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B
UNITÀ DIDATTICA
22/10/2105 nella fase finale dell’Età
I dialoghi platonici sono ambientati nel IV Sec. a. Ch. n., classica, e quindi
dopo il Teatro, ed hanno una peculiarità: dal punto di vista del tempo, sono sì delle opere di IV Sec.,
ambientate però nel V Sec. a. Ch. n.; le conversazioni di Socrate si svolgono in un tempo diverso
rispetto a quello in cui ha vissuto l’autore ed è per questo che il Dialogo è imparentato con la
l’autore
Tragedia e la Commedia, proprio non si possiede mai che parla in prima persona: c’è
quindi una natura drammatica insita in queste opere, ma proprio nella gestione del tempo il tutto si
prende sia dalla Tragedia che dalla Commedia.
La Tragedia è un genere che si svolge al passato remoto, perché gli eventi sono tendenzialmente
eventi di un passato remoto, cioè lontano, ma separato dal presente da uno iato epocale: infatti i
personaggi sono semidei e appartengono ad un mondo che è scomparso e si è estinto, mentre gli
eroi sono destinatari di culto ed appartengono ad un tempo distinto, con anche degli attributi fisici
che con l’Areopago
diversi (ci sono tuttavia delle accezioni, come nelle Eumenidi, entrano nel
c’erano le tragedie di natura
presente; poi prettamente storica, di cui oggi però si possiedono solo i
di carattere storico riguardano l’Oriente
Persiani: immancabilmente queste tragedie lontano
tant’è che nei
pauroso, Persiani si dice spesso che Dario e Serse sono quasi degli esseri semidivini,
c’è ancora l’elemento
e aa mancata distanza temporale è surrogata dalla distanza spaziale, e quindi
remoto); la Commedia mette in scena il presente ed i personaggi che esistono sono vivi: per
esempio c’è (l’unica commedia intera che oggi si possiede in cui egli
Socrate nella Commedia
compare sono le Nuvole di Aristofane); il dialogo platonico, invece, si svolge al passato prossimo
perché non è un tempo presente ma molto vicino al presente: si tratta di una realtà che faceva sentire
moltissimo il suo peso dal punto di vista dell’eredità che aveva lasciato nel IV Sec. a. Ch. n., in cui
incomincia un atteggiamento retrospettivo dopo la guerra del Peloponneso (quindi il ripiegamento
caratteristica importante, ch’è
sul passato è una presente anche in Platone, i cui dialoghi toccano
anche personaggi, eventi, atteggiamenti morali e politici importanti): si tratta quindi di testi
non si può ignorare quello ch’è successo
drammatici, che riportano il lettore nel V Sec. a. Ch. n., ma
dopo, perché, se ben si guarda, questi fatti bruciavano ancora nella carne, e quindi si può dire che il
dialogo platonico è a metà strada tra la Tragedia e la Commedia, ed il fatto di essere vicino al
presente dà vita ad espedienti comici, come dare nome e cognome ai personaggi (con la Tragedia
condivide l’utilizzo di una forma di ironia tragica, perché, siccome i lettori sapevano quello che era
successo dopo, giudicavano le parole dei personaggi sulla base delle conseguenze successive che
avevano già chiare in mente). 32
Appunti di Alberto Longhi, Matr. 861497
Per quanto riguarda l’origine del Dialogo in quanto genere letterario, bisogna affrontare delle
questioni di carattere ermeneutico: oggi non si possiedono tutti i dialoghi di Platone, ma anche di
c’è una serie di dialoghi che nemmeno sono stati scritti da Platone,
più perché alcuni dei quali erano
considerati già spuri nell’Antichità, ed altri in età moderna; il periodo della grande Critica tedesca
ottocentesca ha stabilito ciò: oggi si ha quasi un ripensamento, perché i dialoghi non vengono
considerati spuri ma non decisivi, ma d’altro canto, se si pensa alla vita cenobitica dell’Academia
platonica, non è detto che il confine delle opere platoniche sia così netto; il caso di Platone è reso
ancora più complesso dal fatto che l’autore il sigillo, perché c’è
non parla mai in prima persona: c’è
la firma, ma bisogna distinguere il ruolo di Platone e di Socrate nei dialoghi; e i dialoghi non sono
totalmente platonici perché sono frutto di dialoghi storici: si tratta di un genere letterario di cui
esistono antecedenti, anche se in maniera limitata, come ad esempio il discorso dei Meli e degli
Ateniesi in Tucidide (ma ci sono profondissime differenze), oppure in un frammento piuttosto lungo
delle Epidemie di Ione di Chio (uno dei primi grandi poligrafi, cioè uno di quei personaggi che ha
scritto tragedie, scritti d’àmbito filosofico, che quando è andato ad Atene ha conosciuto Sofocle ed
c’è una narrazione personale di incontri con personaggi famosi,
Eschilo), in cui con un simposio
durante l’arrivo di Sofocle a Chio, dove corteggia un ragazzetto, poi discute sulla Poesia e, infine,
anticipa un po’ i dialoghi di Platone),
critica un letterato considerato pedante (l’urbanitas oppure
ancora nel Vecchio Oligarca, la cui opera, secondo Canfora, è nata in forma dialogica riguardo alla
democrazia ateniese.
Quindi la novità della questione dei dialoghi platonici la si capisce anche in termini numerici: ogni
anno dopo la morte di Socrate sono state prodotte decine di dialoghi socratici, proprio perché è stato
un evento traumatico, dopo il quale scatta un bisogno di scrivere di Socrate e di difendere anche
di Senofonte sono anche più esplicite da questo punto di vista, e c’è
quello che aveva fatto: le opere
anche una rielaborazione esplicita delle idee socratiche; quindi il problema era ancora molto vivo, e
c’è stato un vero e proprio boom editoriale dopo la morte di Socrate (un termine di paragone può
essere quello dell’Italia del secondo dopoguerra, quando tutta la memoria mistica -a volte anche
Pavese e Calvino è frutto di un’esigenza
mediocre- di Fenoglio, di raccontare).
L’aspetto religioso non è secondario in questo caso, perché l’accusa a Socrate era di empietà e
bisognava capire la religiosità di un personaggio, e la sua eccentricità era stata fraintesa perché è
stato considerato ateo in maniera sbagliata: Senofonte continua a ripetere in maniera ripetitiva che
e ne viene fuori una figura anche un po’ pesante,
era un personaggio di buona religiosità mentre
Platone espone questo punto in particolare nei dialoghi che vengono definiti «della giovinezza»;
l’elemento religioso è importante anche perché già in Aristofane, nella prima scena delle Nuvole
appare come empio: l’idea di studiare quello ch’è un astro, il Sole, ma che per i Greci era una
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Appunti di Alberto Longhi, Matr. 861497
luce, tant’è che quest’immagine
divinità lo mette in una cattiva viene usata da Senofonte per
smentirla e per trasformarla in esempio positivo da Platone.
Generalmente per sapere cosa pensa Platone si prende una frase di Socrate insieme ad altri
personaggi principali e si estrae il pensiero di Platone, ma non funziona perché molte volte si
contraddice: allora si suole distinguere i dialoghi «della giovinezza» e quelli «della vecchiaia»;
questo atteggiamento classico è entrato in crisi perché i sistemi per datare le opere di Platone hanno
fallito, perché ci sono molte datazioni diverse (si sa, inoltre, che Platone nel corso della sua vita ha
rielaborato i suoi dialoghi, come anche testimoniano le fonti antiche).
Ci sono studi stilometrici: si pensa che lo scrivente abbia un’idea inconscia che gli faccia cambiare
le modalità di scrittura; si cerca di fare una gradazione delle particelle dalla presunta prima opera
all’ultima e si datano le altre opere, molte è mimetica,
volte in maniera non precisa, ma l’opera per
cui si vuole imitare lo stile dei vari personaggi e quindi non è lo stile vero e proprio platonico, e
inoltre diverse fonti dicono che Platone continuò a rielaborare i suoi dialoghi fino alla morte, e di
conseguenza il discorso cade perché non si capisce come si possano fare delle distinzioni di
carattere cronologico.
26/10/2015
Il dialogo platonico è un genere quasi a sé, nato in stretta connessione con la figura di Socrate
stesso, dopo la condanna e l’esecuzione: presumibilmente vennero pubblicate moltissime opere che
hanno riportato in vita la figura socratica; è un genere che non si è mai visto prima: è un genere che
che riprende molti stilemi d’azione tipici del Teatro ateniese di
si può definire come post-teatrale,
poco antecedente.
Quel che si legge sono o voci di personaggi dialoganti tra di loro o narrazioni di qualcuno che non
s’identifica con l’autore: nella finzione letteraria platonica Socrate racconta dei suoi dialoghi con
qualche altra persona; magari talvolta si ha a che fare con racconti di secondo grado come nel caso
del Simposio (la voce di Diotima è narrata). Si tratta di modalità di maggiore o minore complessità,
e per quanto riguarda il dialogo vero e proprio i personaggi possono essere molti: si può osservare
come regola e tendenza molto chiara che laddove ci sono molti personaggi allora il dialogo è gestito
da una voce narrante.
In qualche modo il dialogo socratico nella versione platonica è una sorta di fusione del genere
comico e del genere tragico: in sostanza si può parlare della Tragedia come il passato remoto, della
Commedia come il presente, ed il Dialogo come il passato prossimo; quindi il Dialogo tratterebbe di
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Appunti di Alberto Longhi, Matr. 861497
un passato ancora vicino, che faceva parte di una città che veniva fuori da un’esperienza terrificante
come la guerra peloponnesiaca.
Il Corpus Platonicum è più ricco di quello che Platone probabilmente ha scritto di suo pugno: ci
sono delle opere considerate spurie già dall’Antichità; il concetto di autorialità è molto diverso da
quello moderno: l’idea moderna di un’opera non si adatta molto al contesto antico in cui le opere
venivano prodotte. Connesso con questo è il problema di quale sia la funzione del dialogo
platonico: si è ipotizzato che queste opere avessero funzione d’agire sui lettori ed indurli alla
Filosofia, una funzione che si può definire protrettica; alcuni lettori, una volta conosciuto un dialogo
platonico, sono entrati nell’Academia, in un luogo che non era in centro ad Atene ma un po’ fuori e
molto vicino al demo di Colono, un luogo vicino alla Via Sacra ma comunque extraurbano (quindi
la vita platonica si pone fuori dal contesto civico propriamente