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CONTESTI INTERATTIVI
Che cos’è la mente per Bateson?
In analogia con gli ecosistemi, la mente per Bateson è un insieme interconnesso, evolutivo e
autocorrettivo di parti interagenti. 5
Bateson considera l’esempio di un individuo che sta abbattendo un albero con un’ascia: ogni colpo
viene modificato e corretto in base all’intaccatura lasciata sul tronco dal colpo precedente.
La mente non è qualcosa di racchiuso dentro i confini dell’individuo, ma un processo policentrico in cui i
diversi centri sono in relazione reciproca.
Siamo soliti pensare “io taglio l’albero”, come se esistesse un io delimitato che compie un’azione
finalistica e ben delimitata su un oggetto anche esso delimitato.
Si tratta di quella che Bateson definisce superstizione soggettivistica che, al pari della superstizione
oggettivista, deve essere superata.
Ogni pensiero, senza smettere di essere mio, scaturisce dal mio essere parte di un processo
mentale più ampio.
Come dice Girard, ogni azione umana rappresenta il segmento di un processo di mutuo
rispecchiamento, di incessante imitazione reciproca (mimesi o desiderio mimetico).
Girard e il principio mimetico
Girard interpreta le relazioni umane come relazioni di reciproca e incessante imitazione: ciascuno
assume l’altro, anche a livello inconscio, come modello a cui tendere.
L’imitazione a cui si riferisce Girard non deve negativamente essere contrapposta all’originalità e
all’autenticità di ciascuno, ma deve essere intesa in senso più ampio, come categoria che ci aiuta a dare
un senso all’avventura umana.
Girard afferma che non ci sarebbe l’uomo, né trasmissione culturale senza mimesi.
Nella storia dell’uomo, l’imitazione è stata spesso connotata negativamente, perché si è posto l’accento
sul contemporaneo timore e desiderio di perdersi nell’abbraccio con ciò che ci assomiglia, di dissolversi
nell’altro che ci sta di fronte e che si avverte simile a noi.
Per lungo tempo, una serie di tabù, miti e riti ci hanno protetto da questa vertigine.
La tragedia greca e soprattutto il cristianesimo hanno prodotto un profondo cambiamento
antropologico, grazie al quale si è svelato il lato meraviglioso della possibilità di riconoscersi gli uni gli
altri, orizzontalmente, nella nostra comune umanità.
Il riconoscimento di questo tratto della condizione umana non comporta la negazione di ogni “originalità”
individuale, ma piuttosto implica la possibilità di metterla in gioco in stretta connessione con quella altrui.
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Girard individua due diversi stili mimetici:
1) quello di coloro che riconoscono il loro mimetismo e lo rispettano, individuandone pregi e difetti;
2) quello di coloro che rinnegano il mimetismo e privilegiano un’immagine dell’altro come
ostacolo alla propria originalità. L’altro viene trattato come rivale e si finisce per temere l’essere
secondo l’altro.
Rendere visibili le relazioni
Nell’opera di Bateson è riscontrabile il tentativo di ricercare e sperimentare un linguaggio in
grado di rendere visibili le relazioni.
Bateson distingue due forme di discorso ricorrenti:
a. dall’interno dell’io all’interfaccia ioaltro Bateson individua alcune parole (ad esempio,
orgoglio, istinto, aggressività, carattere, ecc.) che normalmente intendiamo indicative di caratteristiche
interne all’individuo e che vengono usate in modo non appropriato per spiegare le relazioni tra creature.
Ad esempio, per Bateson non è corretto spiegare il comportamento aggressivo rimandando ad una
generica aggressività istintiva che ciascuno si ritrova di dentro.
Spiegare l’aggressione come effetto della causa “aggressività” o il comportamento orgoglioso come
effetto della causa “orgoglio” è una tautologia che non spiega nulla.
Bateson parla in proposito di credenza dormitiva, riferendosi ad un episodio del “Malato immaginario”
di Molière: uno studente di medicina alla domanda circa le cause per cui l’oppio induce il sonno,
risponde: “Perché contiene un principio soporifero”, non spiegando di fatto nulla!
b. dare un nome alle relazioni Per Bateson non ha senso parlare genericamente di “orgoglio”,
“aggressività”, ecc. perché tutte queste parole assumono significato solo alla luce di ciò che accade tra
una persona e un’altra.
Tutte le parole che pronunciamo e le azioni che compiamo assumono significato solo se inserite in
cornici relazionali più grandi (contesti).
Ad esempio, soltanto definendo il contesto in cui l’azione avviene, uno schiaffo può risultare scherzoso o
offensivo.
Per Bateson si possono riconoscere due tipologiebase delle relazioni:
1. simmetria = forma di relazione basata su aspettative reciproche di uguaglianza;
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2. complementarietà = forma di relazione basata su aspettative reciproche di differenza.
Queste due forme di relazione si riferiscono ai tratti della coreografia che i “danzatori” della relazione
definiscono anche attraverso linguaggi non verbali (gesti, posture, toni di voce, ecc).
Nella relazione simmetrica i “danzatori” si comunicano reciprocamente il messaggio “io sono
uguale a te”, cioè si comunicano il riconoscimento reciproco, anche al di là del contenuto del
messaggio stesso.
E’ anche possibile che il messaggio sia di rivalità ostile, allora il significato è “io non sono da meno
di”. Se in una relazione simmetrica tra A e B, una parte accentua o indebolisce il messaggio di
uguaglianza, anche l’altra è indotta a fare altrettanto.
Nella relazione complementare i “danzatori” si rimandano reciprocamente il messaggio “io sono
diverso da te” (ciò avviene, ad esempio, nelle relazioni di autoritàobbedienza, dipendenzaassistenza,
orgoglioumiltà, ecc.). Anche in questo caso, se una parte della relazione accentua o indebolisce il
messaggio di differenza, anche l’altra parte è indotta a fare altrettanto.
Anche la più elementare delle nostre azioni prende forma attraverso grovigli comunicativi in cui si
intrecciano simmetrie e complementarietà.
Non c’è due senza tre
In modo automatico, siamo portati a pensare alla relazione come a un legame tra due soggetti (legame
diadico).
Secondo Bateson, invece, fuori dalla cornice di tale legame ci sono numerosi altri soggetti,
simultaneamente copresenti o anche solo ricordati, pensati o immaginati.
Per Bateson pensare è sempre interpensare, anche quando siamo soli, perchè il nostro linguaggio
interiore è costitutivamente un linguaggio sociale.
Ogni scambio comunicativo implica due piani relazionali distinti, ma legati tra loro:
1. il piano interattivo in senso stretto legato al rapporto facciaafaccia;
2. il piano simbolico che arriva a comprendere la vita intera delle persone coinvolte.
Grovigli tra litiganti
Manghi riporta lo stralcio di un’intervista a un medico il quale spiega che a volte si presentano dei
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pazienti che, ancora prima di dire che cosa hanno, chiedono al medico se si può fare una cosa o un’altra
perché hanno sentito dire che in un certo ospedale intervengono così.
Il medico afferma che gli verrebbe voglia di mandarli a quel paese, tuttavia cerca di agire per il loro
bene, anche se ciò comporta fatica psichica.
Considerando l’esempio citato possiamo individuare nel rapporto medicopaziente la seguente sequenza
interattiva:
A (paziente) si avvicina a B (medico) con aspettative complementari (io sono diverso da te: tu sei
medico e io il paziente);
il comportamento di A configura contemporaneamente una sfida simmetrica nei confronti di B (A si
comporta da medico, dicendo di saper cosa fare per curare il suo male);
B tenta con pazienza di riportare la relazione sul piano della complementarietà: cerca di spiegare la
situazione, come fa l’esperto col profano;
così facendo B risponde con una contromossa simmetrica alla sfida di A, cercando di fermare
l’invasione di campo.
Osserviamo che gli stessi comportamenti che ripristinano le condizioni di affidamentoaccudimento
(complementarietà) accendono le motivazioni conflittuali di ordine simmetrico.
Nella precedente interpretazione, il conflitto tra A e B ha per oggetto la relazione che lega i due soggetti.
E’ possibile interpretare il conflitto ricorrendo a principi diversi. Ad esempio, se si desse
un’interpretazione basata sui diritti delle parti, si potrebbe affermare che A difende il proprio diritto a
manifestare le proprie opinioni, mentre B quello al riconoscimento della propria professionalità.
Gli strani algoritmi del cuore
Gli esseri umani non sono coscienti di esercitare sottili abilità comunicative e relazionali, anche perché le
esercitiamo in forme che il linguaggio autocosciente non potrebbe esprimere.
Questo è il frutto dalla nostra condizione di mammiferi affettivamente eccessivi e intensamente
comunicanti.
Esercitiamo quindi le nostre abilità relazionali attraverso linguaggi emozionati ed emozionanti, attraverso
un flusso di segnali e nonsegnali reciproci, inaccessibili alla ragione della ragione, ma interpretabili
attraverso le ragioni del cuore. 9
Le ragioni del cuore (emozioni) sono regolate da registri comunicativi di ordine continuo, che
comportano un flusso incessante di segnali e controsegnali.
Le ragioni della ragione, invece, sono regolate da registri comunicativi di ordine discontinuo,
che tracciano continuamente differenze, contorni e discontinuità (sìno, internoesterno, causaeffetto,
emozionecoscienza).
Ogni tentativo di tradurre i segnali del primo tipo (quelli continui) in un registro del secondo tipo
(discontinuo) è destinato al fallimento.
Quando proviamo a raccontare un’emozione generiamo un messaggio che veicola qualcosa di
diverso dall’emozione originaria.
Le ragioni del cuore non possono essere dette, ma solo praticate.
L’emozione non è mai un evento che scaturisce dall’interno dell’organismo individuale, ma che
scaturisce dall’essere in relazione. E’ un evento interpersonale che accade sempre tra un soggetto e altri
soggetti nell’ambito di contesti sociali e culturali.
Per Bateson, la relazione precede, viene prima di ogni azione e ogni azione è contemporaneamente
relazione e viceversa.
Capitolo 3 IL PANE, IL VINO E LA COSCIENZA Patologie del conoscere
nell’”occidentale medio”
Marx in un passo del “Capitale” afferma che l’uomo, a differenza delle altre creature, inter