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Il concetto di "razza" e il privilegio bianco

Dopo la Seconda guerra mondiale si avvia un lavoro di decostruzione. La "razza" è stata definita come un'invenzione, qualcosa che non ha nessun supporto oggettivo nei dati biologici e genetici degli esseri umani. Razzismo è un neologismo che si diffonde negli stati europei negli anni Trenta del '900. Razzismo e "razza" sono inseparabili e devono essere analizzati insieme. Il privilegio bianco è l'insieme dei privilegi politici, economici e sociali che vengono riconosciuti alle persone bianche e che invece vengono privati. La nozione di "razza" è centrale nella critica delle femministe nere, indigene o appartenenti a gruppi minoritari, rivolta nel 1970 a quel femminismo occidentale che si poneva come rivendicazione politica delle donne bianche, eterosessuali e di classe media urbana. Asse di dominio, asse di differenziazione sono la stessa cosa, cioè le categorie di differenziazione degli individui, come genere, sesso.

identità che intrecciandosi simultaneamente determinano la posizione dei soggetti all'interno della società. Razzializzazione è il processo di costruzione discorsiva (avviene al livello del discorso, pensato e detto, tutto ciò che può essere considerato o meno accettabile) delle identità razziale, processo per il quale viene definito un individuo o un gruppo in una categoria razziale. Non si basa su caratteristiche biologiche ma anche sociali e fisiche.

Definizione di razza: è una costruzione sociale, non è una classe naturale, cioè non mutabile nel tempo e nello spazio. È strettamente collegato alla società. Il concetto di razza nasce come categoria biologica, ma è un'invenzione, che potesse giustificare delle differenze storiche e sociali (schiavismo e colonialismo) e ha permesso di creare delle gerarchie.

"Intersezionalità: la difficile articolazione" di Vincenza Perilli

Liliana Ellena:Intersezionalità copre un doppio campo semantico: esso indica il tentativo di mettere a tema la questione della posizione dei soggetti all'interno dei sistemi di potere e di dominio in quanto continuamente definita e ridefinita da molteplici assi di differenziazione. Con questo termine ci si riferisce anche ad uno specifico approccio teorico nato dal tentativo di superare i limiti di un'analisi centrata sull'asse prioritario della differenza di genere in cui il sessismo viene considerato come isolato e/o disgiunto da altri rapporti di dominio. Si fa risalire l'origine del termine a Kimberlé Crenshaw, ma molti ritengono che le teorie femministe abbiano sollevato il problema dell'intersezionalità molto prima di dargli un nome. Affonda le sue origini nel Black Feminism (fine anni '60 inizi '70) trovando terreno nel postcolonial e queer studies, che mettendo in discussione una visione monolitica ed essenzialista della.

Donna, hanno contribuito a decentrare la differenza di sesso/genere. La visione monolitica ed essenzialista della donna (bianca, di classe media ed eterosessuale) viene messa in crisi dalle femministe africane-americane nei loro scritti. In uno scritto di Mary Ann Weathers si sottolineano le oppressioni multiple all'opera negli specifici rapporti di dominazione di cui sono vittime le donne nere, ma si auspica ad una lotta unitaria di tutte le donne, bianche comprese, in nome della comune oppressione sessista. Gayatri Spivak parla di "essenzialismo strategico" come mossa contingente attraverso cui diversi movimenti hanno usato criticamente le contrapposizioni binarie uomo/donna, primo mondo/terzo mondo, omosessuale/eterosessuale per rendere politicamente visibili soggettività e posizioni precedentemente oscurate. Creenshaw introduceva attraverso il concetto di Intersezionalità, gli assunti di molteplicità e simultaneità dei sistemi di oppressione.

nell'analisi e nel contrasto della violenza subita dalle donne, interpretandolo principalmente come uno strumento giuridico in contrasto a tutti quei dispositivi legislativi di lotta alle discriminazioni incapaci di riconoscere la simultaneità dei diversi sistemi di dominio e che quindi rischiavano continuamente di ratificare delle categorie esclusive: classe, sesso o razza. Le più recenti critiche dell'intersezionalità si focalizzano proprio sullo specifico contesto in cui prende forma. In una prospettiva giuridica i rapporti sociali sono interpretati come settori d'intervento, finendo per confinare le donne. "Intersezionalità" di Sabrina Marchetti: oltre a possedere una determinata cultura, ognuno di noi è diverso o uguale agli altri dal punto di vista del genere, della razza, della religione, della classe, della lingua... L'intersezionalità richiede di complicare la definizione di diversità proponendouna visione della differenza come relazione basata simultaneamente su punti di somiglianza e di differenziazione. L'Intersezionalità mette in dubbio la possibilità di parlare di cultura senza parlare anche di religione o di classe poiché vede la differenza come qualcosa che agisce contemporaneamente su tutti gli attributi che descrivono un soggetto. Centrale è la nozione di categorie sociali, ossia categorie quali cultura, religione, classe, razza, genere che suddividono le persone in gruppi a seconda del contesto sociale in cui vivono. Ogni persona appartiene a più categorie sociali e che queste interagiscono fra loro a livello soggettivo, a livello di gruppi e istituzioni. È necessario considerare le relazioni che esistono tra loro, incroci o intersezioni fra assi di potere creati dall'intreccio di quelle categorie che sono più significative a seconda del contesto. Diana Tientijens Meyers sostiene che l'idea stessa di

Intersezionalità si basa sulla convinzione che ciò che siamo dipende dalle nostre esperienze sociali. Yuval Davis sostiene l'impossibilità di concepire i comportamenti individuali se non collegandoli all'interno di una collettività, una cultura, una religione. Le categorie a cui si appartiene vengono vissute individualmente in modo diverso e si può avere un investimento emotivo più forte verso una o l'altra. Per Yuval-Davis l'analisi intersezionale è da applicare a tutte quelle pratiche, quei comportamenti e quelle narrazioni che sono condivise all'interno di un gruppo e che riempiono di senso l'attaccamento individuale alle identità. Leslie McCall individua tre approcci metodologici alternativi: prima posizione è quella anti-categoriale, termine con cui l'autrice raggruppa tutti gli approcci che fanno loro il presupposto che le categorie sociali siano da decostruire. Le categorie sono

alle intersezioni tra categorie sociali è fondamentale per comprendere la complessità delle disuguaglianze e per sviluppare strategie di lotta più efficaci.

è posta sulle trasformazioni che avvengono nelle relazioni fra gruppi piuttosto che individuali.“Tra agency e differenze” di Stefania De Petris: Parlare di femminismo postcoloniale significa dare per scontata una definizione univoca di quel postcolonialismo che costituisce un termine conteso e problematico e significa imporre un’omogeneità corale a un insieme di prospettive femministe che non si lasciano ridurre a un’unica definizione e che imporrebbero di parlare di femminismi al plurale. Risulta problematica l’assimilazione di prospettive affatto diverse, come il femminismo afro-americano, chicano e indiano, problema della riflessione occidentale che accomuna in un generico altro da sé tutto ciò che si attribuisce una posizione di subalternità. La dimensione dell’agency ha goduto di una rinnovata centralità all’interno del campo dei cultural studies e degli studi postcoloniali. La rivalutazione

dell'autonoma capacità diazione dei soggetti storici si propone qui come superamento del rigido strutturalismo di alcune versioni del dettato marxista. Agency si potrebbe tradurre come capacità diazione all'interno di precisi vincoli strutturali. Nel femminismo postcoloniale la dimensione dell'agency acquista un senso particolare se connessa alla location: agency significa allora capacità di azione e risignificazione, ma anche capacità di costruire relazioni e alleanze politiche a partire dai vincoli posti dalla propria collocazione all'interno dei molteplici assi di differenziazione che strutturano l'identità soggettiva. La periodizzazione classica della riflessione femminista vede il susseguirsi di tre ondate: prima fase con l'emancipazione ottocentesca (richiesta di eguale cittadinanza); seconda fase intorno al 1970 segnata dalla rivendicazione della differenza femminile; terza fase caratterizzata dalla proliferazione

Delle differenze. Con Angela Davis abbiamo scoperto come le donne nere fossero presenti e attive già nelle prime campagne emancipazioniste in America, per quanto spesso attivamente ostracizzate dalle donne bianche e middle-class che temevano le fila del movimento suffragista. Il femminismo postcoloniale si propone di decostruire quella forma di soggettività, insistendo sugli aspetti liminali, contraddittori e di confine della sua costruzione.

La critica fondamentale che Mohanty rivolge al femminismo bianco è quello di aver creato una "average Third World Woman", cioè un'immagine della donna del terzo mondo media, incapace di cogliere la complessità della sua esperienza e la molteplicità dei discorsi di potere che si proiettano sul suo corpo. La donna del terzo mondo costituirebbe la figura monolitica di un ritardo storico alle magnifiche sorti e progressive dell'emancipazione occidentale, un'immagine unidimensionale.

ritagliata sul ruolo di vittima. Spetterebbe alle sorelle maggiori guidare le altre sulla via dell'emancipazione già percorsa con parziale successo. Questa immagine
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A.A. 2020-2021
16 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ale.o97 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura, genere e spazio e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Romeo Caterina.