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LIBRO VI:

Inizialmente, S definisce il profilo di questi filosofi a cui affidare il governo dello Stato: dotati di

memoria, pronti ad apprendere, magnanimi, aggraziati, affini alla verità, alla giustizia, al

coraggio e alla temperanza. S però viene interrotto da A, che obietta a S che nonostante il suo

ragionamento non faccia una piega, nella realtà dei fatti i filosofi vengono spesso visti come

stravaganti dai cittadini, e soprattutto vengono visti inutili per lo Stato. S, ammette, è

d’accordo, ma con una sottolineatura: è vero che i filosofi sono inutili alla maggioranza, ma è

bene incolpare di tale inutilità coloro che non chiedono la loro guida. Così come, ricco o povero,

è il malato ad andare dal medico, così lo Stato dovrebbe chiedere l’aiuto dei filosofi. Per quanto

riguarda la stravaganza (o perversione, o malvagità), tali corruzioni sono colpa dell’educazione.

Di fatto se anche la migliore delle nature venisse educata in maniera estranea ai suoi bisogni,

c'è il rischio che esca peggiore della natura mediocre stessa. Coloro che riescono oggi a

sfuggire da questa corruzione sono i nostri filosofi, naturalmente predisposti ma furbescamente

(o casualmente) liberi, preferiscono tenersi da parte, astenendosi da una vita politica corrotta e

piena di compromessi. La loro educazione dovrebbe essere invece portata di pari passo con la

filosofia in maniera proporzionale alla loro età, perlomeno per coloro che avranno l’onore e la

dedizione di essere filosofi.

Essi, inoltre, oltre alle grandi virtù e capacità che abbiamo all’inizio citato, dovranno perseguire

la più grande delle virtù ed il più alto dei valori: il bene. S ammette che l’uomo ne sa fin troppo

poco rispetto all’intera definizione di bene, ma spinto dai suoi compagni accetta di provarci,

senza nulla promettere.

S inizia dicendo che solo una è l’dea del bene. Tante cose sono belle, e tante cose sono buone,

ma solo una è l’dea del bene. La differenza è che la moltitudine delle cose belle o buone si

pensano),

vedono ma non si colgono con l’intelletto (non si mentre l’idea unica del bene viene

colta dall’intelletto ma non vista. S inizia quindi un discorso riguardo il senso della vista, che

per lui assume un carattere molto speciale poiché è dipendente dalla luce. S, infatti, fa notare

che, allo stesso modo di quando l'occhio guarda un oggetto che sia in luce o che sia in ombra,

quando l'anima di un uomo si

fissa su ciò che è illuminato

dalla verità e dal bene ecco che

lo coglie e lo conosce. Quando

invece si fissa su ciò che è

misto di tenebra, allora la sua

anima non ha che opinioni,

diventa offuscata, si rivolta su

sé stessa mutando le sue

opinioni e perdendo il proprio

intelletto. Il bene rappresenta

quindi per il mondo intelligibile ciò che il sole è per il mondo sensibile.

Per essere meglio compreso, S fa un esempio: dice di prendere una linea (un segmento) e di

dividerla in parti ineguali, e di dividere anche ognuno dei due segmenti ottenuti in altrettante

due parti di uguale proporzione alla prima divisione. S dice che il primo segmento rappresenta

tutte quelle immagini che sono in realtà ombre e riflessi di veri enti sensibili, rappresentati

invece dal secondo segmento. Il resto della linea, gli ultimi due segmenti, fanno parte del

mondo intelligibile. Il terzo segmento rappresenta l’anima che indaga sulle cose partendo dalle

immagini; quindi, da delle ipotesi e conduce il proprio percorso di indagini verso le conclusioni

che si riproponeva di dimostrare, dimostrandole. L’ultimo segmento infine non vede l’anima

indagare attraverso le immagini, ma solo attraverso le idee.

LIBRO VII:

S inizia ad illustrare a G una pungente metafora sulla società. Egli fa immaginare una caverna,

aperta alla luce del sole, e dei prigionieri, immobilizzati da catene, costretti fin da bambini a

guardare su di una parete ombre di oggetti posti dietro di loro dinanzi alla luce. Per loro, le

ombre che vedono costituiscono l'unica realtà esistente. Un'uscita forzata e costretta dalla

caverna, aggiunge S, sarebbe impossibile, il prigioniero non avrebbe il tempo di abituarsi a ciò

che è nuovo e mai visto, rimanendo accecato dalla luce del giorno. L'unico modo è un'uscita a

piccoli passi, affinché l'uomo si abitui alla luce del giorno e del vero prima di venirne in

contatto. Fa notare ora S che opinione possa avere quest'uomo dei suoi compagni prigionieri

ancora nella caverna, provandone pietà e volendo liberare anche loro. Ma la loro reazione non

sarebbe d'aiuto, l'uomo liberato sarebbe soggetto di scherno, colpevole di essersi fatto

ammalare gli occhi da qualcosa di nuovo e mai visto, e sarebbero riluttanti ad uscire,

rimanendo aggrappati alla realtà che hanno sempre conosciuto. S ricorda quindi di avere

riguardo per chi è dubbioso ed incerto di ciò che vede, perché potrebbe venire sia da un'oscura

ignoranza come da una luminosa saggezza. Questa allegoria della Caverna non è altro che

l'allegoria del mondo in cui il filosofo si solleva dalle cose sensibili fino al mondo delle idee e

ritorna poi, in questo mondo sensibile, per governarlo nel modo migliore. È indispensabile,

inoltre, che ciascuno di essi vada al governo per obbligo, senza il minimo desiderio di farlo. In

uno Stato, invece, in cui al governo si combattono vili e pezzenti, non è possibile una buona

amministrazione, perché il governo sarà oggetto di contesa e una simile guerra intestina rovina

con loro tutto il resto dello Stato. Bisogna ora vedere, aggiunge S, che tipo di educazione andrà

impartita a questi nostri filosofi destinati al governo dello Stato, un’educazione che deve essere

anche utile a uomini di guerra.

Questa educazione verterà su diverse discipline:

(1) la Matematica: si tratta di una matematica platonica, cioè intesa come pura astrazione (non

c’è niente di più astratto dei numeri). Essa avrebbe la funzione di condurre l’anima dal mondo

del divenire a quello dell’essere, ovvero: dal bieco mondo della materia a quello puro dello

spirito. Senza la matematica non potremmo neppure separare le due sfere: intelligibile e

sensibile. Tutto sarebbe tremendamente preda dell’indistinguibile. Perciò la matematica deve

sovrintendere alle altre scienze e arti.

(2) la Geometria: per lo stesso motivo della matematica, essa studia e si interessa di ciò che

eternamente è e mai di ciò che si genera e poi perisce. Essa inoltre sarà molto utile nelle

tattiche di guerra.

(3) la Stereometria: è il superamento della geometria piana e studia la profondità dei solidi. S la

considera ancora “in via di sviluppo ed apprendimento”, tant’è che rinvia ai reggitori del futuro

il compito di far sì che lo Stato la consideri fondamentale per la formazione dei filosofi.

(4) la Astronomia: il suo aspetto educativo non è però la conoscenza empirica del movimento

degli astri, che non è necessariamente regolare e immutabile, ma l'uso dei corpi celesti come

esempi che diano spunto a problemi da risolvere ed elaborazioni concettuali.

Per Platone non c’è dubbio che le scienze matematiche siano la strada maestra per

raggiungere la vetta, ossia: la dialettica, regina di tutte le scienze. La dialettica, a differenza

delle altre discipline, che sono parziali e danno per scontate le ipotesi che le introducono, si

occupa di ciò che è, cioè della struttura concettuale del reale, e, eliminando le ipotesi, procede

verso il principio per confermare le proprie conclusioni. L'educazione filosofica non va intesa

infine come trasmissione di informazioni e addestramento, ma come stimolo ad orientarsi, da

sé, nel pensiero. Quello che i pratici danno per scontato, i filosofi sanno metterlo in discussione.

E per questo acquiscono una capacità di imparare che manca a coloro che vengono formati sul

modello di una professionalità specializzata in qualcosa che, al momento, appare utile.

La loro educazione si svolgerà quindi così: fino ai 20 anni verranno educati con musica e

ginnastica, e per gioco con le materie propedeutiche alla dialettica che citavamo prima. Queste

devono essere insegnate per gioco e non per costringimento affinché si possa meglio osservare

la predisposizione naturale di ognuno. Compiuti i 20 anni, solo i migliori proseguiranno, ed una

volta compiuti i 30 i migliori tra quei migliori verranno cautamente introdotti alla dialettica,

cautamente affinché la utilizzino nel migliore dei modi e non a sproposito. Verranno così istruiti

per 5 anni alla dialettica, e dai 35 anni verranno introdotti nella vita pubblica dello Stato. Solo

una volta compiuti 50 anni, i migliori di loro a turno governeranno lo Stato, non perché sia

piacevole questo loro compito, ma perché necessario, e passeranno il resto del loro tempo

dedicati alla filosofia.

LIBRO VIII:

Ora che abbiamo definito questo nostro Stato come giusto, c’è da analizzarne le altre tipologie,

le “errate”, e descrivere se in esse vi si trovi maggiore o minore felicità: (1) Timocrazia, (2)

Oligarchia, (3) Democrazia e (4) Tirannide (il nostro Stato è definito da S come una

Aristocratico-Monarchico). Si vedrà ed analizzerà, inoltre, l’uomo che comunemente si trova in

ogni una di queste tipologie di governo.

(1) Timocrazia: dalla degenerazione del perfetto Stato aristocratico nasce lo Stato timocratico.

Questo processo di corruzione e degenerazione nasce dall’impossibilità dei guardiani, come di

chiunque, di definire la formula che determina il ciclo delle nascite. Da ciò nasceranno

inevitabilmente pargoli indegni dell’educazione che vogliamo loro dare. Così inizieranno a

mescolarsi la razza ferrea con l’argentea e la bronzea con l’aurea. Ciò darà luogo a guerra ed

inimicizia, i cittadini inizieranno a voler bene al denaro e ad acquistare terreni e case, oro e

argento. Si spartiranno i terreni riducendoli a possessi privati e rendendo schiavo chi prima

custodivano come libero. Brameranno ricchezze ed onori e ferocemente venereranno oro e

argento, avari delle loro ricchezze. Tale disposizione dell'uomo è dovuta alla supremazia

dell'elemento animoso dell’anima: l'ambizione di affermarsi, di ricevere onori. L'uomo

timocratico sarà quindi caparbio, meno attaccato alle Muse ma comunque loro amico, adatto

ad ascoltare, ma minimo come oratore. Sarà aspro con gli schiavi, senza però disprezzarli.

Cortese con le persone libere, molto obbediente con i magistrati perché ambizioso di potere e<

Dettagli
A.A. 2023-2024
12 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/06 Storia della filosofia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher matteobongiorno172 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della filosofia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Beretta Marco.