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Fosca, una donna brutta e orrenda, ma è una donna interessante, ha uno sguardo

vivace ma ha in sé il volto della morte, della malattia. Ha un fascino intellettuale che

intriga sempre di più Giorgio che si trova a confrontarsi con gli estremi: Clara (la

fidanzata di Giorgio) e Fosca (la contrapposizione degli estremi è una tematica

fondamentale per la scapigliatura). Quando Fosca muore Giorgio sente di aver

ereditato la follia, il male della donna. Si tratta di una malattia psichica che permette

di vedere il mondo fuori dagli schemi. Sempre Tarchetti scrive un romanzo, “Paolina”,

ambientato a Milano in un quartiere dove vivevano degli operai. Queste dimore erano

poi state abbattute per fare un quartiere borghese. Gli scapigliati criticano la società

del denaro.

Verga che vivrà anche a Milano ha tra l’altro contatti con il mondo della Scapigliatura

(“Eva”). Il protagonista di questo romanzo, Enrico, è povero, vive in una soffitta, senza

un soldo, senza un riconoscimento in ambito giornalistico nonostante la sua genialità,

che si innamora di una giovane ballerina che balla il can can. Lei è sinceramente

innamorata di Enrico e disposta a rinunciare al suo amore per evitare di condizionare

socialmente il suo amato (le ballerine non erano ben viste nella società dell’epoca). Il

romanzo ricevette una denuncia per oscenità a causa del tema: un amore di cui non si

deve parlare, un amore inaccettabile dal punto di vista sociale. L’opera è una polemica

contro l’ipocrisia borghese. Si vede anche la contrapposizione tra arte intesa come

manifestazione individuale e singola e l’arte vista come ripetizione (grazie anche

all’innovazione tecnologica). Vediamo come la tecnologia sottrae e fa venir meno

l’identità dell’artista (I quaderni di Serafino Gubbio operatore). L’arte in passato era un

elemento della civiltà, ora è un lusso da scioperati. La civiltà oggi è il benessere e non

l’arte, ma il godimento materiale. La civiltà del denaro domina la cultura e per questo

non è più possibile “scolpire statue di Venere”.

Tratti formali:

- Sperimentalismo

- Disponibilità ad accogliere stili diversi

- Si volevano rompere i confini tra le arti

- Si discute su quale lingua adottare

- Sperimentalismo linguistico

Sterne supera i limiti del romanzo classico: introduce i disegni, fa grosse digressioni,

l’intreccio è poco chiaro ma volutamente, non è presente una fabula.

Carlo Dossi nell’opera “Vita di Alberto Pisani” (1870) comincia dal capitolo 4 e poi

prosegue con il primo capitolo. Tutto ciò è una provocazione nei confronti degli schemi:

si tratta di uno sperimentalismo linguistico notevole. Tutto ciò va anche in una

direzione diversa rispetto al manzonismo. Il titolo dell’opera attribuisce ad un

elemento autobiografico (Carlo Alberto Pisani Dossi) e si tratta di una parodia di un

romanzo di formazione. Si basa su una vocazione artistica e il romanzo narra della

nascita del sentimento artistico nel protagonista. Inventa una poesia e la recita. Si

sente subito un letterato e secondo i canoni dell’epoca sa di dover essere triste (vedi

trama su wikipedia). Le prime pagine di questo romanzo sono significative dal punto di

vista della scapigliatura (punto di vista della denuncia). Il capitolo primo comincia

ancor prima della nascita (come Sterne). Nasce nel 1849 durante la fine della guerra di

Novara (prima guerra d’indipendenza) e la sua nascita coincide con una dura sconfitta

per l’Italia. Dossi si prende anche un po’ in giro, prende in giro l’idea dell’artista

(autoironia). È uno scapigliato dell’estetica nel suo aderire ad un’etica

dell’antiromanzo. Questo riferimento alla guerra è minaccioso e condiziona la figura

del protagonista. L’antimilitarismo è spesso più consapevole e anche più evidente

rispetto a quello di Dossi. L’antimilitarismo si nutre di un dibattito che marca tutto il

decennio postunitario. Dalla parte democratica si diffonde l’idea che la nuova nazione

da creare sarebbe nata non con una guerra tradizionale (esercito vs. Esercito) ma

attraverso una forza insurrezionale con una forte partecipazione sociale. Quando lo

stato sta per diventare una realtà il modello di esercito da adottare diventa argomento

di dibattito. I liberali spingono sul modello piemontese, fatto di gerarchie già presenti

nello stato sabaudo. Dall’altra parte c’è un modello che ha un grandissimo appeal nel

mondo del risorgimento democratico che è il modello impersonato da un personaggio

particolare: Garibaldi. Era una sorta di milizia popolare volontaria in cui il popolo si

prestava a dare servizio per la patria. Un testo letterario chiave di questo dibattito è

“Ordinamento e costituzione delle milizie italiane ossia come ordinare la nazione

armata” di Carlo Pisacane. È un teorico che però fallisce nel suo intento: organizzata la

spedizione di Sapri il popolo gli si rivolta contro. La gerarchia dell’esercito deve essere

specchio della gerarchia sociale. Questo è il dibattito del nuovo stato e questa

questione è discussa anche in parlamento. Il modello garibaldino spinge verso un

modello meno rigido possibile. Si ha l’idea che i giovani dovessero essere disponibili in

caso di bisogno (cittadini soldati) ma questa posizione viene respinta. C’era poi un

altro modello, quello dell’esercito borbonico. Che fare di questi soldati? L’esercito

borbonico verrà di fatto espulso dall’esercito borbonico e questo contribuirà ad

alimentare quella fortissima separazione tra il settentrione e il meridione che darà vita

anche a varie forme di brigantaggio. In generale l’esercito rappresenta un punto di

collegamento tra il vecchio e il nuovo stato. Gli abitanti dell’ex stato borbonico non

conoscevano la leva, l’esercito piemontese invece prevedeva una leva lunghissima (5

anni consecutivi). Molti giovani in questo periodo vedono nell’esercito un mezzo per

avere un lavoro e per fare carriera. Il giovane Tarchetti è un militare e verrà mandato

nel Salento a combattere contro cittadini del suo stesso stato, i briganti (repubblicani

radicali, disertori,…). Quella contro il brigantaggio fu una vera e propria guerra. Qui

Tarchetti sperimenta la distanza tra esercito e popolazione. Tarchetti capisce allora che

non è solo con l’esercito che si possono superare i motivi per cui i briganti

combattono. Tarchetti comincia allora a sentire il fascino del modello democratico –

garibaldino e c’è un momento nella vita del primo decennio italiano che questa

contrapposizione tra concezioni dell’esercito diventa particolarmente sensibile: i mesi

che precedono e quelli che seguono la terza guerra d’indipendenza. L’Italia ha ancora

aperta Roma (1866). L’Italia vince ma grazie alla Prussia di Bismarck. Garibaldi vincerà

soltanto alcune battaglie. L’esercito regolare subirà infatti numerose sconfitte tra cui le

più dolorose, quella di Custoza e Lissa. Il processo d’indipendenza è costellato anche

di sconfitte dolorose e il 1866 è importante perché quella guerra è quella che doveva

compiere l’atto finale del Risorgimento, doveva chiudere i conti con l’Austria e liberare

le terre italiane. C’era quindi dietro una grande spinta ideale. L’esito della guerra

innesta critiche importanti all’interno delle quali si inseriscono due scapigliati: Tarchetti

e Farina. Il mondo scapigliato è interessato allo scontro del ’66 e molti scapigliati

saranno tra i volontari di Garibaldi. Tarchetti si occupa spesso del tema della guerra

tenendo a mente quella del ’66. Un esempio è il racconto “Storia di una gamba” in cui

si può vedere l’influenza di uno scrittore come Edgar Allan Poe, si tratta di un racconto

un po’ perturbante. Il protagonista è proprio un combattente della terza guerra

d’indipendenza che non combatte per eroismo patriottico ma per placare una

delusione amorosa: ama una donna che però è innamorata e ricambiata dal suo più

caro amico. La storia bellica è solo uno sfondo: in guerra perde una gamba e decide di

conservarla in una teca perché è una parte di sé da cui non vuole separarsi.

L’esperienza bellica l’ha dilaniato, è stato privato di una sua parte importante. Proprio

intorno alla guerra del ’66 alcune posizioni degli scapigliati si radicalizzano, soprattutto

dopo il ’66. Tarchetti scrive un romanzo mentre Farina un pamphlet in cui descrive

come la gioventù italiana soffra nelle caserme. Farina critica i pensatori a lui contrari

come Cantù che aveva scritto che la guerra era una sorta di legge divina, un dogma

che non può essere eliminato dalla natura dell’uomo. Secondo Farina invece chi

afferma ciò non è in grado di vedere oltre il presente, di vedere un ordine diverso. Il

suo discorso è tutto teso all’immaginazione di un ordine diverso che non preveda il

ricorso alla guerra. È possibile immaginare un mondo senza guerra? Se sì allora

bisognerebbe pensare ad istituzioni diverse: l’esercito dovrebbe essere superato e

infatti esso è visto negativamente da chi deve fare servizio. C’è il parallelismo tra

carcere e caserma poiché entrambi sono visti come luoghi di reclusione. L’esercito

produce un danno sociale: i giovani appena formati devono interrompere il processo

della vita, devono interrompere il mestiere appena imparato. L’esercito sottrae alla

patria i giovani e mina le istituzioni che fondano la società come ad esempio la

famiglia. Esso genera comportamenti sociali scorretti: i giovani lontani dal mondo degli

affetti non possono che dar vita a libertinaggio e prostituzione. La proposta del

pamphlet è quella di un esercito popolare e non stanziale (era a favore di quello

garibaldino). Tarchetti nello stesso periodo scrive il suo romanzo ma anche un

programma antimilitarista che invia a tutte le caserme sperando di ottenere

attenzione. Il romanzo da lui scritto s’intitola “Una nobile follia” che avrebbe dovuto

essere il primo di un ciclo di romanzi a tema militare. Esce a puntate su una rivista che

si chiama “Il Sole” con un titolo diverso “Drammi della vita militare”. Sarà poi

pubblicato in volume con l’editore Vallardi e poi sarà ripubblicato postumo nel ‘69’ con

una prefazione che l’autore fece in tempo a scrivere. È un romanzo dall’enunciazione

complessa: è scritto in prima persona e narra l’incontro con il giova

Dettagli
A.A. 2017-2018
4 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valentinaorbacchi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teoria e storia della letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia o del prof Tongiorgi Duccio.