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Quattro tipi di follia medievale
Cesare Segre nel saggio “Quattro tipi di follia medievale” ha studiato le modalità dell’impazzimento in un cavaliere: per prima cosa lancia via le armi, poi si strappa gli abiti e prende a vagare lontano dai centri abitati nutrendosi di ciò che può raccogliere e catturare con le sue mani - questa è una delle discriminanti tra civiltà e inciviltà; a tal a sua permanenza all’aperto senza ripari, il pazzo ha la pelle di colore scuro ed è anche sempre molto sporco, non parla o pronuncia frasi senza senso. Corrisponde a questa descrizione quell’uomo selvatico che aveva dato noia ad Angelica e Medoro di passaggio per la Spagna. Nel XXIX canto il racconto viene sviluppato e concluso. Mentre percorrono a cavallo la spiaggia di Tarragona, i due sposi si imbattono nel pazzo Orlando. Angelica non lo riconosce tanto si è abbruttito e neppure Orlando riconosce lei perché ha perso la ragione, tuttavia viene attratto.dal suo bel volto ecerca di afferrarla mentre Medoro lo colpisce. Approfittando della sua distrazioneAngelica fugge e con l'anello magico che rende invisibili si sottrae alla vista del mattoe anche alla vista dei lettori perché non ne sentiremo mai più parlare.Nell'Orlando innamorato abbiamo visto un Orlando smemorato per amore, sempre piùincosciente e incapace di elaborare il suo sentimento tanto di aver bisogno dipetrarcheggiare. Ariosto anche in questo caso porta a compimento ciò che eraprobabilmente già nelle intenzioni di Boiardo: spinge il suo paladino fino alla pazziaper poi offrirgli la possibilità di redimersi. Questa possibilità narrativa viene sviluppatacon l'intervento di un altro personaggio, Astolfo, cugino di Rinaldo e Orlando, che salesulla luna per riprendere il senno del paladino. Il senno viene conservato in un'ampollaassieme a tutto ciò che si perde sulla terra. L'episodioÈ l'occasione per un lungodiscorso allegorico sull'inconsistenza dell'agire umano e anche sul ruolo ambiguo della poesia. Lavoro di rielaborazione al quale il poeta sottopose la sua opera sul piano stilistico e su quello tematico: la prima edizione uscita nel 1516 era composta da 40 canti, la lingua usata da Ariosto non è propriamente una koiné padana come quella di Boiardo ma conserva sicuramente molti tratti pagani. Negli anni che seguirono Ariosto affrontò radicalmente il problema della lingua letteraria molto dibattuto agli inizi del Cinquecento e sottopose il suo poema a una sistematica revisione nella direzione di un adeguamento alla lingua trecentesca di Petrarca e Boccaccio ma mantenendo una notevole libertà. Lavorò anche alla sintassi del furioso alla ricerca di un'ottava sempre più elegante e scorrevole. Nella sua ricerca linguistica Ariosto si trovò ad operare in parallelo con gli studi di Pietro Bembo.
che divenne poi un'autorità indiscussa in materia, pubblicando nel 1525 le prose della volgar lingua, la prima grammatica del volgare letterario. Ariosto approvò in gran parte il lavoro di Brembo e lo elogiò pubblicamente ma arrivò indipendentemente a risultati analoghi, tanto è vero che la seconda edizione del poema uscì nel 1521. La seconda edizione non presentava variazioni significative sul piano tematico e i canti restano 40. Ariosto aveva appena finito di far stampare questa edizione quando si rimise a correggerla, limando ulteriormente lingua e sintassi ma soprattutto rielaborò la struttura narrativa per inserire all'interno 4 nuovi episodi. Questo comportò un riassestamento complessivo dei canti perché ci furono dei mutamenti nella distribuzione della materia, il risultato fu una terza edizione del poema di 46 canti che è quello che oggi leggiamo. Lezione 34 Torquato Tasso A distanza di unatrentina d'anni dalla morte di Ariosto avvenuta nel 1533, presso la corte di Ferrara trovò sistemazione un poeta nato a Sorrento ma di origini bergamasche, Torquato Tasso. Era allora duca Alfonso II ma Torquato entrò in un primo momento al servizio del fratello Luigi d'Este, cardinale come lo era stato il primo patrono di Ariosto, Ippolito. (leggere su libri della complessa personalità di Tasso e delle abitudini che lo portarono fino alla malattia mentale). In quegli anni, nella seconda metà del Cinquecento, negli ambienti letterari si discuteva la sorte del poema cavalleresco per lo più definito romanzo, genere ormai estenuato dopo il capolavoro di Ariosto, e si guardava con grande interesse a un rinnovamento del genere epico sulla scia del pensiero aristotelico. Una delle questioni più vive era la contrapposizione fra coloro che del modello boiardesco e ariostesco difendevano la grande varietà, la molteplicità delle vicende ecoloro che invece miravano a una trama unitaria, concentrata su un unico protagonista o un unico evento. Tasso si era precocemente misurato con il genere epico e cavalleresco, scrivendo a 16 anni il Gierusalemme, un abbozzo di 118 ottave dedicate alla prima crociata e pubblicando a soli 18 anni il Rinaldo, poema più prossimo alla tradizione ariostesca perché narra le imprese giovanili del famoso guerriero. Attorno agli anni 1562-64 la sua riflessione sul poema giunge a un primo decisivo approdo con la stesura dei Discorsi dell'arte poetica, riveduti poi e pubblicati molti anni dopo con il titolo di Discorsi del poema eroico. Eroico è infatti la definizione che Tasso volle dare al suo modello di poema che andava fondando. La questione del genere è per Torquato molto significativa perché vi si era scontrato suo padre Bernardo, un poeta lirico molto raffinato e un diplomatico di successo che aveva voluto intraprendere il discutibile progetto di un poema.Cavalleresco incentrato su un solo personaggio. La scelta non era stata felice. L'insuccesso del padre fu sicuramente uno dei motivi che spinsero Torquato a definire con molta attenzione la propria poetica. Per prima cosa andava riformata la scelta della materia poetabile, in sostituzione delle avventure magiche Tasso propone di basare il racconto su un argomento storico e sacro collocato in un passato non troppo remoto per garantire la libertà creativa necessaria al poeta. L'autore infatti deve poter inserire nel suo racconto delle vicende di invenzione, secondarie rispetto al filone principale dell'opera che è storico, ma delle vicende verosimili. Questo attenersi alla verosimiglianza storica non comporta però una rinuncia agli elementi del soprannaturale che catturano l'attenzione del lettore, bensì li riconduce all'interno della sfera religiosa. La dimensione del meraviglioso viene recuperata attraverso i miracoli.
della religionecristiana o viceversa le opere diaboliche, si tratterà dunque delle azioni di Dio, degli angeli o dei demoni e dei rispettivi delegati cioè i santi, i maghi, le fate. Ma Tasso difende anche la necessità di un poema che nella sua dimensione unitaria non perda la ricchezza e la varietà garantita dalla presenza di molteplici episodi. Egli propone un'unità mista, cioè un poema fondato su un'azione principale ma vivacizzato da numerosi episodi e digressioni, un microcosmo a immagine del mondo creato da Dio. Il poeta partecipa, secondo Tasso, della divinità potendo a sua volta creare dal nulla. [lettura Discorsi dell'arte poetica su dispensa] Tasso dice che ai tempi di Virgilio e Omero non era necessario che lo scrittore fornisse una varietà di vicende perché il gusto dei rispettivi lettori non era così svogliato come il pubblico contemporaneo a Tasso. Dopo la convinta dichiarazione delle prime righe(io per me e necessaria ecc) Tasso spiega la forza persuasiva della retorica nell'illustrare la sua idea con una visione della varietà del mondo che assume via via la velocità di un volo (e 'l cielo si vede sparso...) replicato successivamente nella seconda metà del brano quando si elencano i molteplici scenari del poema (qui si leggano ordinanze...). La prosa è scandita da una pluralità di procedimenti che danno ritmo e armonizzano il discorso, dal polisindeto (e ruscelli e fonti e laghi e prati...) al parallelismo (qui ordinanze d'esserciti, qui battaglie...) e a volte un parallelismo costruito su coppie antitetiche (qui frutti e fiori, là ghiacci e nevi) e ancora all'anafora (una, uno, uno...).
Gerusalemme liberata A lato della riflessione teorica Tasso si accinge nel 1565 alla composizione del suo poema, una tormentata gestazione che durerà una decina d'anni. Egli individua la materia
Data al suo progetto di poema eroico nelle vicende della prima crociata che si concluse nel 1099 con la conquista di Gerusalemme da parte cristiana. Lezione 35
Nel proemio trova spazio la definizione della materia con l'immediata sottolineatura della centralità di un personaggio storicamente esistito, intorno al quale ruota tutta l'azione dell'opera pur nella molteplicità delle vicende; si tratta di Goffredo di Buglione, comandante in capo delle forze cristiane.
La seconda e la terza stanza giustificano l'intreccio di invenzione e vero storico e la piacevolezza della narrazione, entrambi strumenti al servizio dell'insegnamento morale. Martina Terlizzi
Studieremo un passo meno conosciuto dal quale emerge una sottile capacità di penetrazione psicologica e di trasposizione fantastica dei fantasmi interiori.
Antefatto: in previsione dell'assalto a Gerusalemme i cristiani hanno preparato delle poderose macchine da guerra, in particolare
Un'altissima torre di legno. Una valorosa guerriera pagana, Clorinda, decide di tentare una sortita notturna per bruciare il macchinario. A lei si affianca un altro guerriero, Argante; i due riescono nell'impresa ma Clorinda non fa in tempo a rientrare nelle mura delle città, viene intercettata dal cristiano Tancredi e i due ingaggiano un terribile duello. Terribile perché Tancredi si è innamorato perdutamente di Clorinda per averne visto il volto una sola volta in cui la guerriera, tempo prima, aveva tolto l'elmo; ma ora non può riconoscerla perché è tutta armata. Egli con grande sforzo vince il duello per poi scoprire tragicamente di aver ferito a morte la donna amata. Clorinda chiede e ottiene da lui di essere battezzata in extremis e prima di spirare pronuncia parole di conforto: "amico hai vinto, io ti perdono". Mentre Tancredi, profondamente ferito ma soprattutto sconvolto dalla tragedia, non riesce a elaborare il suo dolore.