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Quando Atene manda a morte Socrate con l'accusa di corrompere i giovani con i
suoi discorsi, Platone è convinto che la città stia uccidendo l'uomo più giusto.
Platone si chiede allora come può operare tranquillamente il filosofo in un
luogo in cui c'è tanta oscurità sui concetti di giustizia e ingiustizia. Socrate
infatti, non partecipava alla politica,nel senso che non faceva comizi e non
teneva discorsi pubblici; ma secondo Platone era sempre politica quella che
Socrate esercitava in privato, quando discorreva lungamente coi cittadini e si
interessava che conseguissero la virtù (in Socrate virtù=conoscenza, di cosa è
bene e cosa è male). Dunque secondo Platone, Socrate o il filosofo in generale,
avrebbe meritato il governo della città molto più di un sovrano che invece ha a
cuore ricchezza e prestigio.
La "Repubblica" è l'opera in cui descrive la sua città ideale, a partire da una
constatazione elementare: se gli uomini si riuniscono in comunità è perchè
vivere insieme è più semplice che vivere da soli. In una comunità infatti,
ognuno assurge ai propri compiti e così non ci si ritrova a dover fare tutto da
soli. L'imporante è dunque che ognuno sia ligio al proprio dovere, al quale è
indirizzato da attitudini personali.
La popolazione perfetta è non troppo grande e divisa in tre classi: produttori
di beni primari, guerrieri e filosofi. A questi ultimi spetta in governo della
città, perchè in possesso del sapere necessario e perchè non nutrono uno smodato
interesse per il potere: per loro la filosofia ha attrattiva di gran lunga
maggiore. In questa città ideale, ognuno accetta la classe sociale che la
propria natura indica. Nella vita reale non è così: i genitori tendono a
collocare i propri filgi nella classe sociale più alta, spesso contrastando la
loro natura. La soluzione di Platone è abolire la famiglia: togliere alle madri
i filgi appena nati, in modo che nessuno sappia più chi sono i loro figli ed
essi saranno i figli di tutti i cittadini. Tutti vengono così guidati solo dalle
proprie attitudini, senza distinzione tra uomini e donne (se una donna vuole
fare la guerriera o governare, può).
E' abolita la ricchezza per le prime due classi, che devono avere il minimo
indispensabile, mentre i produttori possono mantenere la ricchezza necessaria a
svolgere il loro lavoro.
Per assegnare a ognuno la propria classe, si passa attraverso un percorso
educativo selettivo, che offre sempre maggore istruzione a mano mano che si va
avanti, se si dimostra di avere le capacità necessarie.
L'educazione è sia fisica (attraverso la ginnastica) sia caratteriale.
Il carattere é formato attraverso musica e poesia, ma attenzione! Quest'ultima
non è accettata in toto: solo quella che ispira all'agire morale, mentre è
abolita quella che suscita sentimenti riprovevoli.
Per accedere alla filosofia è necessaria invece la conoscenza della matematica.
La matematica assume in Platone un ruolo di primaria importanza perchè è la
prima vera forma di conoscenza che un individuo può acquisire. Quella del mondo
sensibile (vedere una chitarra e sapere cos'è, riconoscere la sua ombra
proiettata a terra, capire che quello nello specchio è solo un riflesso...) è
una conoscenza fatta di immagini , mutevoli, corruttibili: è solo doxa, opinione
comune.
Si può definire scienza (vera conoscenza) solo ciò che presenta caratteri di
universalità.
Le ombre e i riflessi , non hanno questa prerogativa; gli oggetti non hanno
questa prerogativa. La prima "cosa" che l'uomo riesce a pensare e che ha
carattere universale, sono le figure geometriche. La somma degli angoli interni
di un triangolo è 180 gradi, e questo vale per qualsiasi triangolo io
immagini,sia esso molto stretto e lungo, schiacciato insomma, o sia equilatero
eccetera... vale insomma per l' IDEA di triangolo. La conoscenza delle idee e
poi la conoscenza somma alla quale un uomo possa aspirare, e quella delle idee
di enti matematici è una sorta di stadio intermedio tra la doxa e la vera
conoscenza (noesis) , ecco perchè fondamentale. La matematica non è ancora vera
e propria noesis perchè, mentre le idee hanno una loro sussistenza, una loro
realtà ontologica, le idee di enti matematici non sono ancora del tutto
svincolate dalle immagini: per rappresentare un triangolo mi servo del disegno.
Quella degli enti matematici è una conoscenza che procede per passaggi e
argomentazioni, non coglie immediatamente, ecco perchè non è noesis ma è
dianoia. E in secondo luogo i matematici ,ad avviso di Platone, trasformano
semplici ipotesi in principi: non mettono in discussione le ipotesi da cui