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Il presidente della Repubblica emana i propri atti attraverso DPR, che stanno a
significare l’avvenuto controllo su un atto, come la promulgazione di una legge
o la ratifica di un trattato internazionale; la nomina di un dirigente delle
pubbliche amministrazioni non sta a significare che abbia scelto il presidente,
poiché tale scelta spetta al Ministro del consiglio dei ministri: egli controlla la
scelta e solo in determinati casi può rifiutarsi di accettarla. Al contrario, ci sono
DPR in cui la sostanza è riconducibile alla volontà del presidente della
Repubblica, come la nomina dei 5 senatori a vita, e dei 5 membri della
Corte Costituzionale, la convocazione straordinaria delle camere, il
potere di grazia, i messaggi alle camere e in generale i poteri di
esternazione. Ci sono poi atti che si possono definire a partecipazione
complessa: la nomina del presidente del Consiglio, normalmente accettata da
chi viene nominato, in base a una situazione politica; lo scioglimento anticipato
delle camere, dove si tengono in considerazione anche i pareri dei presidenti
delle camere e del presidente del Consiglio, ma la parola ultima spetta a lui,
potere vietato perciò nel semestre bianco, ossia negli ultimi sei mesi del suo
mandato dove potrebbe servire a forzare la mano del Parlamento per
un’eventuale rielezione.
La responsabilità del presidente della Repubblica
Non esiste un meccanismo istituzionalizzato per far valere la responsabilità
politica del presidente della Repubblica, ossia per discutere le sue scelte non
condivise; per quanto riguarda la responsabilità giuridica ci sono degli
articoli della Costituzione, come l’art. 90 che dice che è responsabile per gli
atti compiuti nell’esercizio delle proprie funzioni solo in due ipotesi: alto
2 Chiara
Marziantonio ©
tradimento, come intese con potenze straniere, venir meno alla propria
fedeltà; o attentato alla Costituzione, ossia come un ledere di principi
costituzionali. In tali casi l’accusa spetta al Comitato parlamentare per i
procedimenti di accusa, previsto da una legge costituzionale del 1953,
commissione bicamerale formata dai membri delle giunte per le autorizzazioni
a procedere della Camera e del Senato; si esaminano le denuncie e i referti e si
può proseguire con l’archiviazione o la proposta al Parlamento della messa in
stato d’accusa. In quest’ultima ipotesi il Parlamento si deve riunire in seduta
comune e decidere se metterlo sotto accusa; se questo avviene si apre il
procedimento di giudizio alla Corte Costituzionale, che potrà finire con una
sentenza di assoluzione o di condanna, con la quale si arriverà alla
destituzione. La procedura non è quindi competente alla magistratura
ordinaria, e la Corte Costituzionale giudica in seduta integrata ossia vengono
aggiunti altri 16 membri estratti da un elenco a sorte di 45 cittadini compilato
ogni 9 anni dal Parlamento in seduta comune. Un tempo, questa procedura era
prevista anche per i ministri, norma cambiata nel 1989 motivo per cui oggi
sono giudicati dalla magistratura ordinaria.
A questo si ricollega un istituto molto antico, quello della controfirma prevista
all’art 89.1: l’Inghilterra già nel corso del 1600 con la dinastia Stuart lo
possedeva, e con esso si voleva che i decreti reali fossero controfirmati da
almeno uno dei ministri, perché in tal modo il parlamento poteva far valere una
responsabilità ministeriale; i ministri venivano resi responsabili nel momento in
cui si istituzionalizzava l’indirizzo dell’impeachment. Oggi il senso della
controfirma ministeriale identifica, per quegli atti in cui il presidente della
Repubblica ha solo funzione di controllo, chi davvero ha preso la decisione per
quell’atto; nel caso dell’emanazione, specifica che quell’atto regolamentare è
un atto governativo che deriva dalla volontà del consiglio dei ministri, e in
quello della ratifica dei trattati internazionali, indica una responsabilità politica
vera del trattato. Per quegli atti sostanzialmente presidenziali, la controfirma
attesta un controllo del governo, che si potrebbe rifiutare di controfirmare in
casi eccezionali. Per gli atti a partecipazione complessa, la controfirma
identifica un’accettazione da parte del presidente del consiglio incaricato. Ci
sono poi atti che per consuetudine non si firmano più, come le esternazioni
atipiche, gli atti che adotta in quanto presidente di organismi.
Il nostro presidente della Repubblica è quindi un organo costituzionale, è
una figura che si rapporta a tutti gli altri organi, ma tutti i poteri che ha sono
poteri di garanzia, controllo o che riguardano la tenuta del sistema e un
corretto funzionamento del rapporto maggioranza/minoranza: il suo ruolo
emerge in momenti di crisi del sistema, o nei quali sia in dubbio l’esercizio di
una legalità costituzionale.
Dialoga col governo, ratificando i trattati internazionali, nominando il
presidente del Consiglio, emanando i decreti; col Parlamento, promulgando le
3 Chiara
Marziantonio ©