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CAPITOLO 4 – FRUIZIONE E VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI, MOSTRE ED
ESPOSIZIONI
Il Codice dedica gli articoli dal 101 al 127 al problema della fruizione e valorizzazione dei beni
culturali, e ha supplito ad alcune lacune del Testo Unico, che si era occupato del rapporto tutela-
valorizzazione, ignorando il profilo della fruizione, cioè di quella attività istituzionale di cui
l’amministrazione pubblica deve occuparsi quotidianamente e che si colloca tra le funzioni di
tutela e quelle di valorizzazione. Nell’articolo 101 vengono fornite le definizioni tecniche di museo,
biblioteca, parco archeologico, area archeologica, cioè le istituzioni museali e espositive che
rappresentano i luoghi della cultura in cui si svolge l’attività di fruizione collettiva. L’articolo 104
disciplina l’attività di fruizione di beni di proprietà privata.
Il Codice agli articoli 48 e 66 disciplina le condizioni per il prestito di beni culturali destinati a
mostre e esposizioni nel territorio nazionale e la materia dell’uscita temporanea di beni culturali
dal territorio nazionale per la partecipazione a manifestazioni mostre e esposizioni all’estero. La
legge stabilisce che i beni di proprietà dello Stato o enti e istituti legalmente riconosciuti possono
essere inviati all’estero per esposizioni o mostre solo se si tratta di mostre e esposizioni di alto
interesse culturale. Il Ministero per i beni e le attività culturali che riceve la domanda può negare o
rilasciare l’assenso e in caso positivo deve dettare le prescrizioni necessarie. L’esportazione
temporanea era in passato legata a termini molto brevi, non più di 6 mesi, termine che si poteva
prorogare solo una volta. Il termine passò poi da 6 mesi a un anno. Non tutte le opere possono
essere esportate all’estero per mostre e deve essere sempre attentamente verificato l’effettivo
stato di conservazione del bene richiesto e le condizioni sono analoghe per i beni di proprietà
privata. Non possono essere esportati beni che rappresentano il fondo principale di un museo,
galleria, archivio o biblioteca. Sono note le polemiche che accompagnarono in passato il divieto
di esportazione all’estero, precisamente negli Stati Uniti, dei Bronzi di Riace: le ragioni si
basavano sui rischi immanenti di lesioni e danneggiamenti ai quali erano esposte le statue, rese
fragili dopo un restauro che aveva comportato lo svuotamento del materiale calcareo al loro
interno, con conseguente modifica del peso originario e condizioni di equilibrio. Le opere da
considerare più delicate e soggette a maggiori rischi a causa di trasferimenti sono i dipinti su
tavola e le opere di grandi dimensioni, a cui seguono le opere in bronzo, ceramica e marmo.
Quelle meno a rischio sono le opere su tela.
In base alla disciplina prevista dall’articolo 71 del Codice il soggetto privato che intenda esportare
all’estero un bene culturale di sua proprietà deve chiedere l’autorizzazione indicando il
responsabile della custodia all’estero. Sotto il profilo sanzionatorio qualora il soggetto privato che
abbia ottenuto l’autorizzazione all’esportazione temporanea per mostre o esposizioni non ne curi
il rientro entro i termini prescritti subirà le sanzioni previste dall’articolo 174 e sarà anche soggetto
alla sanzione amministrativa prevista dall’articolo 163 che prevede il pagamento allo stato di una
somma pari al valore del bene perduto.
CAPITOLO 5 – CIRCOLAZIONE DEI BENI CULTURALI
Per quanto riguarda la disciplina delle esportazioni il legislatore del 1972 introdusse una modifica
con la sostituzione dell’articolo 35 con un decreto legge che recita che è vietata nei casi in cui
costituisca danno per il patrimonio storico e culturale nazionale l’esportazione dal territorio della
Repubblica delle cose di cui all’articolo 1, recepita nell’articolo 65 del Testo Unico che diceva che
è vietata se costituisce danno per il patrimonio storico e culturale nazionale, l’uscita dal territorio
della Repubblica dei beni indicati all’articolo 2 e 3. L’articolo 69 faceva riferimento ai mezzi
pubblici aventi più di 75 anni che possono uscire temporaneamente dal territorio nazionale per
mostre e raduni. L’articolo 65 del Codice ha introdotto una novità, affermando il principio che
l’uscita delle cose contemplate dall’articolo 11 (opere di pittura, scultura, grafica, oggetto d’arte di
autore vivente o esecuzione non oltre 50 anni) non è soggetta ad autorizzazione, inoltre sul
soggetto interessato incombe l’onere di comprovare che le cose da trasferire sono opere di
autore vivente o non oltre 50 anni.
Il sistema precedente alla riforma del 1972 che caratterizzava la disciplina delle esportazioni dei
beni culturali, prevedeva la presentazione del bene culturale all’ufficio esportazione al fine di
ottenere l’autorizzazione e cioè la licenza previo pagamento di un’imposta correlata al valore
dichiarato del bene. Lo Stato poteva acquistare il bene al prezzo dichiarato, esercitando il diritto
di acquisto coattivo all’esportazione. Se il Ministero esercitava il diritto di acquisto, il privato
poteva contestare il prezzo proposto dall’Amministrazione. Nel momento in cui lo Stato intendeva
esercitare il diritto d’acquisto, non poteva imporre al privato di accettare il pagamento ne del
prezzo dal medesimo privato dichiarato, ne del prezzo indicato dall’Amministrazione. Nel caso in
cui il privato avesse rinunciato all’esportazione, il bene non usciva dal territorio nazionale: il
privato ne riprendeva la disponibilità e l’Amministrazione non poteva più acquisirlo.
Le frontiere europee sono state liberalizzate dal 1 gennaio 1993. La nostra legislazione nazionale
di tutela dovrebbe consentire agli operatori, tecnici e amministrativi, e ai giuristi di poter risolvere
la maggior parte delle questioni connesse alla gestione del nostro patrimonio, sotto il profilo del
modo di proteggere e valorizzare i beni pubblici e del modo di assicurare la conservazione e
tutela anche dei beni privati: la legislazione italiana ad esempio contempla l’istituto
dell’espropriazione, riferibile ai beni mobili e immobili. In Inghilterra i monumenti antichi sono
tutelati da una legge del 1913. I reperti archeologici sono assegnati al privato, al proprietario del
terreno laddove in Italia il bene archeologico rinvenuto nel sottosuolo è di proprietà dello Stato. In
Francia è analogo all’Inghilterra, viene riconosciuta la proprietà privata dei beni rinvenuti, ripartita
eventualmente tra proprietario e rinvenitore. Solo per i ritrovamenti sott’acqua, essendo il mare di
proprietà statale, i beni appartengono allo Stato salvo che entro tre anni non si faccia vivo il
proprietario. Nel Lussemburgo lo Stato può solo espropriare il terreno quando vi abbia interesse e
può rivendicare i reperti fortuiti o di scavo solo dietro pagamento di un’indennità al proprietario. In
Belgio non esiste nessuna normativa che faccia cenno specifico a scavi archeologici e antichità,
in quanto la legge sulla conservazione dei monumenti e dei siti si limita a chiarire che,r
relativamente a lavori di scavo aventi come scopo il rinvenimento o esame di monumenti, tali
lavori devono essere autorizzati dal Ministro della cultura. In Spagna per quanto riguarda gli scavi
archeologici il sistema è simile a quello italiano.
La legge 84 precisa che non sono assimilabili a merci tutti quei beni culturali che siano elementi
costitutivi dell’identità culturale della Nazione. Non si deve ritenere che l’abolizione delle frontiere
significhi abolizione dei controlli: se un bene notificato viene spedito illecitamente, non ci sarà un
ufficiale di dogana che accerti la circostanza e impedisca l’uscita del bene, ma il fatto resterà
comunque vietato e l’autore passabile di subire gli effetti sanzionatori stabiliti dal Paese dal quale
il bene è uscito.
L’articolo 71 del Codice introduce un’importante novità, rappresentata dal ripristino di una norma
che era già contenuta nella legge 1089 e che il Testo Unico aveva soppresso: si tratta della
norma concernente l’istituto dell’uscita temporanea di beni culturali dal territorio nazionale; la
norma prevede l’obbligo, per il soggetto che intende esportare, di fare denuncia e presentarli
all’Ufficio Esportazione indicando per ciascun bene il valore venale e il nominativo del
responsabile della sua custodia nel Paese verso il quale è diretto, al fine di ottenere un attestato
di circolazione temporanea, che indica il termine per il rientro del bene, prorogabile a richiesta
dell’interessato, ma che non può superare 18 mesi dall’uscita del bene. Qualora l’attestato venga
rifiutato, l’interessato può proporre ricorso amministrativo al Ministero per motivi di legittimità e
merito. L’articolo 72 del Codice stabilisce che l’importazione da un Paese terzo o la spedizione da
un Paese dell’UE in Italia di beni culturali che non siano opera di autore vivente e la cui
esecuzione risalga oltre 50 anni, deve essere certificata dall’Ufficio Esportazione.
CAPITOLO 6 – INCENTIVAZIONI E AGEVOLAZIONI DI NATURA FISCALE NEL SETTORE DEI
BENI CULTURALI
Il legislatore nazionale ha all’attenzione l’esigenza di contemperare gli obblighi di natura discale,
correlati e derivanti dall’articolo 53 della Carta Costituzionale, con le esigenze connesse alla
tutela e valorizzazione del patrimonio culturale. Il primo importante esempio di articolata
normativa del settore è rappresentato dalla legge 512, che ha introdotto un regime fiscale
agevolato per i beni d’interesse culturale. Era destinata a mutare l’atteggiamento che lo Stato
italiano ha avuto nei confronti del patrimonio culturale e artistico del Paese.
Gli articoli 6 e 7 della 512 prevedono la possibilità per i debitori di imposte dirette o di
successione, di offrire allo Stato, in pagamento totale o parziale delle imposte, beni di interesse
culturale di corrispondente valore. Il procedimento previsto viene attivato dalla presentazione al
Ministero della proposta di cessione sottoscritta dal soggetto proponente, corredata da una
descrizione dettagliata del bene che si intende offrire in cessione, nonché dalla documentazione
idonea a identificare i beni stessi e le rispettive caratteristiche culturali. Per la determinazione
delle condizioni e del valore dei beni è previsto l’intervento di una commissione presieduta dal
Ministro per i beni e le attività culturali o da un suo delegato.
Qualora il Ministero decida di accettare la proposta, il decreto che contiene la dichiarazione
dell’interesse dello Stato all’acquisto del bene e determina le condizioni e il valore della cessione,