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DANTE
Iniziamo la lettura della seconda cantica della Divina Commedia, vale a dire del Purgatorio. La Divina Commedia è divisa in tre cantiche e la seconda cantica inizia (come le altre due) con un canto proemiale, con un canto quindi di introduzione importante per prelevare da lì chiavi di lettura utili alla comprensione e alla lettura dell'intera cantica.
Il primo canto del Purgatorio si apre quindi con una serie topica, vale a dire con un proemio. Il Proemio è una struttura fissa canonizzata dalle letterature antiche, fin dai poemi omerici. Un proemio, perché possa dirsi tale, deve essere costituito da almeno due parti che sono la protasi (o proposizione del tema) e l'invocazione ad una Musa ad una entità protettrice. La protasi è il luogo in cui il poeta annuncia quello che andrà a raccontare nella sua poesia, quindi dà una sorta di anticipazione ad uso dei lettori di quello che sarà il tema, l'argomento.
Dell'opera. Il meccanismo della protasi (o proposizione del tema) è il meccanismo di attesa e soddisfazione dell'attesa, cioè il lettore viene incuriosito su ciò che poi apprenderà, di modo che quando incontrerà questi argomenti, questi temi, risulterà soddisfatto del suo ingegno, è un meccanismo molto sfruttato in ambito poetico.
Subito dopo la protasi, si trova l'invocazione ad un'entità protettrice, ad un'entità ispiratrice che può essere una divinità pagana, una Musa, dietro la quale però certamente si cela in modo metaforico l'ispirazione del poeta, cioè il poeta chiede a qualcuno o magari anche a se stesso di trovare la migliore ispirazione per la scrittura che andrà a svolgere.
Questi due temi, la protasi e l'invocazione ad un'entità ispiratrice, sono canonici, sono fisse e quindi li troviamo a partire dai poemi omerici e poi nella
letteratura latina e sono tipici dunque della poesia narrativa cioè di quel genere poetico che ha per tema una narrazione, la narrazione dunque di una trama. Il proemio in epoca medievale, soprattutto in epoca moderna si arricchisce di un terzo elemento, non sempre esistito che è la lirica. Il poeta cioè chiede la protezione e dona l'opera ad un mecenate, ad un protettore di vario tipo, di varia estrazione. La presenza o meno della dedica, è dipendente dalla collocazione storico-sociale, antropologica del poeta stesso, cioè la dedica manca nella Divina Commedia perché anziera motivo di orgoglio e vanto per Dante essere libero, non doversi asservire ad un protettore, per quanto comunque Dante aveva dei signori nobili, con i quali si trovava in particolare affinità. La dedica invece troverà spazio molto più congruente nell'età delle corti che in epoca rinascimentale quando per forza di cose il poeta è alservizio di un signore padrone di una corte, quindi è all'interno delle strutture, del personale della corte. Ad esempio troveremo la dedica in altri due poemi come L'orlando furioso e la Gerusalemme liberata. Anche nel nostro I canto del Purgatorio abbiamo il proemio che fa parte della prima delle tre sequenze in cui l'intero canto è divisibile. Se dovessimo riassumere in sintesi il canto, possiamo individuare tre zone: la prima zona occupa grosso modo le prime 30 terzine (dalla 1 alla 27) ed è costituita proprio dal proemio più l'indicazione, l'informazione sul contesto cronologico e geografico in cui la vicenda andrà a svolgersi. La seconda sequenza, più ampia, arriva fino grosso modo al verso 111 e riguarda la parte centrale del canto, quella più importante in cui si presenta quello che è il personaggio protagonista del canto, cioè il personaggio di Catone l'Uticense. I due viaggiatori, DantePer correr miglior acque alza le vele omai la navicella del mio ingegno, che lascia dietro a sé mar sì crudele; e canterò di quel secondo regno dove l'umano spirito si purga e di salire al ciel diventa degno. Ecco la protasi, Dante ci dice chiaramente quale sarà l'argomento della seconda cantica. Si parla ancora una volta di una nave, quindi la prima terzina è occupata dalla grande metafora della nave che in questo caso viene adoperata per significare la scrittura poetica e il mare che è percorso dalla scrittura è allora il contenuto, l'argomento, il tema, l'oggetto dellascelta stilistica. La navicella del mio ingegno solca le onde del mare crudele, affrontando argomenti bassi e duri. Come Dante ha cantato dell'Inferno, io sollevo le vele del mio stile per affrontare temi più elevati. Il mare in cui naviga la mia navicella rappresenta sia il contenuto che lo stile intrinseco. Nella Divina Commedia, c'è un forte legame tra lo stile e il contenuto: ogni argomento e ogni tema sono accompagnati da una scelta stilistica specifica.gradazione dello stile, secondo quelle che erano le regole fissate dalla retorica fin dai tempi antichi, quindi se per la materia dell'Inferno che è una materia comica, una materia bassa, una materia realistica, era adatto lo stile basso, lo stile comico, addirittura grottesco, per la materia del Purgatorio, che è una materia mezzana, vedremo intermedia che ha argomenti, temi e personaggi dotati di caratteristiche diverse, si deve adeguare lo stile intermedio che la retorica antica definiva come stile medio o mezzano o come anche elegiaco. Nel caso invece del Paradiso, dove vengono cantate e messe in versi materie altissime, nobili, si dovrà adeguare lo stile difficile, lo stile aulico, lo stile ricco di latinismi, molto sostenuto, che gli antichi definivano anche tragico. Quindi fin da subito Dante è tecnico, è attento a specificare bene quello che sta al suo comportamento come scrittore e come anche però tecnico della scrittura e dunque ecco nella
terzina successiva la dichiarazione del tema
Dunque io metterò in versi, narrerò in versi il regno del Purgatorio, il secondo regno, dove lo spirito umano si purifica e diventa degno di salire in Paradiso, diventa degno di andare in Paradiso
Occorre parafrasare canterò che è qui usato in senso metaforico, ma è un termine tecnico della scrittura poetica, in particolare della poesia narrativa... canto le imprese ecc. resta fisso nella poesia narrativa, epica ed anche cavalleresca.
Questa dunque è la proposizione del tema (o protasi) Dante dunque ci dice lettori siate avvertiti che se vorrete andare avanti questo è quello che troverete.
Nella seconda parte del proemio c'è l'invocazione ad un'entità protettrice, la richiesta di un'aggiunta d'ispirazione, di un rinforzo dell'ispirazione del poeta e Dante realizza questa sede del proemio attraverso un riferimento mitologico.
Ma qui la morta
poesì resurga, o sante Muse, poi che vostro sono;
e qui Caliopè alquanto surga,
seguitando il mio canto con quel suono
di cui le Piche misere sentiro
lo colpo tal, che disperar perdono.
Due terzine certamente meno semplici rispetto alle precedenti per la presenza di questo
riferimento mitologico che ci sembra un po' artificioso, ci sembra un po' forzata la
collocazione qui di questa digressione mitologica erudita che sembra quasi distrarre
l'attenzione del lettore da questo luogo forte del canto.
In realtà non è così, c'è un significato molto preciso che Dante affida a questo riferimento
mitologico.
Qui si parla delle Piche.
Le Piche sono le figlie del re di Tessaglia Pierio che erano state trasformate in gazze per
punizione, avevano osato sfidare nel canto Calliope ed erano state sconfitte e per
punizione furono trasformate in gazze, ovvero in Piche, l'uccello dal verso peggiore.
Come pena subirono questa trasformazione e
la loro colpa fu la mancanza di umiltà.
Il mito Dante lo trae da una vicenda nota e tradotta in tante versioni letterarie, la fonte principale sono Le Metamorfosi di Ovidio.
Proprio ora (in modo che io possa mettere in versi il secondo canto) la poesia che finora ha trattato il regno dei morti si elevi, si raffini.
Notiamo che la poesia che finora ha trattato il regno dei morti viene trasformata da Dante in poesia morta, allora questa è una metonimia, ad essere morta non è la poesia, ma è il suo oggetto, il suo argomento.
La metonimia è strettamente funzionale alla scelta del verbo risorga, perché si risorge dopo la morte.
Nel momento quindi in cui il poeta deve andare a selezionare i significati egli ha sempre ben presente che le parole debbano essere abbinate tra loro nel modo migliore.
Dal momento che io ho consacrato l'intera mia vita a voi, oppure poiché io sono vostro, oppure dal momento che io mi sono dedicato alla poesia.
Per tutta la vita e soprattutto (“e” congiunzione con valore aggiuntivo) qui si elevi, si perfezioni, si innalzi molto Calliope, si innalzi, si raffini il meglio della mia poesia. 24 Quindi Dante fa questa confessione di assoluta dedizione della sua intera vita alla poesia. Calliope era la Musa protettrice dell’epica che era il massimo grado della tecnica e dell’arte dell’aristocraticità della poesia, dunque Dante chiede l’aiuto della massima ispirazione della Musa Calliope. E chiede a Calliope di accompagnarlo con quella perfezione, con quella perizia già usata da lei, nel momento in cui sconfisse le Pieri. Cioè chiede a Calliope di suscitare in lui la stessa bravura che lei adoperò contro le Pieri. Accompagnando la mia poesia, il mio canto, con quel suono, con quella perizia o anche con quello stile di cui le povere Piche sperimentarono o sentirono tanto l’efficacia (del suono), la forza, tanto da disperare di essere.
perdonate.Quindi Dante dice che fu ta