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111. LE OBLIGATIONES RE CONTRACTAE. IL MUTUO ED IL NEXUM.
a) Gaio espone la materia dei contratti utilizzando lo schema dei quattuor genera delle
obligationes ex contractu, ed iniziando dalle obligationes re contractae, i contratti reali,
quelli in cui la fattispecie contrattuale si perfeziona mediante la trasmissione di una cosa
che si aggiunge vincolante, alla conventio, l’accordo delle parti sull’assetto d’interessi
perseguito.
La categoria del contratto reale assume rilevanza in funzione della tipicità del sistema
contrattuale romano; se la figura contrattuale riconosciuta dall’ordinamento prevede la
consegna della cosa, l’accordo delle parti senza tale consegna resta senza effetti: la semplice
promessa di dare a mutuo od in comodato, l’impegno di ricevere una cosa in deposito non
vincolano le parti, finché effettivamente non si sia verificato il trasferimento della somma di
denaro o della cosa stessa.
b) In Gaio, la categoria delle obligationes re contractae si esaurisce nel mutuo, alcuni
giuristi – di scuola sabiniana – vi riportavano anche la solutio indebiti, opinione respinta da
Gaio, il quale nega che essa sia un vero e proprio contractus. Nelle Res cottidianae la
categoria dei contratti reali si arricchisce del deposito, del comodato, del contratto di pegno,
figure tutelate da iudicia bonae fidei, dopo essere state protette da formulae in factum
conceptae: si tratta di quelle che usa chiamare le obligationes re contractae del ius gentium.
La dottrina interpolazionistica considerava non classica questa estensione, mentre l’attuale
tendenza è orientata guardando alla sistemazione delle Res cottidianae come al frutto della
rinnovata riflessione di Gaio sul tema dei quattuor genera contractuum. Il problema è di
stabilire la causa di questo cambiamento di prospettiva. La categoria delle obligationes re
contractae si è formata quando vi poteva rientrare soltanto il mutuo: a parte la fiducia, il
problema è di sapere per quale ragione l’allargamento della categoria non fosse ancora
avvenuto nella seconda metà del II sec d.C. La dottrina ha osservato che, nel mutuo, il re
contrahere obligationem si fonda sul trasferimento della proprietà, mentre nel deposito, nel
comodato, nel pegno si ha la trasmissione della semplice detenzione. Nelle obligationes re
contractae del ius gentium, e nella fiducia, la trasmissione della cosa è il necessario
presupposto per il sorgere del contratto e dell’obbligazione di restituzione, ma gli effetti della
fattispecie si modellano più liberamente sulla base dell’accordo delle parti e non si
esauriscono nella pura e semplice restituzione della cosa, perché l’azione che le tutela
rientra nei iudicia bonae fidei; si potrebbe dire che l’obbligazione nasce a causa del
trasferimento di una cosa, ma si configura sull’accordo delle parti, sulla conventio.
In alcuni passi del Digesto, si trova un genus contractuum, non conosciuto né da Gaio né
dalle Institutiones imperiali: l’obligatio re et verbis contracta. Questo tipo di contratto si ha
quando, contestualmente al trasferimento di una somma di denaro a titolo di mutuo, le parti
procedano a versare in una stipulatio il relativo assetto d’interessi. Tale categoria è frutto
dell’elaborazione delle scuole postclassiche. In tali circostanze, per i prudentes l’unica
fattispecie integrata era quella della stipulatio e non si poteva agire sulla base del mutuo.
c) Il mutuo, la tipica obligatio re contractae, è un contratto reale unilaterale, a titolo
gratuito, mediante il quale il mutuante trasferisce in proprietà al mutuatario una somma di
denaro con l’accordo che quest’ultimo restituirà, alla scadenza fissata, il tantundem
eiusdem generis, e cioè la stessa somma di denaro o la stessa quantità di cose fungibili. Nel
caso non fosse fissato un termine, l’obbligo di restituzione nasceva immediatamente. La
datio è il fondamento del vincolo obbligatorio: né il mutuante né il mutuatario restano
obbligati, l’uno a far credito l’altro a riceverlo, prima che avvenga il trasferimento della
proprietà; l’obbligazione sorge nei limiti in cui è avvenuta la datio: le parti non possono
validamente pattuire che il mutuatario restituisca una somma superiore a quella ricevuta. In
senso inverso, se le parti s’accordano che il debitore debba restituire una somma inferiore a
quella trasferita, si avrà il mutuo nella misura in cui l’accipiente rimanga obbligato alla
restituzione: per il restante della somma sarà integrata la fattispecie della donazione. Il patto
fra le parti sulla prestazione degli interessi (usurae) è, così privo d’efficacia: ciò che viene
espresso affermando che ex nudo pacto obligatio non nascitur (dal patto non sorge
obbligazione). Il mutuo, come obligatio re contracta è, sul piano giuridico, un contratto
essenzialmente gratuito, il che non comporta che lo debba essere sul piano socio-
economico. Le usurae non rappresentano una prestazione vietata o illecita, ma l’obbligazione
relativa non può nascere da una clausola aggiunta al mutuo, come obligatio re contracta,
bensì il debitore deve assumersene l’obbligazione mediante un’apposita stipulatio usurarum.
La datio non consisteva necessariamente nella materiale consegna della somma di denaro:
in qualsiasi modo si potesse considerare integrata la traditio delle monete, ivi ricorreva una
numeratio idonea a creare l’obligatio re contracta. I prudentes andarono anche oltre:
Ulpiano dice che “sono state ammesse delle regole particolari in materia di mutuo”. Per
l’integrazione della fattispecie bastava che un terzo versasse denaro di sua proprietà in
quanto delegato dal creditore. Si aveva mutuo, anche quando il creditore avesse consegnato
al debitore una cosa con l’autorizzazione di venderla e trattenere il ricavato a titolo di mutuo
ed allorché, dovendo il futuro mutuatario una somma al mutuante in base ad altro titolo (ad
es., come prezzo per una compravendita), le parti s’accordassero perché fosse trattenuta,
invece, a titolo di mutuo. Perché vi sia mutuo è necessario che la datio sia efficace: il
mutuante deve essere proprietario dei nummi o poterne disporre a proprio nome.
d) La struttura classica del mutuo trova una spiegazione nella storia dell’istituto. In
epoca risalente, l’obligatio re contracta non era una fattispecie a sé stante. Se il soggetto che
aveva ricevuto in prestito di cose fungibili, non lo restituiva, era trattato alla stregua di un
ladro.
Vi è l’impossibilità, secondo le caratteristiche del mutuo classico, che l’obbligazione sorga
oltre ai limiti della datio: non si può commettere furto rispetto a quanto non si sia ricevuto.
Una siffatta configurazione non deve esser valutate prendendo a parametro il rigore delle
costruzioni giuridiche correnti alla fine della repubblica o nel periodo imperiale: secondo
queste il mutuatario, avendo acquistato la proprietà delle cose mutuate, non potrebbe
commetterne furto, e il delitto sarebbe escluso dalla circostanza che, al momento della
mancata restituzione, l’accipiente non ha più la cosa, legittimamente consumata. All’epoca a
cui si riferisce la struttura qui ipotizzata, mancava una riflessione tecnico- giuridica in base
alla quale avvertire difficoltà del genere: il diritto si creava direttamente in funzione dei
bisogni e secondo l’immaginario socio- giuridico della comunità primitiva.
e) Già all’epoca delle XII Tavole il mutuo è una fattispecie nella quale nasceva, a carico
del mutuante, una responsabilità non più di carattere penale. Per tale epoca si pone il
problema del rapporto del mutuo informale con i negozi formali di assunzione della
responsabilità, e soprattutto col nexum. Il nexum è un istituto del diritto arcaico sorto come
gestum per aes et libram dopo l’introduzione dell’aes rude: è quindi, figura recenziore
rispetto ai vades, ai praedes ed alla sponsio. Attraverso il nexum, il mancipio accipiens
acquistava un diritto, di carattere patrimoniale, sulla persona del nexus. Soggetto passivo
del nexum era colui che doveva una somma di denaro, il pagamento della quale mediante la
solutio per aes et libram costituiva la nexi liberatio. Il creditore acquistava un diritto sulla
persona o sulle operae del debitore (il nexus), diritto che gli permetteva di esercitare sullo
stesso un potere di fatto; diversamente, però, che per i vades- ostaggi di un periodo più
risalente, non si trattava di un potere essenzialmente collegato al permanere della situazione
di fatto, ma di un diritto che si estingueva soltanto con la solutio per aes et libram.
La posizione del nexus non era omologabile a quella dello schiavo
Il nexus era tenuto a prestare le operae, con il che otteneva il diritto al riscatto mediante la
nexi liberatio: tale diritto si fondava esclusivamente sulla fides, la cui rottura non sappiamo
quali conseguenze potesse importare. Si può pensare ad una protezione sacrale. Dalle fonti
risulta una duplice funzione del nexum, adoperato sia per creare un vincolo di
responsabilità, sia per assicurare al creditore il soddisfacimento di un’obbligazione mediante
la prestazione delle operae da parte del debitore. Il nexum scomparve in periodo abbastanza
risalente. Alla fine del IV sec a.C., con ogni probabilità nel 326, fu votata una lex Poetelia
Papiria. La notizia che la lex avrebbe introdotto una responsabilità esclusivamente
patrimoniale contrasta con il perdurare dell’esecuzione personale nella forma della manus
iniectio; è in dubbio se il nexum potesse continuare a funzionare, dopo il 326 a.C. per le
obligationes ex delicto. La lex Poetelia Papiria aveva avuto l’effetto di modernizzare il sistema
della responsabilità contrattuale, abolendo il nexum o causandone, in tempi brevi, la pratica
desuetudine, e contribuendo così alla <<patrimonializzazione>> dell’obbligazione romana.
f) Il mutuo, come obligatio re contracta, era un negozio a titolo gratuito: perché
sorgesse la relativa obbligazione, era necessario che per gli interessi si procedesse ad una
stipulatio. Nel caso, però, di mutuo feneratizio, nella prassi venivano versate nella verbo rum
obligatio sia la sorte che le usurae. Ciò portava ad una differenziazione nell’impiego
dell’obligatio re e di quella verbis contracta nelle operazioni di prestito: quest’ultima, come il
nexum nel periodo risalente, meglio si adattava al credito feneratizio che ai prestiti gratuiti.
Un regime particolare per le usurae vigeva per i prestiti di derrate e per i mutui concessi
dalle civitates. Nel III sec. d.C. è sufficiente l’inserzione nel mutuo di una clausola che
preveda gli inter