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Vygotskij e l'importanza del contesto socioculturale nello sviluppo cognitivo
Vygotskij sottolinea l'importanza del contesto socioculturale in cui avviene lo sviluppo. Lo sviluppo cognitivo è dunque principalmente un processo sociale ed è inteso come il risultato di tre aspetti: culturale, interpersonale e individuale.
L'importanza della cultura risiede nel fatto che Vygotskij consideri la natura umana come un prodotto sociale e storico, sostenuto da strumenti culturali i quali favoriscono determinati modi di pensare e consentono ai bambini di comprendere il mondo in modalità condivise con gli altri membri della società in cui vivono.
Secondo l'autore, lo sviluppo cognitivo, inizialmente frutto della mobilitazione di tendenze naturali, si avvale progressivamente dell'utilizzo di mediatori culturali, la cui funzione è di supporto esterno nella risoluzione di problemi. Attraverso l'interiorizzazione di tali strumenti si passa da processi mentali elementari, che l'autore chiama memoria naturale.
attenzione spontanea, a processi più complessi quali la memoria logica, l'attenzione volontaria e il ragionamento concettuale. Gli aspetti interpersonali descrivono meccanismi attraverso i quali la cultura viene trasmessa ai bambini nei contatti con persone più competenti; in presenza di adulti più esperti, i bambini riescono a funzionare a un livello più elevato rispetto a quando lavorano da soli. La differenza tra le prestazioni congiunte o isolate viene detta zona di sviluppo prossimale. Il contributo del singolo bambino al processo di apprendimento è stato riconosciuto da Vygotskij, tuttavia egli ha dedicato a questo aspetto un'attenzione limitata: egli, infatti, non ha approfondito il modo in cui fattori come età e individualità influenzino il corso dell'apprendimento cooperativo. Questo è il limite più evidente della teoria vygotskijana. Tuttavia il valore della teoria di questo autore consiste
soprattutto nel considerare i bambini nel contesto del loro ambiente socioculturale e di non vederli come unità isolate. La scoperta del neonato come individuo con competenze percettive ha portato ad assumere l'esistenza di un nucleo di conoscenze innato e specifico per ciascun dominio di conoscenza. L'approccio dell'elaborazione dell'informazione allo studio dello sviluppo sostiene la tesi innatista, in quanto assume l'esistenza fin dalla nascita di meccanismi cognitivi elementari, intesi come prodotto dell'evoluzione; ciò che si modificherebbe durante lo sviluppo sarebbe la natura della rappresentazione alle quali tali processi sono applicati. Secondo i modelli innatisti-modulari, la cognizione umana è il diretto risultato dei processi attraverso i quali la specie si è adattata all'ambiente nel quale si è evoluta nel corso della filogenesi. Tali processi avrebbero portato alla comparsa dei moduli di conoscenza innati.Ipotizzata da Fodor (1983) e Spelke (1990). Secondo questa teoria, l'organizzazione neurale e funzionale della cognizione umana è il frutto dell'espressione dei geni. Il cambiamento cognitivo sarebbe così dovuto a processi di maturazione del cervello, a loro volta sotto controllo genetico, in quanto l'esperienza ha soltanto il ruolo di accelerare o decelerare l'andamento di tali processi. Nel corso degli anni Novanta, con l'emergere delle neuroscienze cognitive dello sviluppo, le quali attraverso metodi di indagine innovativi quali, ad esempio, le neuroimmagini, si propongono di studiare le relazioni tra sviluppo cerebrale e sviluppo dei processi cognitivi, la prospettiva innatista ha destato sempre maggiore insoddisfazione tra gli studiosi. Con la scoperta della plasticità del cervello, infatti, si è potuta osservare l'elevata flessibilità e adattabilità della corteccia cerebrale, grazie alla capacità dei
I circuiti neurali sono in grado di modificare la propria struttura e riorganizzarsi continuamente in funzione dei cambiamenti delle condizioni ambientali. Il fenomeno della plasticità cerebrale dimostra che lo sviluppo cerebrale e cognitivo non sono dovuti soltanto a processi maturativi, ma sono profondamente influenzati dall'esperienza. Lo sviluppo dei circuiti cerebrali è influenzato sia dall'ambiente interno al sistema (gli altri circuiti cerebrali, le cellule e le molecole) che da quello esterno, che include l'ambiente specie-specifico e quello individuale. Attraverso le interazioni tra processi maturativi ed esperienza, nel corso dello sviluppo l'attività cognitiva diviene sempre più complessa e specializzata, grazie al crescente livello di organizzazione e specializzazione dei circuiti cerebrali. Questo processo di crescente specializzazione dei circuiti cerebrali viene chiamato modularizzazione. All'interno dell'approccio delle
inibitori sulle unità di elaborazione a cui è collegata. Le connessioni tra le unità di elaborazione possono essere pesate, cioè possono avere un valore che indica l'intensità dell'effetto che una unità di elaborazione ha sull'altra. Le reti neurali sono in grado di apprendere dai dati di input e di adattarsi alle informazioni che ricevono. Questo processo di adattamento avviene attraverso l'aggiustamento dei pesi delle connessioni tra le unità di elaborazione. In questo modo, le reti neurali sono in grado di apprendere e di migliorare le loro prestazioni nel tempo. L'approccio connessionista si basa sull'idea che il funzionamento della mente sia il risultato dell'interazione tra le unità di elaborazione e le connessioni tra di esse. Questo approccio si differenzia dall'approccio cognitivista, che considera la mente come un sistema di elaborazione delle informazioni simile a un computer. Le reti neurali sono state utilizzate per modellare una vasta gamma di fenomeni cognitivi, come il riconoscimento di pattern, l'apprendimento associativo, la memoria e l'elaborazione del linguaggio. Questi modelli hanno contribuito a migliorare la nostra comprensione del funzionamento della mente e del cervello umano. In conclusione, l'approccio connessionista delle neuroscienze cognitive utilizza le reti neurali per simulare l'architettura e il funzionamento della mente. Questo approccio si basa sull'idea che il funzionamento cognitivo sia il risultato dell'interazione tra le unità di elaborazione e le connessioni neurali.inibitori sulle altre. Diverse unità dielaborazione comunicano tra di loro attraverso connessioni, che possono anch’esse essere inibitorieo eccitatorie. Nella maggior parte delle reti neurali le unità di elaborazione sono organizzate instrati. Il tipo più comune di rete è composta da uno strato di input, uno o più strati di unità nascoste,da uno strato di output e da un certo numero di connessioni. Lo strato di input riceve leinformazioni dall’ambiente esterno e quindi simula i recettori sensoriali del sistema nervoso. Lostrato di output simula i neuroni motori che permettono di manifestare il comportamento di rispostaall’input. Gli strati nascosti consentono la trasformazione delle informazioni provenienti dagli stratidi input nel comportamento eseguito dagli strati di output. Diversamente dai modelli cognitivisti,che prevedono un’elaborazione sequenziale delle informazioni, i modelli connessionistipresuppongono
un’elaborazione parallela dell’informazione, come accade nel sistema nervoso:l’operazione di attivazione del singolo neurone è relativamente lenta, ma grazie all’alto numero diinterconnessioni tra gli elementi, il sistema nervoso può operare con grande velocità. Questevelocità sono possibili grazie all’attivazione in parallelo di numerosi neuroni. Questi modelli sonoanche conosciuti come modelli di elaborazione distribuita in parallelo (PDP, parallel distribuitingprocess). Ciascuna unità di elaborazione della rete neurale possiede una soglia di attivazione, e siattiva solo se questa soglia viene superata; una volta superata la soglia, l’attivazione dell’unità dielaborazione non aumenta all’aumentare del numero di input, proprio come accade alle cellule disistema nervoso centrale (meccanismo del “tutto o nulla”). Per quanto riguarda l’attivitàrappresentativa nelle reti neurali,
di un dado); la rappresentazione distribuita si può inoltre attivare anche in presenza di una rilevazione incompleta o parziale di un oggetto (ad esempio riesce a riconoscere un oggetto parzialmente occluso). Quanto appena detto implica che il danneggiamento o la rimozione di alcune unità della rete comportino una riduzione parziale dell'attivazione di una rappresentazione, piuttosto che una totale mancanza di funzionamento come accade nel caso di una rappresentazione simbolica. Secondo il connessionismo classico, per spiegare lo sviluppo non occorre ipotizzare la presenza di componenti innate, né a livello di rappresentazioni né a livello di architettura di base. Si tratta quindi di una posizione anti-innatista. Recentemente, tuttavia, alcuni modelli connessionisti assumono l'esistenza di predisposizioni nell'architettura di base il cui ruolo può essere paragonato alle predisposizioni innate che guidano lo sviluppo. E' possibile in
questi approcci simulare come la presenza di capacità innate possa plasmare l'apprendimento di un certo comportamento o l'emergere di una certa abilità. In questa ottica, i fattori innati e quelli appresi avrebbero un ruolo bidirezionale. L'emergere di nuove strutture infatti è il risultato sia di una certa configurazione iniziale sia delle informazioni ambientali alle quali questa configurazione è esposta. Questa visione, inoltre, permette di rivalutare i periodi critici ossia periodi di tempo in cui la rete deve disporre di alcune informazioni ambientali affinché si manifesti nella maniera migliore una capacità cognitiva o percettiva. Un esempio a sostegno dell'esistenza dei periodi critici sono gli studi di Newport sui bambini non udenti ai quali viene insegnato il linguaggio dei segni: esso viene appreso molto meglio se insegnato precocemente piuttosto che in età adulta. I limiti del connessionismo risiedono nelrappresentazione esplicita che gli esseri umani sono in grado di comunicare e comprendere. Le reti neurali sono composte da un insieme di nodi interconnessi, chiamati neuroni artificiali, che lavorano insieme per elaborare informazioni e apprendere dai dati di input. Tuttavia, a differenza del cervello umano, le reti neurali mancano di una struttura anatomica e di una comprensione concettuale del mondo. Pertanto, le reti neurali sono considerate un modello teorico e non possono essere utilizzate come strumento di indagine empirica.