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Un giorno un cavaliere pregava una donna di donargli il suo amore

(XLVII) Un giorno un cavaliere pregava una donna di donargli il suo amore, decantando le proprie doti di gentilezza (di nobile famiglia), ricco e bello, mentre suo marito è brutto, il quale era dietro la parete della camera e invita per cortesia il cavaliere a sistemare i fatti suoi ma non rovinare quelli altrui ("acconciate/isconciate"). È brevissima e mira alla scenetta finale: non ci sono gelosia né dramma, l'interesse è la battuta comica, che si basa quasi sempre sulla simmetria di parole in un'armonia di ritmo. Termina con i nomi degli uomini interessati (Lizio di Valbona il marito, Rinieri da Calvoli il cavaliere, vissuti nella seconda metà del '200), a indicare che il fatto sia accaduto davvero, quindi la novella si colloca negli aneddoti sulla vita cittadina; sono citati anche da Boccaccio (Lizio di Valbona aveva fama di nobiltà d'animo, Boccaccio lo fa protagonista nella quarta novella della quinta giornata) e

da Dante (Rinieri da Calvoli è guelfo come Lizio, e combattono insieme contro i ghibellini di Forlì: vengono entrambi citati da Dante nel Canto XIV del Purgatorio nel girone degli invidiosi). 3.10 Novella d'uno novellatore ch'avea messere Azzolino (XXXI) Il protagonista è un raccontatore/favolatore di novelle, si rende evidente la rilevanza di quest'attività nella società del tempo. Si porta l'attenzione proprio sull'arte del narrare, in parte con valore metanarrativo perché parlano di come si racconta. Messer Azzolino (personaggio storico, Ezelino III da Romano, uno dei signori più potenti del '200, era il signore della zona trevigiana, era ghibellino e alleato dell'imperatore Federico II, è rimasto leggendario per la sua ferocia ma la sua corte era un centro culturale molto attivo e di mecenatismo) aveva un novellatore che faceva raccontare nelle lunghe sere invernali. Una notte il novellatore era

stanco ma Azzolino lo pregava di narrare, quindi iniziò a raccontare la favola di un contadino che aveva 100 monete e andò al mercato a comprare pecore, ottenendone due per ogni moneta. Tornando con le pecore, vide un fiume ingrossato dalla pioggia e un pescatore con una barchetta, dove sarebbero potuti entrare solo il contadino e una pecora per volta, dunque il contadino iniziò a portare una pecora per il fiume largo. Il novellatore si fermò, e Azzolino lo invitò a continuare, ma questi rispose che avrebbe finito il racconto una volta passate tutte le pecore. Siccome ci sarebbe voluto un anno affinché passassero tutte, poté dormire.

I novellatori erano giullari, non solo nel senso comico ma erano artisti a tutto tondo, poeti narratori musicisti e intrattenitori di vario genere.

La novella mira a lodare l'astuzia del favolatore, che trova il modo di fare una dormita senza disobbedire all'ordine del signore. Commistione tra il tempo del

Racconto e il tempo della realtà - Metanarrativo

3.11 D'uno uomo di corte che cominciò una novella che non venìa meno (LXXXIX)

Una brigata di cavalieri cenava in una casa nobile fiorentina (non è una corte), dopodiché l'uomo di corte (come nella novella precedente, è un giullare, un intrattenitore) iniziò una novella che non finiva più: un servo della casa, forse non troppo sazio e disinvolto, disse che chi gli ha insegnato quella novella non gliel'avesse insegnata tutta, perché non gli ha insegnato il finale (la "restata", la frenata), dunque il giullare si vergognò e smise di raccontare. Come anche nel Decameron, la battuta è un mezzo per permettere a persone di rango inferiore di fare osservazioni e rimproveri a persone di grado sociale superiore senza averne danno e anzi avendone apprezzamento: la parola e lo spirito indicano intelligenza.

Fa parte del gruppo di novelle meno antiche.

non è presente nel primo manoscritto, infatti s'intende novella come sinonimo di racconto (a differenza dell'altra, in cui era definita più come favola). Il tema del modo in cui si debba raccontare una novella è ripreso anche da Boccaccio nella novella di madonna Oretta, la prima della sesta giornata, in cui un cavaliere vuole raccontarle una novella ma la racconta così male che lei ci soffre fisicamente, e con una battuta lo fa smettere. Sono testi metanarrativi.

4. Giovanni Boccaccio (1313-1375)

Primo (ritenuto tale) ritratto di Boccaccio, eseguito nel 1366 da Iacopo di Cione, affresco nella volta del Palazzo dei Giudici e dei Notai a Firenze.

4.1 Vita di Boccaccio

Il binomio realtà comunale e mercantile e letteratura cortese (che si ritrova anche nel Decameron) corrisponde alle due città cui è legato, Firenze e Napoli; la peste (1348), momento di frattura anche nella sua vita; l'amicizia con Petrarca (dopo il 1348) che lo

indirizza nella cultura pre-umanistica e allo studio dei classici in latino e alla scrittura in latino;

Commedia.l'ammirazione per Dante e la sua

1313: nasce in una famiglia di mercanti a Firenze, ma il padre Boccaccio detto Boccaccino è un ricco mercante originario di Certaldo, dove oggi ci sono la casa natale e il centro studi a lui dedicato. Non si conosce l'identità della madre perché è un figlio illegittimo, ma il padre lo riconosce subito, e vorrebbe fare di lui un mercante infatti riceve la relativa istruzione.

1327: a 14 anni segue il padre a Napoli (dove passa gli anni della sua formazione), tornerà a Firenze solo nell'inverno del 1340-41 quindi a 27 anni. In quanto socio della compagnia bancaria dei Bardi (finanziatori del re di Napoli), il padre è introdotto alla corte del re Roberto d'Angiò (dinastia di origine francese che regna sull'Italia meridionale dal 1266 al 1435), detto il saggio, che governa

l'Italia meridionale dal 1309 al 1343 (esclusa la Sicilia, che dal 1302 dopo la guerra del vespro è passata alla casa d'Aragona). A Napoli Boccaccio impara il mestiere mercantile e intraprende per desiderio del padre gli studi di giurisprudenza (1330-31), suo maestro è Cino da Pistoia, che non è solo un illustre giurista ma anche un poeta dello Stilnovo. Nel frattempo prende parte alla vita di corte insieme ai giovani aristocratici e ha accesso anche alla biblioteca del palazzo reale (il padre, dopo un anno dall'arrivo a Napoli, viene eletto consigliere e ciambellano reale), quindi inizia la sua formazione letteraria presso la corte da autodidatta, leggendo le opere più in voga in quell'ambiente: la lirica provenzale e i romanzi cavallereschi, e si interessa con curiosità autonoma anche della cultura antica e di mitologia. A Napoli, alla corte d'Angiò, scrive 4 opere accomunate dal tema amoroso - terreno e sensuale, non.idealizzato come quello stilnovista - e sono opere d’intrattenimento per la corte:
  • Caccia di Diana (1334): poemetto in 18 canti in terzine. Si racconta una battuta di caccia ma è solo il pretesto per lodare la bellezza delle dame di corte angioina.
  • Filòcolo (1336-38): lungo romanzo d’amore e d’avventura (a lieto fine) di due giovani innamorati, Fiorio e Biancifiore.
  • Filostrato (1339): poemetto in ottave di argomento amoroso-cavalleresco. Narra un episodio della guerra di Troia ma, con inversione sentimentale e cavalleresca, racconta del troiano Troilo che si innamora della prigioniera greca Criseida che però lo tradisce, quindi lui si lascia uccidere da Achille.
  • Teselda (1339-41): poema epico in ottave in 12 libri, dove il tema guerresco eroico ha uno spazio maggiore accanto al tema amoroso. Vorrebbe
Poema epico in lingua volgare

scrivere un poema epico in lingua volgare, un genere che ancora manca in Italia.

Le notizie sul periodo napoletano di Boccaccio sono scarse, perciò le date sono abbastanza indicative: in passato gli studiosi le deducevano per lo più dalle sue opere che talvolta sembrano avere carattere autobiografico, che però appare sempre trasfigurato in senso letterario quindi vanno usate con cautela per trarne dati autobiografici precisi.

Negli anni '30 del '300 a Napoli Boccaccio sperimenta quindi generi diversi, in versi e in prosa, e in molti casi risulta un innovatore fuori dagli schemi della tradizione: i suoi poemi attingono a personaggi della letteratura greca e romana ma che poi presentano il filostrato vince, caratteri e toni propri della letteratura cortese. Ad inaugura in Italia il filone del romanzo cavalleresco in ottave che avrà grande fortuna; Boccaccio Teseida adotta per esso e per il metro dell'ottava (8 versi endecasillabi, i primi 6 arima).

alternata e gli ultimi a rima baciata), che diventa la misura prevalente in Italia per la poesia narrativa (diversa dalla poesia lirica, che esprime sentimenti del poeta, e dalla poesia drammatica, cioè i testi teatrali in versi). Boccaccio prende questo metro dai cantari popolari (poemi recitati o cantati dai cantastorie itineranti): come per la novella, anche in questo caso un genere di racconto orale acquista dignità di genere letterario.

1341-46: Il padre, già tornato in patria, richiama Giovanni a Firenze, probabilmente per motivi economici perché il Banco dei Bardi è in crisi e fallirà nel 1345, Firenze è in preda a una grave crisi economica che tra le altre cose è dovuta al fatto che uno dei maggiori clienti dei banchieri fiorentini, il re Edoardo III d'Inghilterra, non ha restituito i prestiti ricevuti ed è insolvente, provocando fallimenti a catena e disordini sociali. I magnati fiorentini affidano il governo della

città a un nobile francese, Gualtieri di Brienne noto come duca d'Atene, nominato potestà nel 1343 ma cacciato dieci mesi dopo dai cittadini borghesi che si ribellano al suo dispotismo (la borghesia, il "popolo minuto", inizia ad affermare il suo potere contro i magnati finanzieri e gli aristocratici). Boccaccio era legato a una delle potenti famiglie dei magnati (i Bardi) e alla casa reale degli angioini e quindi resta tagliato fuori dalla vita politica cittadina. Boccaccio non resta a lungo a Firenze, cerca senza successo una sistemazione stabile in Romagna e dal 1345 al '46 è alla corte di Ravenna, poi a Forlì nel '47. Mentre le opere napoletane attingevano ai modelli della letteratura cortese e cavalleresca pur con molte innovazioni, tornando a Firenze ad essi si aggiungono altri modelli, che rimandano alla tradizione toscana (alla lirica dello Stilnovo e all'opera di Dante, la Vita nuova e la Commedia): Dante, la Vita nuova e la Commedia di questi modelli.parole di un vecchio saggio: "La vita è come un viaggio in treno. Le stazioni rappresentano i momenti importanti della nostra esistenza: la nascita, l'infanzia, l'adolescenza, l'età adulta. Ma ci sono anche le fermate impreviste, i cambi di binario, i ritardi. Alcune persone salgono e scendono dal nostro treno, altre restano con noi per tutto il percorso. Ma ciò che conta davvero è come affrontiamo il viaggio. Dobbiamo imparare a goderci ogni fermata, ad apprezzare il paesaggio che scorre fuori dal finestrino, ad affrontare le difficoltà con coraggio e determinazione. Solo così potremo arrivare alla nostra destinazione finale con il sorriso sulle labbra e il cuore pieno di soddisfazione."
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A.A. 2019-2020
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Alby0875 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Gambacorti Irene.