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Parlamento e dal governo per esigenze di coordinazioni statali. Altro istituto, da molti
anni non più utilizzato, è un Consiglio di gabinetto che fu introdotto nel governo
Craxi prima in via informale poi in un decreto del presidente del Consiglio dei ministri:
è composto da quest’ultimo e dai ministri dei dicasteri più forti che dovevano
costituire una sorta di aiuto, di consiglio ristretto, sulla cui costituzionalità di discusse
molto. Altri istituti sono i comitati dei ministri e i comitati interministeriali: i
primi, istituiti con un DPR e regolati all’art. 5 possono essere istituiti per questioni
particolari di carattere istruttorio o propositivo, col compito di esaminare in via
preliminare delle questioni; gli altri sono istituiti con legge, hanno un rilievo esterno e
sono risalenti (1933, comitato per la tutela del risparmio e del credito) ai primi anni
della Repubblica, soprattutto in materia economica: comitato per i prezzi, per la
programmazione economica, per la programmazione industriale, per il commercio
estero. Essi erano presieduti dal presidente del Consiglio e dai ministri interessati alla
materia. Questa eccessiva proliferazione che rischiava di esautorare il Consiglio dei
ministri, portò a una nuova legge del ’93 col quale si soppressero ben 12 comitati e
si lasciò in vita solo quello per la programmazione economica, per il credito e il
risparmio e quello per le informazioni e la sicurezza; nel 2005 se ne aggiunge un
quarto, per gli affari europei e comunitari.
Meccanismo della sfiducia per la responsabilità politica
Per quanto riguarda la responsabilità giuridica, in particolare penale, si trova
disciplina all’art. 96; è stato modificato nel 1989, perché il testo originario prevedeva
un meccanismo per cui un reato connesso alle funzioni che stava esercitando, venisse
giudicato dalla Corte Costituzionale dopo essere stato messo in accusa dal
Parlamento, come nello Statuto Albertino. Con una legge costituzionale del ’53 si
formava una commissione inquirente disciplinata da una legge ordinaria del ’78;
tuttavia questa procedura fu applicata solo nel caso dello scandalo Lockheed alla fine
degli anni ’70, in cui due ministri furono condannati. La legge ordinaria del ’78 fu
sottoposta a referendum abrogativo che passò, quindi si sentì la necessità di rivedere
questo articolo della Costituzione che nell’89 fu modificato; si torna alla normale
competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria, con una procedura particolare perché si
prevede una garanzia, nel senso che si può arrivare a un procedimento penale nel
caso ci sia un’autorizzazione o della Camera o del Senato, come nel caso si voglia
limitare la libertà personale di un ministro. Quando al pubblico ministero arriva la
denuncia rimette la questione a un collegio di 3 giudici, che compie delle indagini
preliminari e può decidere per l’archiviazione oppure trasmettere gli atti alla
presidenza della camera competente: se il ministro è un deputato sarà la Camera, se
un ministro è un senatore sarà il Senato, se il ministro non è un parlamentare è il
Senato. A sua volta il presidente della camera competente invia il fascicolo alla
giunta per l’autorizzazione a procedere che esaminerà e riferirà poi alla camera,
formulando delle proposte all’assemblea. L’autorizzazione può essere negata se
l’assemblea della Camera o del Senato reputi “con valutazione insindacabile che
l’inquisito ha agito per la tutela di un interesse costituzionalmente vincolante, ovvero
per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione
di governo”; si tratta di ipotesi nelle quali alla magistratura può essere negata la
46 Chiara Marziantonio
©
possibilità di portare avanti le indagini: occorre però la maggioranza assoluta. Tutti i
reati commessi come privato cittadino non passano da alcuna autorizzazione della
camera. Ci sono stati tentativi col lodo Schifani del 2003 e poi col lodo Alfano del
2008 di creare una protezione maggiore per le 5 cariche dello stato, però questi atti
normativi sono stati tutti dichiarati incostituzionali.
Il governo svolge funzioni di indirizzo politico; i singoli ministri sono a capo anche
di comparti importanti quindi svolgono funzioni amministrative. Il governo però
svolge anche importanti funzioni normative: può adottare sia atti normativi aventi
forza di legge che atti che forza di legge non hanno; per atto avente forza di legge si
intende la sua idoneità ad abrogare un atto pari alla legge (attivo), e il non poter
essere abrogati se non da un atto che ha forza pari alla legge (passivo). Tali atti sono
anche detti atti primari; quindi le fonti primarie sono gli atti del Parlamento e gli
atti aventi forza di legge. Quando si parla di fonti di produzione del diritto si
intendono tutti quei fatti e quegli atti ai quali l’ordinamento conferisce l’attitudine a
produrre norme giuridiche; le fonti fatto sono pochissime nel nostro ordinamento
(consuetudini costituzionali per quanto riguarda la formazione del governo), più
comunemente codificate (leggi, regolamenti). La fonte legislativa, al tempo delle
costituzioni flessibili, era un atto primario per cui tale aggettivo è rimasto anche se
oggi alla testa delle fonti vi sono le carte costituzionali rigide: le leggi ordinarie non
possono modificarle. Ci sono degli atti emanati dal governo espressamente previsti
dalla Costituzione, perché normalmente l’esecutivo non ha la possibilità di adottare
atti primari, di competenza piuttosto del Parlamento; in alcuni casi tuttavia previsti e
disciplinati si attribuisce al governo la possibilità di adottare atti aventi forza legge,
che hanno forza attiva di abrogare un atto legislativo e la forza passiva di resistere
all’abrogazione se non da parte di una legge. Sono principalmente il decreto legge e
il decreto legislativo.
All’art. 76 si disciplina l’ipotesi di delega legislativa: l’esercizio di tale funzione non
può essere delegato al governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi,
e soltanto per tempo limitato e oggetti definiti; il Parlamento dovrà quindi specificare i
criteri generali in base ai quali il governo adotterà un atto avente forza legge, definire
chiaramente l’oggetto e definire il tempo entro cui tale atto deve essere adottato.
L’assemblea approva dunque una legge delega con dei contenuti ben individuati che
viene promulgata dal presidente della Repubblica, pubblicata in gazzetta ma si rivolge
al governo, non ai cittadini; da quel momento parte il tempo entro cui il governo deve
adoprarsi per adottare il decreto legislativo rispettando i principi indicati dalla legge
delega; ci sarà un’iniziativa del ministro competente con presentazione al Consiglio dei
ministri e l’approvazione finale è del Consiglio stesso. In seguito sarà inviato al
presidente della Repubblica per l’emanazione, pubblicato in gazzetta ufficiale e
superata la vacatio legis entrerà in vigore. Ci sono alcuni casi in cui è nella natura
stessa della cosa che non può esservi la delega, come nel caso della legge di
autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali, o nel caso di approvazione del
bilancio dello stato, perché comunque è un azione di controllo del governo da parte
del Parlamento.
E’ possibile anche un’esecuzione frazionata delle deleghe: se una legge delega
prevede più oggetti si può attuarla con più decreti legislativi, ognuno disciplinante una
questione. 47 Chiara Marziantonio
©
L’art. 76 prevede che la legge delega stabilisca dei criteri direttivi: un decreto
legislativo che contrastasse con la legge delega è incostituzionale, non solo per quelle
disposizioni della legge delega ma qualunque altro ulteriore limiti fissi il decreto
legislativo deve rispettarla. E’ stata prevista poi la possibilità dei cosiddetti decreti
legislativi correttivi: per questioni particolarmente complesse si stabilisce oltre alla
delega principale che il governo possa ritornare sulle sue decisioni entro un lasso di
tempo, per correggerlo; i decreti legislativi rientrano tra quegli atti che in base all’art.
134 sono sottoposti al controllo della Corte Costituzionale. I decreti legislativi non
erano sconosciuti nemmeno in epoca precedente, sotto il vigore dello Statuto
Albertino: in qualche modo il Parlamento ne faceva uso in caso di necessità; questo
potere fu incrementato moltissimo nel periodo fascista, dove non si prevedeva un
limite per attuare questa legge delega: fu uno dei passaggi importanti che esautorava
il Parlamento in favore del governo, disciplinato dalla legge 100/1926. Un tipo
particolare di decreto delegato è costituito dal testo unico, in genere emanato in
base a una legge di delega: sono atti tesi a riprodurre norme già in vigore con lo scopo
di coordinarle e sistematizzarle, per venire a disciplinare in materia organica una
particolare materia. Altra tipologia sono le norme di attuazione degli statuti delle
regioni a statuto speciale. Altra ipotesi in cui ci può essere una delega dei poteri
legislativi al governo si ritrova all’art. 78, dove le camere possono deliberare lo stato
di guerra e conferire al governo poteri.
All’art. 77 è invece previsto il decreto legge: il governo in casi straordinari di
necessità e urgenza può adottare provvedimenti provvisori con forza di legge; tali
provvedimenti sono adottati con delibera del Consiglio dei ministri, vengono emanati
dal presidente della Repubblica, pubblicati in gazzetta ufficiale e entrano in vigore.
Possono riguardare tutte le questioni, salvo quelle in cui il Parlamento effettua un
controllo sul governo. Essendo motivata da ragioni straordinarie e d’urgenza non
conosce la vacatio legis, ma è provvisorio, per cui il giorno stesso della pubblicazione
il governo deve presentare alle camere un disegno di legge di conversione del
decreto legge, che segue l’iter delle altre leggi. Il preambolo di questo disegno di
legge di conversione deve contenere le motivazioni dell’urgenza che hanno indotto il
governo ad adottarla, tanto che un presidente di gruppo o un gruppo possono
presentare una pregiudiziale di costituzionalità. La legge di conversione deve essere
approvata dall’aula, ma non è un caso di riserva di assemblea prevista dall’art. 72,
bensì prevista dai regolamenti parlamentari stessi; come tutte le leggi sarà poi
promulgata dal presidente della Repubblica e pubblicata in gazzetta. Può anche
portare delle modifiche a degli articoli del decreto legge, che ha efficacia massima di
60 giorni; tutti gli effetti dopo questa scad