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L’INDICE DEI LIBRI PROIBITI
Gli indici dei libri proibiti nacquero dall'esigenza di avere una bibliografia delle
opere considerate non idonee alla stampa e alla lettura. Si trattava di liste di
libri, autori, generi, argomenti, proibiti perché lesivi degli interessi della Chiesa o
dello Stato. Gli indici vennero compilati dagli organismi preposti al controllo(
Inquisizione e Congregazione dell’indice dei libri proibiti) e divennero presto la
principale arma nelle mani dei censori. Tra il 1544 e il 1556 la Sorbona redisse
sei cataloghi di libri proibiti, mentre all'Università di Lovanio ne vennero stilati
tre tra il 1546 e il 1558, su ordine di Carlo V e Filippo II. Il primo indice italiano
venne stampato a Venezia nel 1549 . Il catalogo suscitò un'immediata reazione
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presso librai e tipografi e non venne mai promulgato. Ma gli indici più celebri
sono quelli romani del 1559 e 1564, che stabilirono le regole di lettura per
l'intera cristianità. È utile sottolineare che l’indice dei libri proibiti era solo in
parte formato dalla lista dei libri da condannare. Principalmente esso era un
sistema di regolazione della stampa e della lettura, formato dall’incontro tra un
insieme di procedure, un sistema penale posto a sua guardia e un complesso di
poteri capaci di amministrare l’uno e l’altro .
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L'indice paolino
Nel 1555 venne eletto al soglio pontificio Giovan Pietro Carafa, fondatore
dell’Inquisizione romana, con il nome di Paolo IV. Il nuovo pontefice si rivelò
M. Infelise, I libri proibiti, pag. 24
18 M. Infelise, I libri proibiti, pag. 32
19 V. Frajese, La censura in Italia, pag. 22
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presto un uomo duro, intransigente e radicale( si devono a lui la nascita del
ghetto ebraico di Roma e numerosi roghi del Talmud) e le sue politiche furono
orientate verso una dura repressione degli scritti riformatori. Inoltre, egli stesso
era convinto che combattendo i testi della Riforma, si sarebbero combattuti
anche altri testi pericolosi per la chiesa cattolica. Per dare un impulso all’azione
censoria e più in generale alla lotta all’eresia, Carafa decise di dotarsi di
strumenti universali, teoricamente applicabili erga omnes, che avrebbero
aiutato notevolmente gli organi periferici dell’Inquisizione romana: cioè un
indice di libri proibiti dalla chiesa la cui diffusione sarebbe stata stroncata.
Promulgato nel 1559 da papa Paolo IV, l'indice paolino fu l'unico redatto
dall'inquisizione romana e di gran lunga il più radicale e severo della storia.
L’intento di questo Indice fu quasi esclusivamente anti-protestante. Infatti
l’obiettivo che persegui questo primo indice romano fu essenzialmente la difesa
dell’ortodossia, soprattutto dalla minaccia riformatrice. Nella sua politica
repressiva rientrò la decisione di mettere da parte i vescovi per accentrare il
potere censorio nelle mani del Sant'Uffizio e della sua rete periferica, a cui i
fedeli dovevano consegnare i libri proibiti direttamente.
La struttura dell'indice, che rimarrà immutata fino a metà del XVII secolo, merita
uno sguardo approfondito. Le proibizioni furono circa mille, ripartite in tre
gruppi. Il primo gruppo comprendeva gli autori non cattolici dei quali si proibiva
l'intera opera, inclusi i testi di carattere non religioso. Il secondo gruppo
racchiudeva 126 titoli di 117 autori, 332 titoli anonimi e due liste aggiuntive: 45
Bibbie e Nuovi Testamenti vietati e 61 tipografi la cui produzione fu interamente
bandita. Il terzo gruppo, per finire, quello dei cosiddetti "libri omnes",
comprendeva intere categorie di libri, ad esempio quelli che non riportavano
l'indicazione dell'autore o dello stampatore, quelli senza data e luogo di
pubblicazione, quelli usciti senza permesso o presso stampatori eretici, o ancora
le opere di astrologia e magia. Per leggere le Bibbie e i Nuovi Testamenti in
volgare, infine, era necessaria la licenza del Sant'Uffizio che in nessun caso
veniva rilasciata alle donne o a chi non conosceva il latino .
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L'indice intendeva controllare tutta la produzione scritta, e non solo in ambito
religioso. Le sue severe regole portarono alla proibizione del Decameron di
Boccaccio e di molte altri testi famosi, così come dell'intera opera di Machiavelli,
di Rabelais e di Erasmo da Rotterdam. Le rimostranze furono immediate: non
M. Infelise, I libri proibiti, pp. 33-34; si veda anche V. Frajese, La censura in Italia, pag. 23
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solo i librai lamentarono l'impossibilità di vendere i volumi in magazzino, ma
molti eruditi si videro proibiti i testi su cui avevano sempre studiato, stampati
per lo più in area tedesca. Città come Venezia, Roma e Firenze cercano un
compromesso. Le rimostranze si fecero accese soprattutto a Venezia, per opera
degli stampatori. In seguito tali proteste vennero superate grazie all’intervento i
Michele Ghisleri(futuro Pio V), che introdusse delle modifiche, poi codificate dal
Concilio di Trento, che ammorbidirono gli animi degli stampatori veneziani.
Molte furono le perplessità, al punto che se in un primo tempo l'indice venne
adottato, pur con qualche concessione, la morte di Paolo IV nell'agosto del 1559
ne rallenta decisamente la diffusione.
L'indice tridentino
Il nuovo papa, Pio IV, era un riformatore moderato e si mostrò da subito
disposto a rivedere l'indice in modo che potessero essere colpiti solo i libri
eretici. Si preoccupò, inoltre, di restituire autorità ai vescovi, riuniti a Trento per
la fase conclusiva del Concilio. Fu proprio una commissione di vescovi, più
sensibili alle specificità locali, a redigere il nuovo indice, che però non fu in grado
di terminare i lavori e il suo completamento venne affidato al pontefice.
Le proibizioni rimasero le stesse, ma lo spirito e le norme generali si fecero più
tolleranti e rimasero in vigore per moltissimo tempo. Erasmo, ad esempio, passò
dal primo gruppo al secondo, il che significò che non si proibiva più tutta l'opera
ma solo alcuni titoli, per l'esattezza sei. Per quanto riguarda gli scrittori eretici,
poi, si proibirono solo le opere religiose. L'obbligo della licenza rimase in vigore
per i volgarizzamenti della Bibbia, ma sparirono le discriminazioni di sesso e
cultura. Venne inoltre istituita la possibilità di espurgare i libri che contenessero
solo brevi passaggi criticabili, operazione che pur permettendo ai librai di
salvare numerosi volumi, stravolse spesso il senso dell'opera. Riassumendo, i
libri eretici vennero criminalizzati, al contrario di quelli espurgabili che furono
solo colpevolizzati, come si evince da quanto segue: “Colui che legge o possiede
libri di eretici o scritti di qualunque autore condannato per eresia o per sospetto
di contenere qualche falso dogma, incorre per ciò stesso nella pena della
scomunica e per questo motivo, oltre alle altre pene stabilite dalla sede
Apostolica e dai sacri canoni, va sottoposto a processo come sospetto di eresia.
Chi poi legge o possiede libri proibiti per altro motivo, oltre a incorrere in
peccato mortale, è punibile con severità ad arbitrio del vescovo” . Veniva cosi a
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Index de Rome, pag. 97; cit. in V. Frajese, La censura in Italia, pag. 27
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configurarsi un sistema penale a due piani, in cui per i libri eretici la competenza
era dell’Inquisizione, mentre per i testi colpiti lievemente da errori, la
competenza era del vescovo.
Molto più ragionevole del primo, l'indice tridentino venne presto applicato a
tutto il territorio italiano. Fuori dall'Italia venne adottato in quasi tutta Europa,
con l'eccezione della Spagna, che dal 1559 ebbe un suo proprio indice,
promulgato dall'Inquisizione spagnola, e della Francia.
L'indice tridentino rimase formalmente in vigore fino al 1596, ma già con il
successore di Pio IV se ne perse il significato. Papa Pio V collaborò alla stesura
dell'indice paolino e tese ad un'interpretazione più rigida del termine censura. A
riprova di ciò nel 1567 fece bloccare la stampa delle opere in volgare. Il
Sant'Uffizio, sostenuto dai pontefici successivi, pubblicava di continuo nuove
liste per allargare il raggio d'azione della censura, ma la difficoltà di pubblicare
un indice che sostituisse quello tridentino fece trasparire un forte conflitto
d'interessi. Pio V rese, gradualmente inutilizzabile l’Indice tridentino, in quanto
lo svuotò di significato. Egli, convinto della necessità di una nuova lista di libri,
incaricò nel 1571, una congregazione da lui appositamente riunita, la
preparazione di un nuovo indice, che potesse sostituire quello di Trento. La
Congregazione dell’indice venne ufficialmente formalizzata dal neoeletto
Gregorio XIII. Il principale compito della Congregazione era quello di tenere
aggiornata la lista dei libri proibiti e curarne l’applicazione . Due congregazioni
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si contendevano la giurisdizione sulla censura libraria: quella del Sant'Uffizio e
quella dell'Indice. La nuova Congregazione, pur avendo due compiti abbastanza
definiti sulla carta, in realtà si trovò a gestire una competenza dai confini incerti
e contrastanti. Da subito il rapporto tra le due Congregazioni si fece aspro. Il
motivo di questo attrito è dovuto principalmente alla poca chiarezza riguardo i
confini giurisdizionali delle due congregazioni. L’indice operò da subito,
affermando la volontà di ripristinare lo spirito dell’indice paolino, ripristinando
le proibizioni di quell’indice, compresa la celebre proibizione della Bibbia in
volgare.
L’esigenza di dotarsi di un nuovo indice, portò la chiesa al tentativo fallimentare
di Sisto V. Si trattava di un Indice molto duro, che vedeva l’appoggio del Santo
Ufficio e vide una resistenza debole dell’Indice. L’indice sistino non entrò mai in
vigore, poiché venne ritirato dal Sant’Ufficio, il quale non perdonò al pontefice di
V.F. , La censura in Italia, pag. 28
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essersi mostrato transigente nei confronti dell’espurgazione del Talmud.
Inizialmente la Congregazione dell’indice non si pronunciò, ma in seguito,
assecondò la decisione dell’Inquisizione. L’atteggiamento del tutto passivo
dell’Indice mise in evidenza la superiorità, sul piano giurisdizionale dell’
Sant’ufficio. L’elezione di Clemente VIII al soglio pontificio, rinnovò la richiesta
di un nuovo indice. Diversamente da Sisto V, il nuovo papa trovò nell’Indice un
alleato prezioso contro l’Inquisizione. Il disegno del nuovo indice venne
elaborato, con la collaborazione dei cardi