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La scuola è la prima istituzione sociale extrafamiliare con la quale l’individuo entra in contatto,l’ingresso nella scuola segna l’inizio
della socializzazione secondaria. L’ambiente scolastico è qualitativamente diverso da quello familiare, l’insegnate ricopre un ruolo
specifico definito in termini di competenza e prestazione, nell’interazione con quest’ultimo il bambino impara nuovi modelli di
comportamento, adeguati in termini di rapporti di autorità, inoltre imparerà a strutturare la propria azione in termini di rapporto
mezzi/fini: gli vengono indicati gli obiettivi, i mezzi e i criteri per valutare i risultati. Lo scolaro viene incoraggiato a confrontarsi
con gli altri competendo o cooperando, i modelli di comportamento proposti dalla socializzazione scolastica si rifanno dunque ai
principi di prestazione, autorità, competizione e cooperazione, essi sono al centro anche dell’ambito dell’organizzazione del lavoro,
la vita lavorativa è costellata di fasi di apprendimento, diventa infatti essa stessa un agente di socializzazione.
Grande importanza ha inoltre il gruppo dei pari, gli studi sulla socializzazione pongono generalmente l’accento sulla natura
asimmetrica del rapporto tra autorità ed educando, tuttavia sono importanti anche i rapporti improntati alla reciprocità. I rapporti
all’interno del gruppo si collocano tra le due polarità della solidarietà e della competizione, l’effetto di socializzazione del gruppo
può sviluppare modelli di azione solidaristica o competitiva, la prima si fonda sul sentimento di appartenenza, la seconda sul
sentimento di individualità.
All’interno delle organizzazioni formali organizzate gerarchicamente, tendono a formarsi gruppi informali a livello orizzontale, se vi
è un’elevata competizione tra pari ci sarà una scarsa solidarietà di gruppo o si svilupperà in una dimensione verticale. I gruppi
possono essere della natura più diversa a seconda dell’ambito nel quale si formano, degli obiettivi che perseguono, dei rapporti che
intercorrono tra i membri, del rapporto con le istituzioni, possono inoltre essere formali o informali, a seconda della presenza o
meno di regole esplicite che modellano il comportamento. Tra queste, molto importanti, sono quelle che regolano i meccanismi di
reclutamento dei membri, in quanto devono accertare se un individuo ha le caratteristiche per prendere parte al gruppo o se può
essere successivamente socializzato, quest’ultimo caso è particolare perché fa si che si crei un ruolo transitorio e un periodo
transitorio di aspettativa, in altri casi l’accesso al gruppo è segnato da riti di passaggio o di iniziazione.
Tra gli agenti di socializzazione secondaria ci sono anche i mezzi di comunicazione di massa, essi influiscono sia nella trasmissione
di informazioni e conoscenze, sia nella formazione di atteggiamenti, opinioni e comportamenti relativi alle più diverse sfere di
attività, la loro azione può rafforzare o indebolire l’azione degli altri agenti.
6. I conflitti di socializzazione nelle società differenziate
I vari agenti di socializzazione contribuiscono a plasmare il modo in cui gli uomini pensano e agiscono socialmente, ci si domanda
dunque se essi agiscano in modo coordinato e coerente o se abbiano ognuno la propria logica d’azione. L’esperienza quotidiana ci
mostra che gli apporti delle varie agenzie non si sommano armonicamente, , il processo di socializzazione è infatti tutt’altro che
lineare, non solo non vi è coerenza tra le azioni dei vari agenti, ma spesso le azioni stesse mancano di coerenza interna. Inoltre
mezzi di comunicazione di massa interferiscono nell’azione degli altri agenti, che li criticano perché svalorizzano la loro funzione e
tolgono efficacia ai loro messaggi, ma essi stessi diffondono modelli incoerenti, questo non produce effetti di omologazione, ma di
dispersione.
Non possiamo dunque dare per scontata la presenza di un’interna coerenza tra le varie agenzie di socializzazione, non esiste un
programma prestabilito che modella i comportamenti umani in modo unitario e coerente al fine di produrre la gamma dei tipi sociali
richiesta da una società in un dato momento storico, il sistema sociale non è onnipotente di fronte ad essi, perché la sua azione si
svolge tramite una pluralità di agenzie, e inoltre l’individuo ha una propria coscienza. Ci si può dunque domandare se l’individuo
possa essere in grado di sviluppare un processo di socializzazione coerente, in proposito è necessario ricordare che, a parte le prime
fasi della sua vita, l’individuo può influire sulla realtà compiendo delle scelte, è un agente attivo della propria socializzazione, egli
deve gestire il conflitto di fronte alle possibilità, che sono tuttavia sua fonte di libertà.
CAPITOLO 7: Linguaggio e comunicazione
1.Il problema delle origini del linguaggio
Il linguaggio è una parte fondamentale della nostra vita, esso è caratteristica propria del mondo umano, anche se gli etologi hanno
dimostrato che anche gli animali utilizzano il linguaggio, ma nessuno di questi è complesso ed elaborato come quello degli uomini.
Uno degli interrogativi legati al linguaggio è sicuramente quello relativo alle sue origini, la questione è molto vicina alla
dimensione religiosa, il racconto biblico è testimonianza dell’antichità della riflessione sul linguaggio, i due interrogativi principali
che da tempo ci si pone sono: il problema delle origini delle lingue e della natura innata oppure appresa del linguaggio. Alcuni
studiosi sostengono che tutti gli idiomi derivino da un’unica lingua originaria, avanzano dunque un’ipotesi monogenetica,
contrapposta a quella poligenetica, che vede una pluralità di ceppi linguistici originari. Non c’è dubbio che le lingue attualmente
parlate siano il frutto di un processo di differenziazione linguistica, quindi se questo processo ha funzionato negli ultimi millenni,
non ci sono prove che dimostrano che non avrebbe potuto funzionare anche in passato, questo rende l’ipotesi monogenetica
plausibile, tuttavia se si vede come possibile l’ipotesi unitaria, si avvalora la tesi secondo la quale il linguaggio è innato, inscritto
nel patrimonio biologico del genere umano. Questa teoria ha fondamenti in Aristotele e Cartesio, ma è stata ripresa in epoca
contemporanea da Chomsky, egli vedeva l’esistenza di una grammatica universale innata fatta di regole che permettono di collegare
il numero limitato di fonemi che la specie umana è in grado di produrre, sulla base di essa si sarebbero poi differenziate le
grammatiche delle singole lingue particolari. L’autore era riluttante nell’attribuire un fondamento biologico alla capacità umana di
generare una grammatica universale e nel formulare la sua ipotesi in termini di teoria dell’evoluzione linguaggio da un vantaggio
all’uomo nella selezione naturale.
Questo passo è stato compiuto dai biologi evoluzionisti sulla base di due considerazioni:
1. La prima è di tipo teorico e riguarda il problema dei vantaggi evolutivi, ovvero di quelle caratteristiche utili alla
sopravvivenza, secondo questi studiosi l’homo sapiens è il primo in grado di produrre suoni complessi, i vantaggi della
specie umana si sono notevolmente accresciuti con l’invenzione della scrittura
2. La seconda è di tipo empirico e riguarda lo studio di alcuni disturbi del linguaggio, che si manifestano nell’incapacità di
usare determinate regole grammaticali, essi sono ereditari e si trasmettono secondo l’ordine mendeliano, egli osservò che
l’assenza di determinati geni faceva manifestare queste patologie.
Le argomentazioni lasciano presumere che vi sia una base biologica del linguaggio, quanto questa base sia estesa e quanto sia
invece acquisito è sconosciuto, possiamo dunque dire che le lingue hanno un fondamento comune e la loro origine si confonde con
l’origine della specie.
2. Le funzioni del linguaggio: pensare e comunicare
Tramite la frase di Vico che afferma che il linguaggio nasce insieme al pensiero, che i primi suoni umani imitano quelli naturali e
che i bambini sono la rappresentazione vivente di un’umanità primitiva, si risveglia nei pensatori l’interesse per l’idea dell’esistenza
di uno stretto legame tra pensiero e linguaggio, il pensiero contribuisce alla formazione del linguaggio e questo arricchisce gli
strumenti del pensare. Le funzioni del linguaggio:
1. Funzione cognitiva del linguaggio le operazioni fondamentali del linguaggio trovano corrispondenza nelle strutture del
linguaggio, pensare una cosa significa nominarla, classificarla, enumerarla, attribuirle un predicato e dei complementi,
oltre che a pensare il mondo il linguaggio serve però anche a comunicare agli altri il nostro pensiero e ricevere dagli altri
il loro.
2. Funzione comunicativa del linguaggio sullo stesso piano della funzione cognitiva troviamo quella comunicativa, è
impossibile dire quale sia quella prioritaria perché sono intrinsecamente legate, per dire qualcosa prima dobbiamo
pensare e comunicare è un incentivo per elaborare il pensiero
Perché la comunicazione abbia atto è necessaria la presenza di alcuni elementi:emittente, ricevente, canale, codice e messaggio.
L’emittente deve tradurre il messaggio in un codice, il ricevente deve usare un codice analogo per decifrarlo, perché i due
interlocutori si capiscano è necessario che il codice sia condiviso, ciò non significa che debba essere identico, anche perché è
impossibile, ma è necessario un certo grado di condivisione.
Il concetto di condivisione del codice indica due aspetti: primo che il linguaggio è una convenzione sociale e che ha carattere
normativo, ovvero che è formato da una serie di regole che definiscono i limiti entro i quali può essere confezionato il messaggio.
Non esiste quindi linguaggio senza una comunità di parlanti, ognuno nasce in un mondo già strutturato dalle istituzioni e il
linguaggio è una di queste che, salvo casi patologici, viene appresa naturalmente, questa predisposizione rappresenta tuttavia una
potenzialità da attivare.
L’acquisizione di competenze linguistiche è ancora un fenomeno misterioso, appena nato il bambino è in grado di produrre tutti i
fonemi delle lingue del mondo, non si sa come, ma è certo che l’acquisizione del linguaggio richiede una prolungata interazione
sociale, la nostra lingua madre è tuttavia, non solo una delle molte lingue parlate nel mondo, ma anche una delle tante varianti della
stessa.
3.La variabilità dei linguaggi umani nello spazio e nel tempo
Le lingue hanno caratteristiche strutturali comuni, le strutture grammaticali e sintattiche sono quelle che presentano maggi