrionali che partecipano in maniera attiva ai moti
rivoluzionari e quelli meridionali, passivi e inviluppati nella corruzione
amministrativa e nella miseria della plebe contadina. I centri culturali
italiani restano relegati al nord, nella Lombardia e nella Toscana e in
effetti si avverte tutto il provincialismo e l’arretratezza delle diverse
regioni italiane causate da decenni di dominazione straniera. Le
generazioni uscite dall’ultimo Settecento e dal primo Ottocento erano
sfiduciate, stanche e in preda a una cocente delusione storica:
l’assolutismo illuminato non era stato in grado di garantire prosperità
e pace alle popolazioni, cosicché la sensazione diffusa fu quella di una
sfiducia generale nella ragione. Questa prospettiva psicologica è ben
individuata da Manzoni che scrive, pensando a Napoleone: «due secol
/ l’un contro l’altro armato / sommessi a lui si volsero / come
aspettando il fato».
Nel periodo iniziale della Restaurazione, che va dal Congresso di
Vienna fino al 1830, assistiamo allo svilupparsi dell’attività della
Carboneria. Questa società segreta era una branca della massoneria nata
per contrapporsi all’assolutismo napoleonico, con l’intento di
instaurare regimi liberali e costituzionali. Il nome deriva dalla struttura
organizzativa ispirata alle pratiche del mondo dei carbonai: la
Carboneria si fonda su una complessa gerarchia interna che raccoglie
adesioni da parte della borghesia e dell’aristocrazia liberale, ma che
verrà violentemente repressa dalla polizia e dall’indifferenza di buona
parte della popolazione. La figura dell’intellettuale come voce della
coscienza pubblica e protagonista del movimento delle idee era già
affermata durante la rivoluzione francese: ma in questo periodo è
decisamente interrotto il rapporto di collaborazione tra gli intellettuali
e i regimi assolutistici. Molti scrittori sono sempre aristocratici (si pensi
a Manzoni e Leopardi), ma ad essi si affiancano quelli provenienti da
origine piccolo borghese o ecclesiastica (Berchet è traduttore, Carlo
Porta è cassiere). Grazie all’attività militante di intellettuali e carbonari,
radunati a discutere tra l’altro del Romanticismo attorno alle riviste «Il
Conciliatore» e l’«Antologia», in Italia si fa strada una prima coscienza
nazionale e liberale. La stampa è lo strumento migliore per conversare
con l’opinione pubblica, mancando le strutture istituzionali (nel
Settecento, tranne che per il «Caffè» dei fratelli Verri, pochi erano i
giornali attorno a cui si erano sviluppate iniziative culturali).
Questa attività culturale e politica culminerà con i moti rivoluzionari
in Spagna e in Italia nel biennio 1820-21 che incrineranno in parte il
sistema assolutista e con i successivi moti del 1830-31 che partono dalla
Francia di Luigi Filippo d’Orléans – che spodesta i Borboni e instaura
una monarchia costituzionale, liberale e popolare – e si propagano ad
altri paesi d’Europa tra cui i territori italiani dell’Emilia e della
Romagna.
4. C 1848
ULTURA E LETTERATURA VERSO I MOTI DEL
In seguito al fallimento delle iniziative politiche precedenti, il
periodo che va dal 1830 ai moti del 1848 vede emergere in Italia una
cultura militante che si pone il problema esplicito dell’educazione
nazionale. Si configura così fin da subito il quadro ideologico del
Risorgimento, che fa comprendere ai rivoluzionari la necessità di
un’operazione di proselitismo per ottenere un consenso di massa. Gli
intellettuali italiani appaiono meno attenti alle novità letterarie che a
trasformare il torpore della vita quotidiana in un orizzonte civile. I
letterati sono costretti a confrontarsi con i problemi pedagogici e
didattici di educazione e analfabetismo, nonché con la lotta contro
l’asservimento allo straniero: questo è il motivo per cui le nostre lettere
faticano ad attingere agli esiti audaci della altre letterature europee.
Gli intellettuali italiani – a parte le eccezioni rappresentate da Manzoni
e Leopardi – si concentrano più sui contenuti che sullo stile e infatti per
tutta la prima parte dell’Ottocento si ha l’impressione di tanti autori