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Legge Nasi e Legge Rosadi

La Legge Nasi è stata introdotta con l'intento di regolamentare l'esportazione e la circolazione dei cataloghi. Tuttavia, questo provvedimento è totalmente inefficace, proprio perché non esistono i cataloghi e, quindi, gli strumenti necessari per applicarlo. Quindi, alla fine, la Legge Nasi non fa altro che consentire l'esportazione e la circolazione libera e autorizzata di tutte le cose d'arte, a vantaggio dell'interesse privato del singolo su quello pubblico e collettivo.

Il Parlamento è consapevole della sua inutilità e lavora su questo. Nuovo intervento normativo: 1909 LEGGE ROSADI che sostituisce la legge Nasi. A differenza della Legge Nasi, la Legge Rosadi compie un notevole passo avanti, perché garantisce l'uguaglianza sostanziale di tutti i cittadini, ma anche la tutela e la conservazione effettiva delle cose d'arte, mettendo a punto degli strumenti applicativi che limitano concretamente il diritto di proprietà privata del singolo, a vantaggio dell'interesse pubblico. Tra questi strumenti, ci sono:

  1. il provvedimento

1. Il diritto espropriativo o di espropriazione dei beni privati, anche mobili, ovvero, il diritto dello Stato di abrogare il diritto di proprietà privata del singolo su una determinata cosa d'arte, nel momento in cui questo non si fosse preoccupato e non si fosse preso cura del mantenimento dello stato e delle condizioni della cosa d'arte. In questo modo, quindi, la cosa d'arte passa al soggetto pubblico e diventa di proprietà pubblica. Si tratta, quindi, di un diritto sanzionatorio, finalizzato a garantire la corretta conservazione del bene, perciò, questo FINE giustifica il MEZZO (rimozione coatta).

2. Il diritto o potere di prelazione dello Stato, ovvero, una sorta di diritto di precedenza che lo Stato ha di appropriarsi (anche in maniera coatta) della cosa d'arte appartenuta al singolo, in caso di un negozio giuridico (o quando lo ritengono necessario). Quindi, questo diritto consente allo Stato di intervenire in PRIMA PERSONA nella limitazione del Diritto

diProprietà Privata e la cosa acquisita, diventa, quindi, di proprietà pubblica. 3. Vincoli ed obblighi che il proprietario deve rispettare, limitando, quindi, la facoltà di godimento del bene: l'obbligo di denuncia in caso della trasmissione della proprietà e il divieto di alterare, modificare, distruggere e restaurare la cosa, senza aver ricevuto l'autorizzazione del Ministero. Inoltre, garantisce la tutela effettiva e concreta dei beni: 1. individuando chiaramente l'oggetto di tutela (tutte le cose, mobili ed immobili, di interesse storico, artistico, archeologico, numismatico, archivistici - codici, libri manoscritti e antiche incisioni- , salvo cose realizzate da autori ancora in vita o risalenti ad oltre cinquant'anni). 2. Stabilendo la proprietà dello Stato dei ritrovamenti fortuiti 3. Applicando l'inalienabilità sulle cose pubbliche. Rispetto alla Legge Nasi, l'esigenza pubblica e collettiva di tutela e valorizzazione.

Delle cose d'arte, prevale sull'interesse del privato. Questo aspetto innovativo della Legge Rosadi si lega a dei cambiamenti importanti che avvengono in questo periodo, all'emergere delle forze politiche Progressiste presenti in Parlamento (portavoce del proletariato) e ad una maggior maturazione e consapevolezza dell'idea che il diritto di proprietà privata possa essere limitato. La Legge Rosadi, inoltre, ha stabilito una vera e propria linea di continuità nella disciplina di legislazione e di tutela, perché il suo contenuto è stato poi ripreso (e perfezionato) nella Legge Bottai ed è confluito, quindi, nel Codice dei Beni culturali del 2004, confermato dalla presenza del regolamento del 1913 della Legge Rosadi.

1939 LEGGI BOTTAI, voluta dal Ministro dell'educazione Nazionale Giuseppe Bottai, che chiede a due commissioni di giuristi di elaborare due progetti di legge, finalizzati alla tutela tutela del BELLO, sia naturale, sia artificiale.

per essere approvate in Parlamento. Riprende e perfeziona il contenuto della Legge Rosadi.

Questi due progetti di legge sono:

  1. La tutela delle bellezze artistiche, n. 1089, che ha disciplinato le cose d'arte nell'ordinamento Italiano per oltre sessant'anni, fino all'elaborazione del testo unico del 1999 (resta come base, scheletro o ossatura in vigore con i suoi contenuti, ma cambia l'involucro esterno). Tuttavia, proprio perché fu elaborata da giuristi e tecnici di impostazione liberale, questa legge conserva (apparentemente) un impianto centralistico e difensivista, che prevede una leggera riespansione del Diritto di Proprietà Privata. Ciò si nota da alcuni provvedimenti, che, purtroppo, avvantaggiano i privati, come:
  2. Autorizzazione dello Stato di poter vendere le cose d'arte al privato, che deve essere rilasciata dal Ministro.

Percorso non più unidirezionale: Lo stato proprietario può decidere di vendere le cose

d'arte al privato. Riduzione dei tempi per lo Stato per esercitare il Potere di Prelazione e solo per i beni privati di "interesse culturale particolarmente elevato e prestigioso" (quindi pochi), a vantaggio dei privati. Mentre il range d'azione per le cose pubbliche era molto più vasto, dato che bastava anche solo il "semplice interesse" non così pregiato. Divieto di esportazione NON assoluto, ma RIMOVIBILE con autorizzazione del Ministro, sia per le cose di interesse pubblico, sia privato, e RIDUZIONE della tassa di esportazione, ovviamente a vantaggio dei privati. Al tempo stesso, rafforza i poteri di ingerenza e di controllo dello Stato, che inizia ad applicare un regime vincolistico delle facoltà legate al diritto di proprietà del singolo. (sensibilità moderna). Ciò è testimoniato dal Diritto di Ispezione conferito allo Stato, ovvero, dal diritto di poter intervenire in prima persona, ispezionando.

Controllando se il proprietario si stia veramente curando del corretto mantenimento dello stato e delle condizioni della cosa in suo possesso. Quindi, lo Stato (interesse pubblico) impone degli obblighi e dei vincoli (inerenti al corretto mantenimento del bene) al proprietario, che è tenuto a rispettarli. Questi vincoli sono giustificati, ovviamente, dal fine, l'interesse pubblico (tutela e valorizzazione del bene). Per cui, anche se rimane proprietario della cosa, le sue facoltà di godimento vengono COMUNQUE LIMITATE e l'interesse pubblico finisce per PREVALERE su quello privato.

Di conseguenza, questo regime vincolistico dimostra l'interesse da parte dello Stato non più solo per la tutela e la conservazione della cosa, ma anche a garantire la VALORIZZAZIONE e, quindi, la fruizione collettiva del bene.

In sostanza, la Legge Bottai, da una parte avvantaggia i privati, dall'altra conferisce più potere allo Stato.

  1. Tutela delle Bellezze
paesaggistiche e naturali. N. 1487 Purtroppo, la Legge Bottai non venne subito applicata esperimentata concretamente, in seguito allo scoppio repentino della Guerra e nell'immediato dopoguerra, si rivelò totalmente inadeguata. La sua applicazione venne così rinviata e ripresa (costituzionalizzata), anni più tardi, dall'articolo 9 comma 2 della Costituzione del 1948. L'ARTICOLO 9 DELLA COSTITUZIONE DEL 1948, infatti, prevede L'OBBLIGO DI TUTELA DEL PATRIMONIO STORICO ARTISTICO E AMBIENTALE, collocato, addirittura, tra i principi fondamentali della Costituzione (e questo costituisce il massimo riconoscimento istituzionale possibile). Quindi, riprende il contenuto della Legge Bottai o lo costituzionalizza o eleva a Costituzione (aspetto che viene ripreso dalle Costituzioni Europee che si sviluppano parallelamente), soprattutto per il fatto di mantenere separate, ma all'interno di un unico ordinamento, le bellezze artificiali e quelle naturali. Quindi, alla fine,

Il contenuto normativo rimane sempre lo stesso, ma cambia la cornice normativa, decisamente più elevata. Questa "elevazione a costituzione" della Legge Bottai e, quindi, questo cambiamento di cornice, comporta l'estensione dell'obbligo di tutela all'intera Repubblica: quindi, non è più solo obbligo del Legislatore, ma anche degli Enti Pubblici, come le Regioni, alle quali vengono conferite competenze legislative anche in campo culturale. I relatori, però, di fronte a questa maggior autonomia delle Regioni, temono che queste possano raggiungere una condizione di esclusività culturale e, quindi, cercano di rafforzare le competenze culturali dello Stato.

Da "cosa d'arte" a "beni culturali": il merito del Diritto Internazionale. È proprio la Convenzione dell'Aja del 1954 (seguita da quella di Parigi dello stesso anno e da quella dell'UNESCO del 1974), a coniare e a conferire per la primissima volta una

La dignità normativa si riferisce alla nozione di "Beni Culturali". Si tratta, infatti, di un accordo o trattato internazionale, stretto tra gli Stati sovrani, che sancisce l'obbligo di tutelare i "Beni culturali" in caso di nuovi conflitti armati. È finalizzato, quindi, a tutelare e preservare i beni nel caso in cui si fossero scatenati nuovi conflitti bellici e gli Stati membri, quindi, si promettono di proteggerli e non rovinarli.

Dal diritto Internazionale, l'ordinamento italiano riprende la nozione di Beni Culturali (lo stesso art. 9 della Costituzione parla ancora di Patrimonio storico artistico e non di bene culturale, inizia ad essere utilizzata solo nel 1967).

Anni 60: Impostazione della legge Bottai inizia ad essere considerata e vista come limitata. Adozione di una Convenzione Internazionale (accordo o trattato internazionale tra Stati sovrani).

1967: Si istituisce una Commissione di parlamentari o Commissione Franceschini, una semplice commissione di studio.

che si limita a studiare la materia delle cose d'arte, persuggerire interventi che il legislatore, in futuro, avrebbe dovutoeffettuare. Questa commissione introduce una grandissima novità: ritiene necessario sostituire alla NOZIONE "cosa d'arte" una nuova NOZIONE "BENE CULTURALE", capovolgendo totalmente la prospettiva di tutela. Questo perché i beni culturali hanno un valore totalmente differente dalla cosa d'arte: Per cosa d'arte, infatti, si intende il bello (artificiale o naturale) e, quindi, il suo valore dipende totalmente dalle sue qualità estetiche. Quindi, la nozione "cosa d'arte" implica inevitabilmente un approccio estetizzante ed elitario all'oggetto di tutela, che si concentra solo sul suo valore estetico e si preoccupa, quindi, solo della sua

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Publisher
A.A. 2019-2020
21 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/09 Istituzioni di diritto pubblico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Vienna26 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di legislazione dei beni culturali e dello spettacolo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Mabellini Stefania.