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Possono essere rintracciati però alcuni problemi tra questi possiamo riscontrare:

a) Desiderabilità sociale: porta a rispondere in modo conformistico, secondo ciò che

presumibilmente ci si aspetta, ciò che è socialmente accettato;

b) Acquiescenza: tendenza ad essere d’accordo, a ritenere che tutto sia importante,

risolvibile attraverso l’uso di scale del tipo best-worst (scegliere item migliore e peggiore);

c) Tendenze sistematiche: riguardano un bias che conduce a dare costantemente risposte

estreme o ad utilizzare sempre il punto centrale.

La scelta degli specifici strumenti quindi varia in base agli obiettivi di ricerca, dall’uso che si intende

fare dei punteggi, dall’approccio teorico abbracciato dallo studioso oltre che dalle sue competenze

e preferenze sulle diverse tipologie di strumento.

È possibile operare una distinzione tra processi motivazionali e processi di volontà. I primi si

riferiscono alla formazione di intenzioni e il focus è sulla scelta e sulla selezione fra comportamenti

alternativi. I secondi si riferiscono alla loro implementazione e il focus è sulla realizzazione delle

intenzioni. A questo proposito è stato sviluppato un modello denominato Rubicone, tale modello

presuppone l'esistenza di un momento in cui, dopo un più o meno lungo soppesare di intenzioni, si

passa alla fase attuativa in cui al primo comparire delle condizioni adatte, si agisce. Il tutto termina

con un momento di valutazione che può aiutare nelle successive fasi di rimotivazione e di scelta.

La motivazione non è quindi un semplice fluire di elementi. L'attuazione di ciò verso cui siamo

motivati si scontra con la fatica della realizzazione, ragion per cui diventa tipico il ritornare sulle

proprie scelte, anziché il perseguire con impegno e forza di volontà i propri obiettivi. Servono a

volte importanti “atti di volontà” e processi di “schermatura” per controllare che stiamo

perseguendo davvero i nostri obiettivi, risulta quindi cruciale mantenere la motivazione. Per fare

ciò l'impegno nel vincere le distrazioni è importante ma non basta, serve conoscere le nostre

motivazioni e sapere quali sono i nostri obiettivi. Si tratta quindi di aspetti di conoscenza e di

controllo del processo motivazionale, importanti in quanto vanno a costruire la metamotivazione

ovvero l'insieme di conoscenze e di processi di controllo di cui ognuno di noi dispone per regolare

le proprie motivazioni e che si alimenta con l'esperienza e con ciò che abbiamo saputo trarne.

L'insieme dei costrutti motivazionali può essere racchiuso in due filoni denominati il “perché” e il

“per che cosa” del comportamento. Il “perché” si riferisce all'orientamento controllato

dall'esterno in cui la persona si sente costretta o comunque guidata ad assumere certi

comportamenti o all’ orientamento autonomo che si caratterizza per la presenza di motivazione

intrinseca, favorisce l’iniziativa personale e riguarda l’origine della nostra motivazione, il “per che

cosa” si riferisce all'obiettivo di tipo intrinseco ( che portano a esprimere benessere e bassi livelli

di ansia o depressione) o estrinseco (che riducono la percezione di benessere e conducono ad

un’enfasi eccessiva sul confronto sociale) e riguarda specifici contenuti. A questi due filoni è

possibile aggiungere il “per chi” del nostro comportamento motivato. Possiamo agire ed essere

motivati per noi stessi o per gli altri, ma possiamo anche evitare nell'ottica di soddisfare noi stessi o

agli altri. Vi possono essere dei casi in cui si genera conflittualità per cui se scegliamo noi stessi

possiamo non agire secondo quanto gli altri si aspettano da noi, se invece scegliamo di essere la

persona che gli altri hanno pensato per noi rinunciamo a realizzare le nostre aspirazioni, ma

soddisfiamo altri bisogni, per esempio quelli di sicurezza e di relazione con gli altri. Ogni scelta

comporta una rinuncia ma, se scegliamo di soddisfare gli altri il rischio è di rinunciare a sé stessi, a

un livello estremo la tendenza a “fare per gli altri” può condurre a sviluppare un “Falso Sè”, ovvero

a rispondere a l'immagine di sé che gli altri hanno o hanno avuto di noi. La conseguenza più

marcata consiste nella rinuncia della propria realizzazione.

Importante è fare riferimento a due visioni del fenomeno motivazionale: omeostatica e non

omeostatica. L'omeostasi può essere definita come lo stato finale cui tende il comportamento

motivato. nel momento in cui, quindi, sopraggiunge un impulso la persona non è tranquilla finché

questo non è soddisfatto. La motivazione quindi sarebbe quella di soddisfare un bisogno (stato di

tensione) per poi tornare a uno stato di quiete. Altre teorie sostengono invece che il

comportamento motivato discende non tanto dalla riduzione della tensione, ma dalla ricerca della

stimolazione. Le persone hanno bisogno di essere motivate, di esplorare l'ambiente, di trovare

stimoli che le entusiasmano. Grazie ad alcuni studiosi si è potuto concludere che le persone

sentono un forte bisogno di stimolazioni e sono motivate a fare qualcosa nel momento in cui si

trovano in un ambiente privo di qualunque oggetto (deprivazione sensoriale).

2 Il termine “bisogno” richiama alla mente una necessità e una spinta, dal punto di vista

etimologico il concetto di prendersi cura. I bisogni quindi sono importanti forme di motivazione. Il

bisogno è strutturato come qualcosa che rompe uno stato di quiete e preme per essere

soddisfatto.

Facendo riferimento al bisogno è importante sottolineare il compito della psicologia della

motivazione che è quello di cogliere le componenti motivazionali insite nel bisogno, altrettanto

importante è anche il significato che quel bisogno riveste per la persona sia in termini di

importanza che di contenuto. Un assunto importante della teoria dei costrutti personali di Kelly e

che ad ogni termine assegniamo un significato personale, tale significato dipende dai nostri schemi

interpretativi e dal sistema unico di esperienze e di vissuti che ognuno di noi rappresenta. È

possibile inoltre osservare che una persona può manifestare in uno stesso momento una pluralità

di bisogni che premono per essere soddisfatti secondo delle priorità. Cosa succede però se non

soddisfiamo il nostro bisogno? Gli studiosi hanno individuato almeno due spiegazioni: la prima si

riferisce al rilascio di ormoni e all'attivazione neurofisiologica associata a certi stati motivazionali, la

seconda riguarda il benessere e la soddisfazione. Olds e Milner scoprirono che esiste un’area del

cervello che, se stimolata elettricamente, produce un'intensa esperienza di piacere e di

gratificazione. Attraverso lo studio di ratti inseriti in diverse condizioni sperimentali è stato possibile

rintracciare strutture cerebrali implicate nelle esperienze di piacere e di benessere. Anche alcuni

neurotrasmettitori funzionano da “catalizzatori del benessere”, rendendo motivanti le situazioni

che ne favoriscono il rilascio (tra questi ricordiamo la dopamina noto ormone implicato nei processi

emotivi e nel sistema simpatico). Esistono anche evidenze a sostegno del fatto che i motivi impliciti

una volta soddisfatti producono il rilascio di specifici ormoni che funzionano da rinforzo stimolando

a esercitare gli stessi motivi in futuro e quindi premendo per l’emergere di motivazioni (questi sono

la vasopressina, la norepinefrina, il testosterone, la dopamina e l’ossitocina). Per quanto riguarda

la relazione con il benessere, vi sono bisogni che hanno una funzione trasversale rispetto ad altri e

che una volta soddisfatti generano felicità, si tratta in particolare di quelli incentrati sulla

“percezione di controllo”. Maggiore è la percezione di controllo percepita nell’affrontare un

compito o una situazione migliore risulterà essere la motivazione, perché libera da forme di

emotività negativa (ansia) che sottraggono risorse cognitive e psichiche.

Vari autori hanno proposto varie classificazioni dei bisogni:

♦ McDougall ha esposto una lista di 18 propensities che hanno tre componenti: emotiva,

motivazionale e comportamentale. Tali componenti si riferiscono tanto a comportamenti a forte

base istintiva e pulsionale quando ad altri maggiormente legati all’apprendimento e ai processi

di socializzazione;

♦ Ford ha proposto una lista di 24 bisogni comporta da sei categorie: cognitivi, legati al sé,

affettivi, di relazione, di collaborazione e legati al lavoro.

Si tratta comunque di liste che contemplano un numero variabile di bisogni considerati come spinta

motivazionale importante. Il vantaggio di queste liste è quello di avere indicato l'esistenza di vari e

importanti bisogni. A questa prospettiva basata su liste, se ne contrappone un'altra, quelle delle

gerarchie. La gerarchia consente di individuare i bisogni da soddisfare per primi le di stilare un

eventuale ordine di importanza. Possiamo quindi identificare:

I bisogni primari sono quelli presenti nella nostra struttura biologica e in quella delle specie

inferiori, sono fondamentali per la sopravvivenza.

I bisogni secondari si distinguono dai primari perché vengono appresi e perché risultano essere

meno legati alla sopravvivenza fisica.

Istinti e pulsioni sono importanti fonti di bisogni primari, si tratta di motivazioni che conducono a

comportamenti automatici, che non sono frutto di apprendimento né di scelta personale. Alla base

delle teorie istintuali e delle pulsioni c'è un modello secondo il quale esiste un istinto che deve

essere soddisfatto o dell'energia pulsionale che preme per essere scaricata. È stata inoltre

evidenziata l'esistenza di reazioni a vuoto le quali testimoniano che i comportamenti istintuali non

hanno alla base un'anticipazione dello stato futuro, ovvero non vi è un obiettivo rappresentato

consapevolmente e potenzialmente accessibile, quindi determinati effetti finali vengono prodotti

senza essere stati previsti, ignorando lo scopo. Gli istinti per quanto somigliano alle pulsioni per la

loro base genetica se ne distinguono per un importante aspetto: gli stimoli chiave. Una reazione

istintuale è innescata dalla presenza di uno stimolo che provoca una sequenza comportamentale

stereotipata e rigida, uguale per tutta la specie. Una pulsione non necessita di stimoli chiave, è

indipendente dal contesto e può trovare soddisfacimento in comportamenti sempre differenti (si

differenziano per ogni individuo). La pulsione è una spinta interna, non un’attrazione da parte

dell’ambiente, esso semmai può risultare minaccioso; è per questo motivo che vengono innescati i

meccanismi di d

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Publisher
A.A. 2017-2018
31 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Giuggiola95p di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dell'educazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Ingrassia Massimo.