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DIZIONARIO DIACRONICO DI FILOSOFIA POLITICA

Giustizia: Nel pensiero dei l’idea della giustizia si collega in maniera indissolubile al concetto di (fisica e morale),

necessità

filosofi greci

espressione di un’armonia universale superiore alle mutevoli leggi umane. La giustizia è la conformità all’ordine dell’universo, nel quale ogni

cosa riceve una propria collocazione ed assolve a compiti determinati. La legge (nómos) che disciplina la condotta degli individui nella non

polis

è altro che l’espressione dell’ordine naturale, che impone a ciascuno un proprio ruolo e precise funzioni. Per la giustizia è l'armonia tra

Platone

le facoltà dell'anima e anche tra le classi di cittadini, in quanto assegna ad ogni facoltà oppure ad ogni classe sociale quello che a ciascuno

spetta, come attuazione del proprio compito. La principale tra le virtù etiche è, per la giustizia, poiché è capacità di tenere un

Aristotele,

comportamento virtuoso non solo in rapporto a se stessi ma anche in rapporto agli altri. Con riferimento alla giustizia, intesa in senso generale

come rispetto delle leggi, Aristotele distingue tra: 1) giustizia distributiva: tutti i beni devono essere distribuiti secondo i meriti di ciascuno; 2)

giustizia commutativa, la quale commuta, trasforma le colpe in pene, ossia in punizioni per le violazioni delle leggi e dei contratti che regolano

la convivenza sociale. Come Aristotele, distingue tra virtù intellettuali e virtù morali. Le principali virtù morali, chiamate anche virtù

Tommaso

cardinali, sono la giustizia, la temperanza, la prudenza, la fortezza. Per la giustizia si definisce solo con la nascita dello Prima

Stato.

Hobbes

della costituzione della società civile non c’è né giustizia né ingiustizia ma solo un diritto illimitato di tutti su tutto, il quale si traduce

sostanzialmente in arbitrio. La nascita dello Stato, invece, e la presenza di un sovrano che emana le leggi e regola la convivenza civile rendono

possibile la distinzione tra ciò che è giusto e ciò che è ingiusto. Per la giustizia è la realizzazione dei principi di giustizia, e questi sono

Rawls

quei principi di distribuzione dei costi e benefici tra i partecipanti all’impresa sociale che sarebbero scelti da un soggetto in condizione di

garantire il massimo di equità della scelta.

Autorità: L’autorità indica un insieme di qualità riconosciute facenti capo a un’istituzione o a una persona singola. Tra le forme di governo

elencate da Aristotele ritiene che la migliore sia la monarchia, poiché garantisce meglio l'ordine e l’unità dello Stato ed è più simile

Tommaso

allo stesso governo divino del mondo. Ma lo Stato, se può indirizzare gli uomini alle virtù intellettuali e morali, non può invece indirizzarli alla

contemplazione di Dio che è il loro fine ultimo. Pertanto l'autorità civile e politica deve essere subordinata a quella religiosa. In quale modo si

debba esercitare questa subordinazione non è stato tuttavia da Tommaso pienamente definito. di e di

Il Principe Il Leviatano

Machiavelli

propongono per la prima volta una nozione moderna e laica di autorità, concepita come l’insieme delle prerogative sociali e giuridiche

Hobbes

che permettono l’esercizio del potere. La necessità di superare e controllare le lotte e le divisioni, che fatalmente caratterizzano l’ordine

naturale dell’umanità, legittima per Hobbes l’edificazione di un’autorità politica intesa come controllo incondizionato delle istituzioni statali

sulla società. Contro l’assolutismo hobbesiano, nei pone per la prima volta le basi di quella visione

Due trattati sul governo,

Locke,

costituzionale e liberale dell’autorità destinata a influenzare non solo le teorie politiche dell’illuminismo, ma anche gran parte del pensiero

liberal-borghese fino a Constant. Secondo tale impostazione, libertà e uguaglianza formali, in quanto diritti originali e naturali dell’uomo, non

solo condizionano l’esercizio dell’autorità, ma ne costituiscono il fondamento. Ancora contro ogni impostazione assolutistica, nel

Rousseau,

teorizza il concetto di un’autorità che non è più prerogativa di un potere politico sovraordinato ai cittadini, ma emanazione

Contratto sociale,

«volontà generale».

della

Potere: Con il termine potere si fa riferimento alla forza cui i detentori dell’autorità possono e, di frequente, debbono far ricorso per

«capacità di fatto» «capacità

ottenere il rispetto delle loro decisioni. Dunque, mentre il potere è una pura di comandare, l’autorità costituisce una

di diritto» di farlo (Cotta). In merito al rapporto tra autorità e potere si possono indicare due interpretazioni opposte; la prima è quella

rappresentata dal di Machiavelli: egli riassorbe l’autorità nel potere, cioè considera come elemento centrale ed esaustivo della politica

Principe

la violenza, in riferimento alla capacità di costringere gli altri a obbedire mediante la coercizione, accompagnata dalla simulazione, dalla

«volto

menzogna e dall’inganno; dall’altro lato, la posizione assunta dall’anarchismo e dal marxismo tende invece a vedere del potere solo il

demoniaco» (Ritter), e quindi a dissolvere le funzioni di comando politico ipotizzando come realizzabile l’autoregolazione dei comportamenti,

ottenuta senza ricorso alcuno alla coercizione. Il limite della prima interpretazione è di eliminare radicalmente ogni possibilità di fondazione e

di valutazione morale della politica, accreditando di quest’ultima un resoconto che tende a esaurirla in rapporti di puro dominio; il limite della

seconda consiste nel pretendere che la politica si autoidentifichi con una prassi basata integralmente sulla spontaneità nei rapporti della

convivenza, al di là di ogni vincolo.

Libertà: Indica in generale lo stato di un soggetto che, fornito della facoltà di scegliere autonomamente i fini da perseguire e i mezzi atti a

conseguirli, può ossia agire senza costrizioni o impedimenti. nell’Etica definì libera e volontaria

autodeterminarsi, Nicomachea

Aristotele

l’azione originata non da forze esterne, ma dal soggetto agente sulla base di una conoscenza appropriata di tutte le circostanze dell’azione

medesima. Con l’affermarsi del pensiero cristiano e la maturazione del concetto di si attribuì al soggetto-persona una propria

humanitas,

autonomia. Il concetto di libertà non fu più inteso in senso politico ed esteriore ma in contrapposizione alla schiavitù interiore generata dal

peccato originale. La vita terrena è il regno ove il male e la violenza non saranno mai del tutto eliminabili ma l’uomo può liberarsi dalla

schiavitù delle passioni e guadagnarsi il regno dei cieli grazie all’intervento della divina provvidenza. Sul piano politico, la religione cristiana

imponeva l’obbedienza all’ordine costituito: poiché il regno terreno è voluto da Dio in attesa dell’imminente realizzazione del regno divino, il

cristiano deve obbedienza all’autorità. Emerse in tutta la sua rilevanza il problema di specificare la libertà nei confronti del potere politico:

quest’ultimo doveva esplicarsi entro confini precisi, nel pieno rispetto della spiritualità e dei diritti dell’uomo soggetto e persona. Il più grande

apporto del cristianesimo fu quello di aver posto l’accento sull’individuo e sui diritti naturali, intesi come attributi indefettibili della persona.

«assenza da ogni impedimento al moto»

definì la libertà come e quindi come potere di agire. distinse tra libertà e

naturale

Hobbes Locke

«La libertà naturale dell’uomo consiste nell’essere libero da ogni potere superiore sulla terra e nel non sottostare alla volontà o

libertà politica:

all’autorità legislativa di alcuno e nel non avere per propria norma che la legge di natura. La libertà politica dell’uomo consiste nel non sottostare ad

altro potere legislativo che a quello stabilito per consenso nello Stato né al dominio di altra volontà o la limitazione di altra legge che quella che questo

potere legislativo stabilirà conformemente alla fiducia riposta in lui». L’impegno di Locke e di quanti dopo di lui sostennero la linea liberale era

mosso dall’esigenza di rinvenire soluzioni giuridiche costituzionali. La libertà non veniva invocata come astratto attributo dell’individuo ma si

collocava in un paradigma che intendeva essere concretamente garantistico. La rinuncia delle libertà naturali si riconnetteva alla

trasformazione dei precari diritti originari in diritti civili e politici stabilmente tutelati dal diritto. Per la libertà atteneva al di

noumenico:

Kant

essa non si dà esperienza, tuttavia nulla vieta di pensare che le cose in se stesse, e anzitutto l’anima, obbediscano a una causalità libera.

«fatto della ragione»,

Questa possibilità diviene necessità di fronte a ciò che Kant chiama il ovvero di fronte alla presenza (nell’uomo) della legge

morale. Poiché l’uomo si considera responsabile delle proprie azioni, egli deve necessariamente postulare la propria libertà, in quanto non

(«Devi, dunque puoi»).

avrebbero senso doveri e divieti se in qualche modo la volontà non fosse libera Il concetto kantiano di libertà come

«postulato della ragion pura pratica» si mantiene peraltro su un piano puramente formale, restando inibita all’impostazione criticistica ogni

definizione contenutistica-speculativa della libertà. considerò la libertà non come un processo speculativo, ma come un processo di

Marx

emancipazione politica, economica e sociale finalizzato ad affiancare l’uomo dalla schiavitù del bisogno e a consentire a ciascuno una concreta

autorealizzazione materiale e spirituale.

Bene comune: È il fine a cui, secondo un’antica tradizione, deve tendere il diritto . Il concetto è usato da e in

Platone Aristotele;

particolare, per quest’ultimo ogni atto umano deve tendere al bene comune. Nel Medioevo porrà il bene comune al

Tommaso d’Aquino

centro della sua concezione filosofica della legge: il potere legislativo deriva ai governanti da Dio, ma non direttamente, bensì attraverso il

consenso del popolo. Il rapporto che lega gli individui allo Stato è analogo a quello che lega le parti al tutto. Nello Stato, il cui fine primario è la

realizzazione del bene comune,

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Publisher
A.A. 2016-2017
15 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/01 Filosofia politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher pexolo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia politica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Perugia o del prof Alici Luca.