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DILUCIDAZIONE CRITICA DELL’ANALITICA DELLA RAGION PRATICA

Dilucidazione critica = giustificazione della legittimità scientifica di una scienza o di una sua

branca. Nel caso dell’analitica della ragion pratica consiste nel CONFRONTO tra ragione

teoretica/speculativa e ragion pratica, la cui base è per entrambe la ragion pura.

ANALITICA DELLA RAGION PURA TEORETICA  tratta della conoscenza degli oggetti che

possono esser dati all’intelletto. Parte dall’intuizione sensibile  poi passa ai concetti (oggetti

dell’intuizione)  termina con i principi.

ANALITICA DELLA RAGION PURA PRATICA  non tratta della conoscenza degli oggetti ma

della propria FACOLTA’ DI PRODURRE OGGETTI, ovvero la VOLONTA’, che è causalità. Come

ragion pratica quindi deve solo fornire una LEGGE DELLA VOLONTA’ e non è possibile in questo

caso partire dai sensi, ma bisogna procedere in ordine inverso. Parte dalla possibilità dell’esistenza

di PRINCIPI PRATICI A PRIORI  passa ai CONCETTI degli oggetti della ragion pratica (bene e

male) per conformarli ai principi  per ultima cosa tratta la relazione della ragion pratica con la

sensibilità, ovvero l’influsso necessario della ragione sui sensi  il SENTIMENTO MORALE (la

sensibilità non è più considerata facoltà di intuizione ma solo come sentimento). La ragion pratica

quindi si muove da principi a priori e non da motivi determinanti empirici.

Dialettica della ragion pura pratica

Capitolo I DI UNA DIALETTICA DELLA RAGION PURA PRATICA IN GENERALE

L’ANTINOMIA DELLA RAGION PURA è il contrasto della ragione con se stessa che porta ad

applicare ai fenomeni il principio di incondizionatezza che vale per i noumeni, quindi suppone

l’incondizionato per tutto il condizionato  la ragione stessa deve capire da dove derivi

quest’illusione e come si risolva e lo fa attraverso una critica completa della ragion pura 

l’antinomia della ragione è un errore benefico in quanto la sua risoluzione porta alla prospettiva di

un ORDINE SUPERIORE DELLE COSE, immutabile, l’idea del SOMMO BENE.

La DOTTRINA DELLA SAGGEZZA permette di determinare il concetto di sommo bene  la legge

morale è l’unico motivo determinante della volontà pura/ragion pratica quindi il sommo bene non

può essere il motivo determinante  si è già visto nell’Analitica che se si ammettesse il bene quale

motivo determinante si deriverebbe non una legge morale assoluta ma un principio pratico supremo

che implicherebbe eteronomia. Il sommo bene è però la TOTALITA’ INCONDIZIONATA

DELL’OGGETTO DELLA RAGION PRATICA  nel suo concetto è inclusa già la legge morale

come condizione suprema quindi non è solo oggetto ma CONCETTO DELLA LEGGE

MORALE  quando la ragion pratica si rappresenta la possibile esistenza del sommo bene e il suo

concetto si crea il motivo determinante della volontà pura.

Capitolo II DELLA DIALETTICA DELLA RAGION PURA NELLA DETERMINAZIONE

DEL CONCETTO DEL SOMMO BENE

Sommo può avere due significati: 1. SUPREMO  incondizionato, originario, non subordinato ad

altro 2. PERFETTO  non è parte di un tutto della stessa specie o più grande. Dall’Analitica risulta

che la VIRTU’ è il bene supremo in quanto condizione suprema della ricerca della FELICITA’  dal

momento che include la felicità, che non è compatibile col volere perfetto di un essere razionale, la

virtù non è bene intero e perfetto.

Il SOMMO BENE si compone di virtù e felicità, due concetti differenti che nello stesso soggetto

però si limitano e si recano pregiudizio. Le scuole greche di stoici ed epicurei interpretano il legame

in due modi diversi:

• EPICUREI  Individuano la coscienza della propria massima nella FELICITA’ e la moralità

si identifica con la saggezza. Ripongono il principio pratico nel lato sensibile e dunque nella

coscienza del bisogno sensibile. Il sommo bene si identifica con la felicità: la virtù è solo la

forma della massima per procurarsela, quindi è l’uso razionale dei mezzi per ottenere la

felicità.

• STOICI  Individuano la coscienza della propria massima nella VIRTU’ e la moralità si

identifica con la prudenza. Ripongono il principio pratico nel lato logico e quindi

nell’indipendenza della ragion pratica dai motivi determinanti sensibili. Il sommo bene

si identifica con la virtù e la felicità è solo la coscienza che il soggetto ha di essa e quindi è

soggettiva.

In realtà il legame tra virtù e felicità non può essere conosciuto per via analitica ma, dal momento

che è una sintesi di concetti, a priori tramite la DEDUZIONE TRASCENDENTALE DEL

CONCETTO DI SOMMO BENE  la possibilità del sommo bene non si fonda su principi empirici

ed è necessità morale a priori produrre il sommo bene mediante la LIBERTA’ DELLA VOLONTA’.

L’antinomia della ragion pratica

I. Nel sommo bene pratico (da realizzare con la volontà) virtù e felicità sono concepite in

un legame che dev’essere o analitico (e si è visto che non lo è) o sintetico, cioè

connessione causa-effetto, in quanto riguarda un bene pratico, ovvero ciò che è possibile

tramite AZIONE  quindi o il desiderio della felicità dev’essere causa della massima

della virtù (impossibile) o la massima della virtù dev’essere causa della felicità

(impossibile)  Dal momento che SOMMO BENE e VOLONTA’, quindi LEGGE

MORALE sono inseparabili, se il sommo bene è impossibile secondo regole pratiche,

anche la legge morale che prescrive di promuoverlo, dev’essere falsa.

Soluzione critica dell’antinomia della ragion pratica

II. Nell’antinomia della ragion pura speculativa si presentava una situazione simile: c’era

un contrasto tra necessità naturale e libertà nella causalità  viene dimostrato che se gli

eventi si considerano solo come FENOMENI non c’è un vero contrasto tra di essi e nel

modo in cui avvengono. L’equivoco è considerare la relazione tra fenomeni come una

relazione dei noumeni con i fenomeni. Con l’antinomia della ragion pura pratica è lo

stesso  che la ricerca della felicità produca un’intenzione virtuosa è assolutamente falso

ma che l’intenzione virtuosa produca necessariamente felicità è falso solo quando si

considera la causalità del mondo sensibile, quindi è falsa in modo condizionato.

L’intenzione morale è legata necessariamente alla COSCIENZA DELLA DETERMINAZIONE

DELLA VOLONTA’, la quale è immediatamente soggetta alla legge questa coscienza è sempre

motivo di COMPIACIMENTO DI SE STESSI per l’azione che avvenga sotto questa

determinazione, ma il compiacimento non è il motivo determinante dell’azione è la

determinazione, mediante la ragione, il motivo del sentimento di piacere è una 

DETERMINAZIONE PURA PRATICA, non sensibile, della facoltà di desiderare L’errore

consiste nel scambiare il movente morale con l’impulso sensibile ILLUSIONE di ritenere ciò che

nella volontà è intellettualmente determinabile come effetto di un particolare sentimento sensibile,

che invece è la conseguenza della determinazione Solo così si capisce che le azioni avvengono

non conformi al dovere in conseguenza di sentimenti piacevoli, ma PER IL DOVERE scopo vero

dell’educazione morale.

La coscienza della virtù non è dunque accompagnata dalla contentezza sensibile, che si fonda sulla

soddisfazione delle inclinazioni ed è dunque un peso per l’essere razionale, bensì dalla

CONTENTEZZA DI SE’ (contentezza intellettuale) ovvero la compiacenza della propria esistenza

che deriva dalla coscienza che la LIBERTA’ DELLA VOLONTA’ nel seguire necessariamente la

legge morale è libera dalle inclinazioni sensibili come cause determinanti anche la libertà diventa

capace di un godimento simile alla beatitudine.

SINTESI: Nei principi pratici si può concepire, almeno come possibile, un legame naturale e

necessario tra coscienza della moralità ed aspettazione della felicità, la quale è conseguenza

moralmente condizionata della moralità, la quale invece non può essere prodotta dalla ricerca

della felicità la MORALITA’ è quindi PRIMA CONDIZIONE DEL SOMMO BENE e costituisce

il BENE SUPREMO, mentre la felicità è la seconda condizione.

Del primato della ragion pura pratica nella sua unione con la speculativa

III.

Il primato della ragion pura pratica non è altro che la subordinazione dell’interesse delle altre

ragioni ad essa, che non può essere posposta a nessun’altra l’interesse della ragione speculativa è

la conoscenza dell’oggetto fino ad arrivare ai più alti principi a priori l’INTERESSE DELLA

RAGION PRATICA consiste invece nella determinazione della volontà relativamente al suo fine

ultimo.

La ragione speculativa non conosce certe proposizioni della ragion pratica poiché non fanno parte

del suo campo fenomenico (appartengono all’interesse pratico della ragion pura), ma tuttavia non le

 

sono contrarie essa deve ammetterle come qualcosa di estraneo ma sufficientemente attestato

quindi dall’UNIONE DELLA RAGIONE SPECULATIVA E PRATICA (unione non contingente e

arbitraria ma necessaria in quanto fondata a priori sulla stessa ragion pura) in una conoscenza il

 

primato è della pratica ogni interesse è pratico quindi anche l’interesse della speculativa è

soltanto condizionato e completo solo nell’uso pratico.

L’immortalità dell’anima come un postulato della ragion pura pratica

IV.

Perciò che esista il sommo bene deve esserci necessariamente una conformità completa della

volontà con la legge morale (SANTITA’), ma questo è impossibile per una creatura razionale nel

mondo sensibile la santità può essere trovata solo in un PROGRESSO INFINITO verso la

completa conformità è possibile solo supponendo l’IMMORTALITA’ DELL’ANIMA

(un’esistenza che continui all’infinito con la personalità dell’essere razionale) il sommo bene è

possibile solo con la supposizione dell’immortalità dell’anima, legata inseparabilmente alla legge

morale diviene un POSTULATO della ragion pura pratica (proposizione teoretica ma

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Publisher
A.A. 2014-2015
12 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/06 Storia della filosofia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher elib. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della filosofia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trieste o del prof Martinelli Riccardo.