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Capitolo 2: STATI FORTI, STATI DEBOLI E POLITICA ECONOMICA ESTERA
1. Nazionalismo economico e politica estera
Stati forti sono la Francia, l’Unione Sovietica e la Repubblica popolare cinese. Questi stati sono caratterizzati
da una forte centralizzazione del potere e i governanti hanno una certa autonomia rispetto alle pressioni
della società e sono in grado di fare scelte improntate sull’interesse generale di stato e società piuttosto che
sugli interessi particolaristici.
La Francia.
La sua struttura può essere riassunta come stato forte e società debole, il suo sviluppo è caratterizzato da
un processo di costruzione e razionalizzazione delle istituzioni statali che ha preceduto il processo di
espansione della partecipazione politica. Gli stati uniti rappresentano il contrario. La Francia è caratterizzata
da una società poco dinamica e scarsamente organizzata mentre gli stati uniti sono una società eterogenea
e attiva. Il legame tra Stato e società è basato sul ruolo svolto dalle burocrazie, in Francia la pubblica
amministrazione, negli Stati Uniti le organizzazioni private. La struttura interna della Francia deriva dalla
rapida sottomissione dell’aristocrazia alla monarchia; le riforme napoleoniche portarono ad una macchina
amministrativa forte ed accentratrice e formarono un’ideologia secondo cui l’attivismo del governo era
considerato normale e desiderabile. La comunità economica era debole, formata da imprese di piccole
dimensioni e sottomesse al ruolo dello Stato. Le piccole imprese cercarono il sostegno dello Stato. Lo
strumento francese per la conquista era quello militare e come scopo aveva l’assorbimento, quello
americano era la proprietà e lo scopo era lo sfruttamento. La Francia affronta le relazioni internazionali
intermini di trattati mentre gli stati uniti come contratti. Nel secondo dopoguerra la Francia non si arrese al
commercio delle tra nazioni industriali avanzate e il governo intervenne per favorire la ristrutturazione
dell’industria chimica. Alla fine degli anni 50 per ridurre l’infrazione ridusse le tariffe protettive sulle
importazioni, le imprese vennero aiutate per aumentare le esportazioni allocando alle casse dello stato parte
dei contributi per la sicurezza sociale. La partecipazione all’Ue ha inciso sulle istituzioni statali e sulla
partecipazione commerciale francese, il processo di europeizzazione ha portato ad alcune conseguenze:
- Riduzione del ruolo del presidente negli affari europei perché dopo Maastricht nuovi attori si sono
aggiunti alla politica europea (primo ministro, burocrati,..)
- Parziale indebolimento del segretario generale per gli affari europei (sgae) come strumento di
coordinamento politico-decisionale.
L’Ue è vista come un utile strumento di pressione per costringere lo stato ad agire in maniera più efficiente,
la costruzione del mercato unico era una buona occasione per razionalizzare settori domestici arretrati.
Le caratteristiche della struttura interna della Francia sono importanti per spiegare il modo in cui il paese
definisce le proprie preferenze e l’efficacia della sua azione negoziale in sede comunitaria. Gli affari relativi
alla cooperazione economica europea sono coordinati dal Sgae, il quale è diventato lo strumento principale
per armonizzare i vari ministeri, Il Sgae è il solo responsabile per la formulazione delle linee d’azione verso
l’UE. Tra il 1946 e il 1980 lo stato è riuscito a trasformate profondamente la società facendo diventare la
Francia un paese industriale avanzato. Lo stato ha svolto un ruolo centrale nei processi di ristrutturazione e
rilancio dell’industria degli anni Ottanta e Novanta, grazie alla nazionalizzazione delle industrie. Anche dopo
la privatizzazione il peso dello stato nell’economia era pesante e ha continuato a svolgere un ruolo
importante. Negli anni Novanta molti programmi di modernizzazione sono stati resi possibili dal fatto che i
dirigenti delle imprese avevano degli stretti legami con le elìte pubbliche e potevano contare su strumenti
pubblici. Negli ultimi anni da politiche basate su sussidi e tariffe protettive si è passati a interventi indiretti
basati prevalentemente sulla politica sociale e su politiche tese a favorire la riduzione del costo del lavoro, la
creazione di ammortizzatori sociali per i licenziamenti e il miglioramento della formazione professionale. Nel
nuovo contesto lo stato organizza l’ambiente nel quale gli attori economici operano. Hanckè sostiene che
nonostante i cambiamenti della politica economica francese, questa è ben lontana dall’avvicinarsi dal
modello anglosassone. La politica finanziaria francese si è basata sul favorire i finanziamenti diretti esteri,
tentando di impedire che ciò si traducesse in un’eccessiva dipendenza dal Paese dal mercato internazionale.
Questo ha portato a una politica di controllo de flussi di capitale internazionale e a una serie di misure tese a
regolamentare gli investimenti diretti nel paese (nel 1968 il governo pose il veto sul tentativo della Fiat di