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In tali contratti vanno ricompresi anche quelli collegati all’azienda in un momento successivo a quello della
loro conclusione. Si può, infatti, trattare di contratti originariamente conclusi da un terzo e poi ceduti
all’alienante dell’azienda, naturalmente prima del trasferimento di questa, o di contratti stipulati dall’alienante,
ma inizialmente non attinenti all’esercizio della sua impresa.
Di contro devono essere esclusi dall’ambito di applicazione della norma i contratti stipulati per l’esercizio
dell’azienda che, seppur a prestazioni corrispettive, hanno però “carattere personale”; i crediti e i debiti
relativi all’azienda trasferita che, anche laddove derivino da obbligazioni di fonte contrattuale, rappresentano
comunque un rapporto sinallagmatico ormai non più “in atto”, bensì già “esaurito” al momento del
trasferimento dell’azienda, con conseguente applicazione della diversa disciplina stabilita dagli art.2559 (per
quanto concerne i crediti aziendali) e 2560 (per quanto concerne i debiti aziendali) c.c.; i contratti unilaterali,
ossia i rapporti obbligatori che non prevedono prestazioni corrispettive delle parti.
L’usufrutto e l’affitto dell’azienda
Il c.c. agli art.2561 e 2562 prosegue il dettato della circolazione dell’azienda disciplinano determinati diritti di
godimento. 1
L’art.2561 c.c. in particolare, analizza la fattispecie dell’usufrutto dell’azienda , dettando evidentemente
determinati limiti.
L’usufruttuario dell’azienda deve esercitare l’impresa utilizzando la ditta che la contraddistingue.
L’usufruttuario, quindi, durante tutto il periodo di godimento dell’azienda, non deve cambiare il nome che la
distingue nel mercato, attribuitole dal proprietario dei beni facenti parte l’impresa.
L’usufruttario dell’azienda deve garantire la continua efficienza dell’organizzazione degli impianti e le normali
dotazioni di scorte, mantenendo inalterato il valore dell’avviamento. Se l’usufruttuario non dovesse
adempiere agli obblighi di conservazione dei valori aziendali, si applica l’art.1015 c.c. in tema di abusi da
parte dell’usufruttuario.
L’ultimo comma dell’art.2561 c.c. prevede, al termine dell’usufrutto, la possibilità di una differenza tra gli
elementi aziendali desunti dall’inventario iniziale e gli elementi aziendali desunti dall’inventario alla fine
1 L’usufrutto s’identifica nel diritto reale di usare la cosa altrui e di trarne i frutti, rispettando la destinazione economica della stessa.
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dell’usufrutto. Tale differenza deve essere regolata in denaro sulla base dei valori correnti degli elementi
aziendali.
Le medesime norme relative all’usufrutto, secondo quanto stabilito dall’art.2562 c.c., valgono anche per
l’affitto dell’azienda.
Applicando quanto previsto dall’art.1615 c.c. al caso di specie, con il contratto di affitto d’azienda il locatore,
a fronte del pagamento di un canone periodico, trasferisce in godimento all’affittuario un complesso di beni
organizzati per l’esercizio dell’impresa, nonché la relativa gestione.
Perché si possa parlare di affitto d’azienda, non è necessario che al momento della stipulazione del contratto
siano presenti tutti gli elementi del complesso aziendale occorrenti per lo svolgimento dell’attività, né è
rilevante che l’attività sia temporaneamente cessata o che questa venga iniziata direttamente dall’affittuario.
A tal fine è sufficiente che l’azienda sia astrattamente idonea a produrre risultati e che non venga affittata per
altro e diverso scopo. In particolare, il contratto di affitto d’azienda deve essere distinto da quello di locazione
dell’immobile a uso non abitativo: nel primo caso l’immobile assume,dal punto di vista funzionale,
un’importanza paritaria e complementare rispetto agli altri bene che compongono il complesso aziendale, nel
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secondo caso riveste una valenza assorbente ed esclusiva .
Affitto dell’azienda
È l’istituto giuridico che ha per oggetto il complesso dei beni mobili e immobili, materiali e immateriali, i
rapporti giuridici attivi e passivi e, in genere, l’organizzazione destinata allo svolgimento di un’attività
economica con finalità di produzione e di scambio di beni e di servizi.
Perché si abbia affitto di azienda non è necessaria la presenza di tutti gli elementi che normalmente la
costituiscono, potendo alcuni di essi mancare senza che ne risulti compromessa l’unità economica
dell’azienda stessa.
Il contratto deve essere provato per iscritto; le firme delle parti contraenti devono essere autenticate dal
notaio.
L’affittuario acquista la qualità di imprenditore e subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’impresa,
che non abbiano carattere personale. Gli è fatto obbligo di gestire l’azienda sotto la ditta che la
contraddistingue senza modificarne la destinazione e in modo da conservare sia le normali dotazioni di
scorte sia l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti. Egli deve destinarvi i mezzi necessari secondo la
regola della buona tecnica e deve sostenere le spese di conservazione e di ordinaria manutenzione. Deve
restituire l’azienda nello stato in cui l’ha ricevuta, tenuto conto del deterioramento dei beni risultante dall’uso
e salvo conguaglio in denaro per la differenza fra le consistenze degli inventari di consegna e riconsegna
sulla base dei valori correnti al termine dell’affitto.
Il locatore, da parte sua:
1. È tenuto a consegnare l’azienda nelle condizioni necessarie per servire alla produzione cui è
destinata;
2. Ha facoltà di accertare in ogni tempo se l’affittuario osserva gli obblighi che gli incombono;
3. Può chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento dell’affittuario;
4. Deve astenersi per tutta la durata dell’affitto dall’iniziare una nuova impresa che per oggetto,
ubicazione o altre circostanze, sia idonea a sviare la clientela dell’azienda.
Nel caso di morte dell’affittuario, il locatore e gli eredi dell’affittuario possono recedere dal contratto mediante
disdetta.
Le quote di ammortamento sono deducibili nella determinazione del reddito dell’affittuario o dell’usufruttuario
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[art.102, co.8 TUIR ]. Esse sono commisurate al costo originario dei beni quale risulta dalla contabilità del
concedente e sono deducibili fino a concorrenza del costo non ancora ammortizzato, ovvero, se il
concedente non ha tenuto regolarmente il registro dei beni ammortizzabili, considerando già dedotte, per il
cinquanta per cento del loro ammontare o altro libro o registro secondo le modalità di cui all’art.19 del D.P.R.
07/12/2001, n.435, e dell’art.2, co.1, del D.P.R. 31/12/1996, n.695, le quote relative al periodo di
ammortamento già decorso. Tali disposizioni non si applicano nei casi di deroga convenzionale alle norme
dell’art.2561 c.c., concernenti l’obbligo di conservazione dell’efficienza dei beni ammortizzabili.
Queste disposizioni non si applicano in caso di deroga convenzionale alle norme del codice civile per cui
l’ammortamento può essere effettuato dal proprietario anche durante il periodo della locazione.
È consentita la deducibilità per l’affittuario, ai fini Irap, dell’ammortamento dei beni dell’azienda affittata.
La scrittura contabile riguardante l’ammortamento è la seguente:
Data
Descrizione Dare Avere
2 Corte di Cassazione n.10106 del 02 agosto 2000.
3 Secondo la nota della Direzione regionale delle entrate dell’Emilia Romagna del 07/10/96 n.42049, l’ammortamento effettuato
dall’affitto è improprio, poiché il relativo fondo non ha natura rettificativa di valori dell’attivo patrimoniale ma di mero accantonamento
funzionale al reintegro della perdita di valore di beni nel corso della durata del contratto.
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Ammortamento … …
…,…
Fondo ammortamento art.102, co.8 … …
TUIR …,…
Nel bilancio il totale degli accantonamenti effettuati dall’affittuario deve essere indicato in conti d’ordine,
poiché non può confluire nei conti che rilevano gli ammortamenti relativi ai beni propri.
Quando avviene la restituzione dei beni, essa è fiscalmente irrilevante solo se l’ammontare totale delle quote
di ammortamento imputate dall’affittuario è pari alla somma corrisposta al proprietario a titolo di risarcimento
per il deperimento subito dai beni stessi.
Nell’ipotesi in cui non esista tale coincidenza, si deve rilevare in capo all’affittuario una sopravvenienza attiva
(risarcimento per deperimento inferiore all’ammortamento dedotto) ovvero una sopravvenienza passiva
(risarcimento per deperimento superiore all’ammortamento dedotto).
Il canone di affitto, se percepito dal locatore persona fisica non imprenditore, deve essere dichiarato nei
redditi diversi; se percepito da società o da locatore persona fisica imprenditore che ha dato in affitto un
ramo di azienda è, invece, classificabile fra i redditi d’impresa.
Per l’affittuario il canone di affitto è un componente negativo del reddito di esercizio.
Ai fini Iva l’imprenditore, che cede in affitto l’unica azienda da lui posseduta ed esercitata, sospende la
soggettività dell’imposta. In sostanza egli conserva il numero di partita Iva a lui attribuito, ma risulta
esonerato dagli adempimenti previsti dalla legge circa l’imposta sul valore aggiunto.
In quanto sospesa la partita Iva egli non ha obblighi, ma nemmeno diritti.
Nell’affitto di azienda il trasferimento dello status di esportatore abituale con il relativo plafond è ammesso a
due condizioni: che il contratto preveda espressamente il trasferimento di tutti i diritti attivi e passivi; che ne
sia data comunicazione all’ufficio Iva con lettera raccomandata entro 30 giorni.
Qualora l’azienda data in affitto sia successivamente ceduta all’affittuario, il locatore deve:
1. Chiudere la partita Iva, che era stata mantenuta aperta, come previsto dalla normativa vigente;
2. Pagare l’imposta di registro.
Se il locatore possiede l’azienda da più di cinque anni, la plusvalenza realizzata con la cessione è
assoggettata a tassazione separata o, se fa opzione nella dichiarazione, è inclusa nei redditi diversi e
tassata integralmente nell’anno di percezione.
Impresa coniugale
Riguarda le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.
Sono caratteristiche dell’impresa in oggetto:
a. La presunzione per la quale il regime patri