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A2. LA STRUTTURA GENERALE DEL TRATTATO
Struttura dell'opera. Il Principe è un'opera unitaria, suddivisa in 26 capitoli, ognuno dei quali con un titolo in latino. Prima di
questi capitoli si trova la lettera dedicataria ad Magnificum Laurentium Medicem. È possibile individuare quattro sezioni
tematiche di disuguale ampiezza.
Sezioni e nuclei tematici nel testo.
Prima sezione, cap. I-XI: diversi tipi di principato in generale e il principato di nuova acquisizione in particolare;
– Seconda sezione, cap. XII-XIV: il problema delle milizie mercenarie e delle milizie proprie;
– Terza sezione, cap. XV-XXIII: i comportamenti e le virtù che si addicono al principe;
– Quarta sezione, cap. XXIV- XXVI: l'ultimo capitolo è dedicato all'esortazione finale rivolta al casato dei Medici.
– Machiavelli esamina qui la situazione italiana, il problema della fortuna e del suo potere sulla vita degli uomini (XXV).
Capitoli di rilievo.
La Dedica: rivolta a Lorenzo De' Medici. Definisce la situazione dello scrittore in rapporto al potere. Contiene anche il
– giudizio dell'autore sul proprio testo;
Il capitolo VI: Machiavelli analizza la questione sulla fondazione di uno Stato nuovo, e avverte che farà uso di
– grandissimi esempli tratti dal passato;
Il capitolo XV: Machiavelli espone le qualità necessarie al principe e la sua concreta pratica di governo. Avverte
– inoltre che la sua impostazione sarà del tutto diversa rispetto alla trattatistica precedente, poiché egli si allontana
dalla concezione idealizzata della politica per indagarne invece la “verità effettuale”;
Il capitolo XXVI: contiene l' Exhortatio (l'esortazione) finale, che ha come esplicito destinatario il casato dei Medici. I
– venticinque capitoli precedenti sono caratterizzati da un procedere logico. Nel ventiseiesimo prevale invece l'aspetto
emotivo.
S1. IL PRIMO CAPITOLO: TIPI DI PRINCIPATO E MODI PER ACQUISTARLI
Il CAPITOLO 1 traccia una sintesi di tutta la trattazione successiva. L'esordio è di tipo classificatorio. Si distinguono le forme di
governo in: REPUBBLICHE e PRINCIPATI. I principati possono essere: EREDITARI o NUOVI. I principati nuovi a loro volta
possono essere: DEL TUTTO NUOVI (conquista di Milano di Francesco Sforza nel 1450) o MISTI (conquista del Regno di
Napoli di Ferdinando il Cattolico re di Spagna nel 1503), cioè formati dall'aggiunta di nuove conquiste a un nucleo
preesistente. I nuovi domini vengono a loro volta suddivisi fra: QUELLI GIA' ABITUATI A VIVERE SOTTO UN PRINCIPE e
QUELLI ABITUATI A ESSERE LIBERI. Infine vengono elencati, con procedimento disgiuntivo, i MEZZI per realizzare tale
conquista: LE ARMI ALTRUI o LE ARMI PROPRIE, LA FORTUNA o LA VIRTU'.
A3. PRINCIPATO NUOVO E PRINCIPATO CIVILE
Nei primi 11 capitoli Machiavelli svolge la materia delineata nel capitolo introduttivo. Esamina i diversi tipi di principato:
ereditario, misto, nuovo, civile, ecclesiastico. Ma l'autore è attento soprattutto al principato nuovo e a quello civile.
CAPITOLO 2: si apre con un riferimento implicito al primo libero dei Discorsi, dove si trattava l'analisi delle repubbliche, per
dichiarare che in quest'opera ci si occuperà principalmente dei principati. Si accenna agli Stati ereditari, più facilmente
conservabili dei nuovi. Il principe ereditario si manterrà con più facilità al potere, a meno che non venga scacciato da una
forza straordinaria.
CAPITOLO 3: parla dei principati misti, ossia quelli in parte ereditari e in parte nuovi, cioè con alcune province di nuova
acquisizione. Anticipa alcune questione relativa al principato “nuovo tutto” affrontate dal capitolo 6.
S2. IL TERZO CAPITOLO: I PRINCIPATI MISTI
CAPITOLO 4 E 5: insieme al 3, questi capitoli approfondiscono la questione del principato nuovo formato anche da “membri
aggiunti”, ossia da province recentemente annesse.
CAPITOLO 6: l'autore dice che la conquista dei principati del tutto nuovi può realizzarsi con armi proprie e con la virtù del
principe.
CAPITOLO 7: la conquista dei principati del tutto nuovi può realizzarsi anche con armi altrui e con la fortuna, come è capitato
al duca Valentino. In quest'ultimo caso è più difficile conservare il principato: per questo gli si deve dedicare maggiore
attenzione.
CAPITOLO 8: considera il principato governato esclusivamente con la crudeltà, come nel caso di Agatocle tiranno di Siracusa.
La crudeltà infatti, in termini politici e non morali, diminuisce il consenso dei cittadini.
CAPITOLO 9: si tratta circa il consenso dei cittadini e il rapporto tra il principe e i sudditi. Il principato civile è contrapposto al
dominio delle classi nobiliari.
CAPITOLO 10: riguarda la valutazione delle forme che i principati possono mettere in campo contro i nemici esterni.
CAPITOLO 11: riguarda il principato ecclesiastico, che fonda la sua forza sulla religione. Qui M. utilizza l'arma dell'ironia
contro lo Stato della Chiesa, esplicitamente denunciato nei Discorsi (II, 2) come responsabile della disunione d'Italia. Questo
tipo di stato è posto fuori dal campo d'indagine poiché è retto da cause superiori, alle quali la mente umana non arriva.
A4. L'ORDINAMENTO MILITARE
CAPITOLO 12/13/14: costituiscono un blocco tematico autonomo e riguardano l'ordinamento delle milizie. M. porta avanti la
tesi secondo cui solo le armi proprie, costituite da cittadini, possono garantire la sicurezza dello Stato.
Il capitolo 12 tratta dell'inutilità e della pericolosità delle armi mercenarie.
Il capitolo 13 del tema delle armi “ausiliarie”, cioè delle truppe fornite dagli alleati, e “miste”, ossia in parte mercenarie e in
parte proprie, altrettanto insicure e poco affidabili. Si giunge alla conclusione che senza avere armi proprie nessun principato
è sicuro: anzi, è tutto sottoposto alla fortuna.
Il capitolo 14 riconferma il principio dell'imitazione enunciato nel capitolo 6. al principe viene consigliato di non distogliere mai
il pensiero dall'esercizio della guerra e viene suggerita la lettura delle “istorie”, attraverso le quali potrà considerare le azioni
degli uomini eccellenti. Si parla anche del tema della necessità di premunirsi rispetto all'imprevedibile e inesauribile
modificarsi della realtà; il principe non deve stare in ozio nei periodi di pace, ma deve sfruttarli, per potersene avvalere nelle
avversità, cosicché quando la fortuna muterà lo troverà pronto a resisterle.
A5. LE VIRTU' NECESSARIE A UN PRINCIPE NUOVO
CAPITOLO 15: nei successivi nove capitoli vengono trattate le qualità e le accortezze necessarie al principe per governare.
Rispetto, alla precedente tradizione, volta a ideare il ritratto del principe ideale, M. richiama la “verità effettuale” della lotta
politica, le cui regole richiedono comportamenti diversi da quelli immaginati astrattamente dai suoi predecessori. Vizio e virtù
mutano radicalmente significato rispetto alla tradizione e all'etica comune. L'opposizione alla precedente trattatistica si basa
sulla diversa concezione del problema etico.
CAPITOLO 16: si apre la rassegna delle doti individuali necessarie al principe per dirigere lo Stato. Il primo problema
affrontato, nella forma dilemmatica e disgiuntiva, è se sia più utile al principe essere “liberale” o “parsimonioso”. Liberalità è la
disponibilità a spendere con noncuranza. Essa è un valore della civiltà cortese e un vizio, invece, della civiltà mercantile. M.
suggerisce al principe la parsimonia, con la quale si evita di sperperare le ricchezze dello Stato e di opprimere fiscalmente i
sudditi. La parsimonia finirà per farlo apprezzare dai “molti”, dal popolo, e sarà quindi più efficace della liberalità, che di regola
che di regola soddisfa solo i pochi che possono godere dei benefici. Le azioni del principe sono quindi rigorosamente valutate
sulla base della loro effettiva efficacia e rapportate, come nel capitolo 9, al problema del consenso, ai rapporti tra popolo e
principe.
CAPITOLO 17: il tema affrontato è se sia più utile al principe la crudeltà o la pietà. Anche in questo caso il giudizio etico e
morale tradizionale viene rovesciato. Se ogni principe può ragionevolmente desiderare di essere considerato pietoso e non
crudele, tale pietà non può essere usata male, perché risulterebbe generatrice di disordine e quindi dannosa. La crudeltà del
Valentino viene additata ancora come una volta come esempio positivo. Il timore che la crudeltà del principe deve ispirare ai
sudditi va tuttavia accortamente dosato. Il limite oltre il quale non è razionale procedere nell'uso della violenza è segnalato
dall'odio del popolo, che mina il consenso ed è pericoloso per la stabilità dello Stato. La conclusione dunque è che il principe
“savio” deve sapere ricorrere alla crudeltà ed essere temuto ma, al tempo stesso, deve evitare di incorrere nell'odio.
CAPITOLO 18: parte dal rovesciamento del punto di vista etico e tradizionale, secondo cui in un principe la fedeltà e la lealtà
sono virtù lodevoli: M. oppone la necessità di ricorrere anche all'inganno per il bene dello Stato e il riconoscimento che non è
sempre possibile mantenere la parola data. M. si è reso conto che, dopo il 1494, le potenze straniere avrebbero dominato la
penisola, pertanto per contrastarle la politica doveva essere rielaborata in termini nuovi e audaci. Il riconoscimento della
violenza e dell'inganno nella lotta politica, la necessità di un principe di essere oltre che “uomo” anche “bestia” - astuto come
la volpe, forte come il leone – si inserisce in questo quadro. La politica deve essere un'arte che sa ricorrere anche alla
violenza e all'inganno.
CAPITOLO 19: prosegue la trattazione avviata nel capitolo 15, riducendo le qualità dannose al principe a quelle che inducono
odio o disprezzo nei sudditi, e che alimentano le congiure.
CAPITOLO 20/21/22/23: si discute sulle qualità utili o dannose per il mantenimento del potere a quella riguardante le azioni
utili o meno. Si accenna anche all'uso politico della religione. Si tratta dell'unico accenno esplicito alla religione come
“instrumentum regni” (strumento di dominio) presente nel Principe. A questo tema sono dedicati invece cinque capitoli dei
Discorsi (I, 11-15). Con il capitolo 23 si conclude l'esame delle qualità che il principe deve possedere.
A6. LA PERDITA DELLO STATO DA PARTE DEI PRINCIPI ITALIANI. LA FORTUNA. L'ESORTAZIONE FINALE
CAPITOLO 24: si esamina la decadenza italiana e le ragioni che hanno determinato la recente perdita del pote