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LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO (CAP 35)

La risoluzione del contratto ed suo fondamento.

Nei contratti a prestazioni corrispettive una parte si obbliga ad eseguire una prestazione al fine di ricevereuna controprestazione: ciascuna prestazione trova giustificazione nella prestazione dell'altra. Il rapporto dicorrispettività tra le prestazioni si designa con l'espressione sinallagma cioè esprime l'idea della reciprocitàfra le prestazioni. Il sinallagma risulta dal contratto: si discute, allora, di sinallagma genetico. Il sinallagmatuttavia, si realizza nella fase dell'esecuzione del contratto, allorché le parti eseguono la prestazione: siparla, allora, sinallagma funzionale.Lo scambio fra le prestazioni, infatti, non può più realizzarsi o non può realizzarsi alle condizionieconomiche stabilite inizialmente. Nel linguaggio giuridico, quando ciò accade, si dice che vi è un difettofunzionale della causa.

Il difetto genetico riguarda il contratto come atto e rende il contratto nullo; il difetto funzionale, invece, investe il rapporto contrattuale e comporta non la nullità del contratto ma la risoluzione: il contratto, di per sé, resta valido, mentre il rapporto contrattuale si risolve.

Per quanto riguarda i contratti societari o di associazione, vengono definiti contratti con comunione di scopo. Qualche autore ritiene che questi contratti possono essere definiti onerosi, in cui si accolga una nozione ampia di onerosità, intesa come sacrificio economico che si rinviene in capo a tutte le parti contrattuali. Inoltre i contratti con comunione di scopo non possono essere definiti contratti di scambio: i conferimenti dei soci non sono in rapporto di reciproca dipendenza, giacché confluiscono tutti nella realizzazione di uno scopo comune.

La risoluzione per inadempimento. L’inadempimento consiste nella mancata o inesatta esecuzione della prestazione.

Soltanto l'inadempimento imputabile può dar luogo alla risoluzione. Però, ciò non basta: occorre che sia presente un ulteriore requisito, la non scarsa importanza dell'inadempimento. Stabilisce l'articolo 1455 che "il contratto non si può risolvere se l'inadempimento di una delle parti è di scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra".

L'inadempimento dovrà considerarsi di non scarsa importanza quando è destinato ad incidere sulla funzione concreta del contratto stipulato. Ai fini della valutazione degli interessi concreti, l'interprete valuterà alcuni indici specifici: ad esempio, il momento in cui il contratto è stato concluso, i tempi di adempimento, il tipo e l'entità delle prestazioni, la qualità dei contraenti.

Dunque, tutte le volte in cui la parte virtuosa, a seguito del ritardo nell'adempimento della controparte, non realizza

L'interesse concreto per cui aveva stipulato il contratto, si vede costretta a recepire altrovel'utilità economica non assicurata dalla prestazione ineseguita, l'inadempimento deve considerarsi di non scarsa importanza. In alcuni casi è la legge stessa a prevedere quando l'inadempimento stesso sia da considerare grave. La gravità dell'inadempimento va accertata avendo riguardo all'economia generale del contratto e al concreto svolgimento del rapporto contrattuale.

Gli effetti della risoluzione del contratto per inadempimento. La risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo fra le parti, salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l'effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite. La risoluzione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione.

La risoluzione giudiziale per

inadempimento. È possibile distinguere la risoluzione giudiziale per inadempimento (quella che richiede una sentenza del giudice) dalla risoluzione di diritto (che si verifica automaticamente al verificarsi di determinati presupposti).

Risoluzione giudiziale. Nei contratti a prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l'altro può a sua scelta chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno. La parte non adempiente ha due possibilità: o chiede al giudice di condannare il non adempiente ad eseguire la prestazione mancata; o agisce per ottenere la risoluzione del contratto.

La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio sia stato promosso per ottenere l'adempimento; ma non può chiedersi l'adempimento quando è stata domandata la risoluzione. Dalla data della domanda di risoluzione l'inadempiente non può più

adempiere la propria obbligazione. La ragione del divieto di domandare l'adempimento, quando sia stata domandata la risoluzione, viene rinvenuta nella tutela delle ragioni della parte inadempiente: quest'ultima, infatti, dopo che gli viene domandata la risoluzione, confida sul fatto che la controparte non abbia più interesse all'esecuzione della prestazione. Diversamente, qualora la parte chieda l'adempimento giudiziale della prestazione, può successivamente domandare la risoluzione del contratto, in ogni stato e grado del processo.

La sentenza del giudice che pronuncia la risoluzione del contratto ha carattere costitutivo: la risoluzione per inadempimento è una vicenda contrattuale e non del contratto; quest'ultimo, dunque, rimane valido, mentre il rapporto contrattuale si scioglie.

Prima della domanda di risoluzione, la parte non inadempiente ha la facoltà di rifiutare l'adempimento tardivo, quando quest'ultimo non

corrisponde più all'interesse del creditore. Nell'ipotesi in cui entrambe le parti siano risultate inadempienti, il giudice chiamato a decidere sulla controversia, accertata la sussistenza dei presupposti previsti dalla legge, dovrà necessariamente imputare la risoluzione a uno solo dei soggetti contraenti, in ragione della gravità e rilevanza delle rispettive inadempienze delle parti. La risoluzione stragiudiziale. La diffida ad adempiere. Le tre ipotesi di risoluzione stragiudiziale per inadempimento sono: la diffida ad adempiere; la clausola risolutiva espressa; il termine essenziale. Diffida ad adempiere: alla parte inadempiente l'altra può intimare per iscritto di adempiere entro un congruo termine, con dichiarazione che, decorso inutilmente il termine, il contratto s'intenderà senz'altro risolto. Il termine non può essere inferiore a 15 giorni, salvo diversa pattuizione delle parti o salvo che, per la natura del

contratto o secondo gli usi, risulti congruo un termine minore. Qualora la parte non inadempiente contesti la ricorrenza dell'inadempimento oppure il fatto che esso non sia grave, il giudice accerterà o meno l'avvenuta risoluzione del contratto. Sì è stabilito che il contraente il quale abbia intimato diffida ad adempiere, può rinunciare, anche dopo la scadenza nel termine indicato e anche attraverso comportamenti concludenti, alla diffida ed al suo effetto risolutivo.

La clausola risolutiva espressa. I contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva allorché una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite. Nella clausola risolutiva espressa il giudizio sull'importanza dell'inadempimento è formulato dalle parti, senza che si possa sindacare la rilevanza o meno della prestazione inadempiuta rispetto all'economia del contratto. Per la configurabilità

della clausola risolutiva espressa, le parti devono aver previsto la risoluzione di diritto del contratto per effetto dell'inadempimento di una o più obbligazioni determinate. Prevede l'articolo 1456 che, verificatosi l'inadempimento previsto dalla clausola risolutiva espressa, la risoluzione si verifica di diritto, quando la parte interessata dichiara all'altra che intende valersi della clausola. L'effetto risolutivo, dunque, si realizza soltanto quando si pone in essere l'ultimo segmento della fattispecie risolutiva in esame, rimesso alla volontà della parte non inadempiente. Il principio della buona fede contrattuale si pone come canone di valutazione sia dell'esistenza dell'inadempimento, sia del conseguente legittimo esercizio del potere unilaterale di risolvere il contratto al fine di evitarne l'abuso. Il termine essenziale. Il termine è essenziale in senso oggettivo quando il suo decorso fa perdere definitivamente.

l'utilità economica che il contrente mirava a realizzare, impedendo anche di ottenete altrove l'interesse cheotteneva perseguire con la conclusione del contratto. Il termine, poi, è essenziale in senso oggettivo quando le stesse parti abbiano attribuito tale carattere allascadenza del tempo della prestazione. Fra gli interpreti ci si è chiesto, in che momento il contratto debba considerarsi risolto: se al momento dellascadenza del termine o allo spirare dei 3 giorni successivi alla scadenza del termine essenziale. L'art 1457 prevede che il creditore, scaduto il temine, "se vuole esigerne l'esecuzione nonostante lascadenza del temine, deve darne notizia all'altra parte entro 3 giorni". Si può esigere l'esecuzione dellaprestazione soltanto se il contratto non si sia ancora estinto: dopo la scadenza del temine il creditore ha ancora un margine di tempo per sciogliere il contratto. La clausola che prevede un termine

Essenziale in senso oggettivo e la clausola risolutiva espressa. Si pone il problema di individuare alcuni criteri distintivi fra la clausola che prevede un termine essenziale in senso soggettivo e la clausola risolutiva espressa. I contraenti possono volontariamente scegliere se adottare l'una o l'altra fattispecie per regolare i loro interessi.

In primo luogo si consideri la fattispecie di più facile soluzione. Le parti prevedono che, in caso di scadenza del termine, il contratto si intenderà risolto ai sensi dell'art 1457. Non è tanto la previsione della risoluzione del contratto quando il richiamo normativo a permettere di concludere che sia in presenza di una clausola la quale prevede un termine essenziale di adempimento.

Non è preclusa da altra parte, la possibilità di individuare la volontà comune delle parti allorché le stesse, nel redigere la clausola sulla scadenza del termine, omettano gli specifici riferimenti.

normativi. Se le part, dunque, hanno fatto riferimento alla essenzialità del termine, deve ritenersi che le stesse abbiano inteso invocare la disciplina di cui all'art 1457 del cod. civ.. Diversa, invece, è la conclusione allorché i contra

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A.A. 2020-2021
127 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher rob1993 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto privato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Marozzo Della Rocca Paolo.