Anteprima
Vedrai una selezione di 5 pagine su 17
Istologia e embriologia - piastrine i globuli rossi Pag. 1 Istologia e embriologia - piastrine i globuli rossi Pag. 2
Anteprima di 5 pagg. su 17.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Istologia e embriologia - piastrine i globuli rossi Pag. 6
Anteprima di 5 pagg. su 17.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Istologia e embriologia - piastrine i globuli rossi Pag. 11
Anteprima di 5 pagg. su 17.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Istologia e embriologia - piastrine i globuli rossi Pag. 16
1 su 17
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

La via intrinseca è più lenta, perché comprende, oltre i tre fattori dell'altra via, anche i

fattori XII, XI, IX e VIII, tutti fattori plasmatici. Questa via è innescata dall'attivazione del

fattore XII, o fattore di Hageman, la quale si verifica quando il sangue entra a contatto con

la matrice extracellulare, in particolare con le macromolecole di collagene. Ovviamente una

lesione tissutale attiva entrambe le vie della coagulazione; infatti, la lesione non solo

determina la liberazione della tromboplastina tissutale, ma anche, danneggiando i vasi

sanguigni, consente al sangue di venire a contatto con superfici diverse da quelle

endoteliali.

La coagulazione per sola via intrinseca può verificarsi in condizioni patologiche, all'interno

di vasi la cui superficie endoteliale sia danneggiata. Anche la via estrinseca, pur avendo il

vantaggio di essere veloce, da sola non porta alla formazione di un coagulo stabile, se non

viene rafforzata dall'attivazione della via intrinseca. Il contributo fondamentale di questa

via è dimostrato dal fatto che, se essa non può avvenire per l'assenza di uno dei suoi fattori

plasmatici, si manifestano gravi malattie emorragiche note come emofilie.

La fase di retrazione del coagulo è caratterizzata dalla cessione di acqua da parte del

polimero di fibrina con il conseguente accorciamento dello stesso. Questa fase richiede un

dispendio di energia sotto forma di ATP che viene prodotta dalle piastrine stesse ed è

denominata metamorfosi viscosa. La fibrinolisi è operata dal sistema della plasmina,

ovvero la forma attiva del plasminogeno. Questo fattore anticoagulante viene attivato

dalla trombina, la stessa che attiva proprio la fibrina. Il significato di questo accoppiamento

di reazioni ad effetto biologico opposto è quello di garantire ad una rapida formazione di

un trombo, un altrettanto rapida eliminazione (in proporzione alle dimensioni dello stesso).

I test attualmente utilizzati per valutare l'efficienza della coagulazione consistono nella

conta delle piastrine, che misura la concentrazione ematica delle stesse (valori normali:

150 ­ 400 mila per microlitro) e nei test sui fattori di coagulazione:

PT (tempo di protrombina), misura il tempo necessario alla formazione del coagulo

• di fibrina quando al plasma (addizionato di sodio citrato) del paziente si aggiungono

tromboplastina e calcio;

PTT (tempo parziale di protromboplatina attivata) è un valore numerico, espresso in

• secondi, che indica il tempo necessario affinché del sangue in provetta addizionato

ad alcuni reagenti coaguli. Il termine "parziale" sta ad indicare che tra i reagenti non

vi è la tromboplastina (fosfolipide liberato normalmente dalle cellule traumatizzate,

per es. quelle di una ferita). Valore normale del PTT in laboratorio è 28­34 secondi.

Il PTT indaga principalmente il corretto funzionamento della via intrinseca della

coagulazione e alterazioni di questo valore possono far sospettare diversi quadri

patologici legati ai fattori di questa via (per es. l'emofilia). L'utilizzo di gran lunga

più comune concerne però il monitoraggio della terapia eparinica. L'eparina è una

sostanza anticoagulante, che influenza in modo importante il valore del PTT;

TT (tempo di trombina) è un test del fattore di coagulazione del sangue, utilizzato

• per identificare il livello terapeutico dell'eparina anticoagulante e per riconoscere

specificatamente le anomalie che riguardano la reazione trombina­fibrinogeno. Il

plasma da saggiare e un plasma normale di controllo vengono fatti coagulare con

l’aggiunta di un reagente contenente trombina bovina diluito in maniera tale da

ottenere un tempo di coagulazione di circa 15 secondi per il plasma di controllo.

La rete di fibrina risulta essere molto deformabile ed elastica. L’elasticità della fibrina e

regolata dal XIII fattore della cascata coagulativa, un enzima, la transglutaminasi. La rete

di fibrina è organizzata nello spazio dalle piastrine. A seguito di lesione, le piastrine nella

prossimità della ferita cambiano forma, assumendo quella stellata.

8.5 Le piastrine Al microscopio la piastrina (4) non ha nucleo, ma è

costituita da numerose vescicole ed abbondante

citoscheletro. Le piastrine o trombociti sono elementi

figurati (corpuscolari) del sangue. Sono specializzate

nei fenomeni di emostasi (impedire la perdita di

sangue dopo una lesione). Le piastrine, prodotte nel

midollo osseo, sono presenti in un valore numerico di

200.000­300.000 per mm hanno una vita media di

3

circa 10 giorni: questo numero può tuttavia variare

anche significativamente in condizioni fisiologiche

particolari, come per esempio nell'esercizio fisico.

Sono prive di nucleo poiché derivano dai frammenti

Disegno 4: Schematizzazione della

struttura di una piastrina citoplasmatici del megacariocita, cellula emopoietica

per le piastrine, ma possiedono granuli e molti organelli citoplasmatici e RNA in attività. Si

presentano di forma tondeggiante o ovale di circa 2­4 µm. L’origine delle piastrine è dovuta

alla frammentazione del citoplasma di un tipo particolare di cellula polinucleata: il

megacariocita. Il megacariocita è il risultato di successive divisioni mitotiche non seguite da

citodieresi. Arrivato ad un certo punto, il citoplasma del megacariocita si riempie di

invaginazioni e alla fine esplode generando le piastrine.

Al microscopio ottico le piastrine presentano due zone distinte: una centrale granulare

(granomero) e una zona periferica quasi ialina (ialomero). All’interno del citoplasma

presentano in particolare actina sia in forma polimerica (microfilamenti), complessata con

la profilina, che in forma globulare. Morfologicamente nella piastrina sono rilevabili

granuli, suddivisi in tre tipi:

Granuli alfa: poco opachi e molto numerosi, contenenti fattore 4 piastrinico, la

1. trombospondina e fattori di crescita (ad esempio PDGF);

2. Granuli meno densi: Serotonina, ioni Calcio, ADP, ATP;

Granuli lambda: contengono idrolasi lisosomiali e perossisomi.

3.

Alcune malattie emorragiche sono causate da difetti piastrinici qualitativi (piastrinopatie)

o quantitativi (piastrinopenia).

Il cambiamento di forma è dovuto alla produzione di trombossano ad opera della

ciclossigenasi 1 (COX­1) e le piastrine da lisce diventano spinose. Il trombossano, assieme

leucotrieni e prostanoidi, è un prodotto del metabolismo dell’acido arachidonico. L’inizio

della produzione di trombossano è la mancata produzione da parte delle cellule endoteliali

danneggiate di prostacicline. La cicloossigenasi produce i prostanoidi, segnali molecolari

che agiscono a breve raggio di azione, definite anche come sostanza autacoidi. Queste

molecole regolano importanti funzioni fisiologiche e dirigono alcune fasi

dell’infiammazione. Quindi dall’acido arachidonico derivano:

Le prostacicline (PGI­2);

• Le prostaglandine (PDG­2,PGE­2,PGF­2a);

• Il trombossano (TXA­2);

• I leucotrieni.

La lesione del vaso scatena la risposta delle cellule limitrofe che iniziano ad inviare segnali

a breve raggio di azione.

La piastrina scandaglia le pareti endoteliali attraverso la produzione di endoperossidi.

Contemporaneamente viene attivata, nella piastrina, la produzione di trombossano. Se

entro 5 secondi la piastrina non riceve il segnale dalle cellule endoteliali, la piastrina

cambia da liscia a spinosa. Se invece l’endotelio è integro, questo produce le prostacicline,

che neutralizzano il trombossano. In caso di danno endoteliale, il segnale non arriva e le

piastrine continuano a produrre trombossano attivandosi. Una volta attivata, la piastrina si

porta sulle aree endoteliali danneggiate, dove si aggregano e, cambiando forma,

organizzano la rete di fibrina. Tale rete forma il tappo che impedisce la fuoriuscita del

sangue.

Se un vaso viene ostruito, le cellule che erano irrorate dal vaso, vanno in necrosi.

L’ostruzione è causata dalla presenza di un tappo di fibrina. Ciò accade poiché le piastrine

monitorano la presenza di danni dell’endotelio in continuazione e non soltanto quando

avviene un taglio.

L’endotelio viene rinnovato una volta ogni 20 anni, e in tale periodo, alcuni fattori, come il

fumo, producono numerosi danni all’endotelio dei vasi. Le piastrine non ricevendo il

segnale dall’endotelio si attivano formando un ostruzione del vaso. Tale meccanismo è alla

base della formazione dei trombi che possono generare anche infarti.

8.6 L'eritropoiesi

Ogni secondo vengono persi 3 milioni di eritrociti e altrettanti ne sono prodotti nello stesso

tempo. Mediamente, durante la sua vita, ogni singolo eritrocita percorre una distanza pari a

11 mila Km. Durante il suo tragitto, la cellula subisce tutta una serie di cambiamenti nella

forma, che allo stadio ultimo la porteranno ad essere eliminata poiché inadatta a svolgere il

suo compito di trasporto dell’ossigeno.

L’eritropoiesi, cioè la costruzione dei globuli rossi, avviene nel midollo osseo. L’insieme

delle strutture che svolgono tale ruolo viene detto eritrone. Visto al microscopio il midollo

osseo appare pieno di particolari strutture che formano l’arcipelago EBI. È in queste

strutture che avviene l’eritropoiesi. EBI sta per Erytroblastic Island. Tale struttura, o meglio

fabbrica, è costituita da:

Un capillare estremamente slargato, posto centralmente nell’isola, il sinusoide;

• Cellule avventiziali;

• Cellule reticolari;

• Macrofagi.

Le cellule avventiziali si dispongono attorno il sinusoide a mò di raggi di una ruota di carro,

mentre le reticolari formano dei ponti di collegamento tra una cellule avventiziale e l’altra.

In questo modo si viene a costituire un microambiente induttivo dell’eritropoiesi. Le cellule

reticolari lasciano degli spazi aperti ed è in questi spazi che si vanno ad inserire i macrofagi.

Dalla collaborazione di queste tre popolazioni cellulari nasce l’HIM, ovvero Hematopoietic

Inductive Microenvironment (Microambiente induttivo dell’eritropoiesi). L’HIM è composto

da una serie di proteine necessarie affinché l’eritropoiesi venga portata a completamento.

La sintesi di nuovi globuli rossi è possibile grazie alla presenza di cellule staminali proto­

differenziate. Le BFU­E a loro volta generano le CFU­E. Dalle CFU­E prendono poi origine le

cellule che andranno incontro al processo maturativo in globulo rosso nell’eritrone. Tali

cellule sono cellule sensibili all’eritropoietina, una sostanza che amplifica l’attività

dell’eritrone producendo una quantità maggiore di eritrociti al secondo.

Quindi, il sangue circola nel midollo osseo, ed &egr

Dettagli
A.A. 2013-2014
17 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/17 Istologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher antonioromanelli86 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istologia ed embriologia umana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Salerno o del prof Tajana Gianfranco.