MODI DI TRASFERIMENTO A TITOLO ORIGINARIO
Il bene, in questo caso, non ha più legittimamente un proprietario nel momento in cui viene
captivus
acquistata la proprietà per apprensione, senza che si commetta illecito (es. ).
USUCAPIONE -> si caratterizza per essere una figura mista tra l’acquisto a titolo derivativo
e l’acquisto a titolo originario, perché in realtà un proprietario della cosa c’è, ma il
trasferimento della proprietà non avviene per volontà dello stesso, ma da diritto,
eventualmente anche contro il suo volere. La ratio di questo istituto è la funzione socio-
economico-giuridico per cui l’ordinamento permette il passaggio della proprietà dal
proprietario al possessore usucapiente per la ragione che vi è un’assoluta inattività del
proprietario, che si comporta come se quel bene non esistesse, defunzionalizzandolo, e
allora, benché questo – è vero – potrebbe fare parte delle sue prerogative rispetto al
dominium sul bene, non servendosi del bene né lui né nessun altro, l’usucapione può
avvenire. Colui che possedendone il bene lo rende utile per sé o per gli altri è premiato – a
certe, tassative condizioni - dall’ordinamento, con l’acquisizione a titolo originario del bene
stesso, per favorirne un uso socio-economico e latamente giuridico.
cinque
Il passaggio avviene con questi requisiti:
- Possessio -> [errore fatale per l’esame] -> non confondere mai tra possesso e
l’animus possidendi
detenzione -> il possesso presuppone in aggiunta alla mera
disponibilità del bene, cioè al mero corpus del possesso; perciò il ladro è il possessore
più possessore di tutti/ diversa cosa è la detenzione -> mera condizione di disposizione
l’animus rem sibi habendi
del bene, pur senza avere , perché si riconosce che la cosa non
alieni nomine
è propria, ma e così si riconosce che la cosa è di proprietà di altri. La
detenzione non basta per usucapire un bene, ma serve appunto la possessio.
- Tempus -> decorso di un tempo -> l’ordinamento consente il passaggio per usucapione
della proprietà ma solo a condizione che il possesso si esplichi per un anno per le cose
mobili o due anni per le cose immobili (con Giustiniano dieci e venti). Questo lasso di
infra
tempo può consentire all’effettivo proprietario di rivendicare il bene di cui si è stati
spossessati. Ma se non vi è reazione del proprietario, l’usucapio si radica indisturbata.
- Titulus o iusta causa -> possesso avuto in virtù di un atto che di per sé sarebbe
idoneo a trasferire la proprietà ma è mancato di qualche elemento, per cui non ha potuto
raggiungere il risultato propiziato. Es. io ho venduto uno schiavo e l’ho trasferito con
traditio -> non è consentito, per le res mancipi si usa la mancipatio. Oppure ho fatto la
mancipatio ma non sono il proprietario della cosa -> acquisto da proprietario apparente,
per cui l’atto non è produttivo d’effetti. In entrambi i casi il ricevente acquisisce il
corpus animus rem sibi habendi
possessio (disponibilità del e ) sicché si sviluppa il primo
criterio a partire da questo.
- Bona fides -> devo aver acquistato il possesso nella convinzione di non ledere un altrui
diritto o nella convinzione non colpevole di non ledere un diritto altrui. La buona fede
basta che sia iniziale, altrimenti non può essere considerata come malafede. Difatti, i
giuristi romani dicono che «mala fides superveniens non nocet».
- Res abilis -> deve cioè trattarsi di una res commerciabile e non extracommercium, che
cioè non possa essere oggetto di negoziazione. Se furtiva non è usucapibile neppure se
pervenga ad eredi del ladro o sia venduta a terzi. Idem le cose sottratte per violenza,
non res abiles
che di fatto è un furto. Sono cose le cose sante, sacre, religiose, ottenute
con violenza e le cose il cui possesso sia stato ottenuto con furto.
• Sante -> tali dall’origine, appartengono all’uso pubblico, al demanio (il foro di Roma,
l’aula del senato, le vie pubbliche, etc…)
• Sacre -> quelle che pur potendo essere private sono consacrate alle divinità, tutto
ciò che è dedicato alla religione (casa delle Vestali,
• tempio di Giove, tempio di Saturno, etc…)
• Religiose -> riguardano il culto dei defunti (sepolcro, monumenti funebri, etc…)
Ora, tutto ciò detto, immaginiamo che le parti abbiano venduto una res mancipi, e in buona
traditio
fede abbiano pensato che fosse sufficiente la consegna della cosa, la cioè.
possessore ad usucapionem
L’acquirente che ritiene di essere proprietario ne è in verità ,
salvo che in animus possidendi non decorra un anno e si manifesti l’usucuapione. Il
proprietario per il ius civile è ancora il venditore. Vi sono alcune ipotesi possibili ed eventuali:
a) L’acquirente è spossessato dello schiavo da un terzo -> il soggetto non ha azione (non
actio
è proprietario) -> qui il pretore introduce, su suggerimento del giurista, la c.d.
publiciana actio utilis rei vindicatio
-> caratterizzata per essere un , modellata sulla , in cui
fictio
si costituisce la dell’elemento materiale minimo (il tempus): non si potrebbe fingere
il possesso, poiché essa è una situazione di fatto [NON UN DIRITTO REALE, NON DIRLO
MAI]; né il titulus, meno che meno è possibile fingere la buona fede, cardine del sistema
fictio tempus
romanistico, così come il fattore res abilis -> perciò si inserisce nella il ,
consentendo al giudice di creare un actio utilis, modellata sulla rei vindicatio, per decidere
una controversia come se fosse già decorso il tempo necessario per usucapire il bene in
oggetto -> in presenza degli altri requisiti, il giudice considera semplicemente compiuto
per aver
per finzione il decorso dell’anno per l’usucapione. Quindi l’actio si usa
riconosciuta la proprietà qualora se ne sia spossessati.
b) traditio
Vendita dello schiavo con , per qualche ragione il venditore desidera riavere
indietro lo schiavo venduto, per es. perché si scopre che esso schiavo è stato istituito
erede da un terzo -> il venditore potrebbe allora approfittare della situazione – della
traditio che non ha prodotto il trasferimento della proprietà sull’acquirente, sicché esso
ne è divenuto inconsciamente solo possessore – e rivendicare la res, il servus. Per lo
stretto diritto egli potrebbe senza problemi, tuttavia su richiesta del possessore
exceptio rei venditae ac traditae
acquirente può concedergli un , che si oppone e paralizza
la pretesa dell’attore, considerando come se fosse già decorso il tempo d’usucapione. È
per bloccare la rivendica della cosa dal
il risvolto dell’actio publiciana, esperibile
proprietario quando essa è trasferita tramite negozio non idoneo.
Mezzi pretori
Anche l’actio è un mezzo pretorio, ma è quella ordinaria appunto. Questi sono ulteriori mezzi
ausiliari che il magistrato pone in essere al fine di tutelare le situazioni giuridiche, sulla base
del suo imperium. Essi sono:
- Stipulatio pretoria -> il pretore incentiva nelle parti la emissione di una promessa con
obligatio verbis al fine di tentare di prevenire o risolvere una controversia.
- Missio in possessionem -> sulla base della sua autorità, del suo imperium, il pretore
può immettere nella detenzione o nel possesso di un bene altrui la parte interessata.
- Restitutio in integrum -> restituzione nella situazione precedente alla modificazione
della realtà (es. pater familias adrogatus da un altro pater familias, che produce un caso
di successione universale inter vivos, per non pregiudicare i creditori dello stesso).
- Interdicta -> strumenti straordinari, funzionali all’esercizio diretto di un’azione. Sono
importanti per es. in materia possessoria.
Stipulationes pretorie
La stipulatio serviva al pretore ad imporre a una delle parti ad assumersi un impegno di un
certo contenuto. La stipulatio può infatti avere qualunque contenuto. L’esempio più
cautio damni infecti danno
significativo tra le stipulazioni pretorie è l’istituto della c.d. , cioè il
temuto non ancora verificatosi, ma suscettibile di una possibilità di verificarsi. Essa cautio
ha luogo quando si abbiano due fondi limitrofi di proprietà di due soggetti diversi, e uno dei
due teme che dal fondo del vicino possa derivare un danno (ancora non verificatosi, ma
potenzialmente idoneo a verificarsi. Se si fosse verificato esperirei l’actio legis aquiliae). L’es.
migliore è quello in cui un albero del fondo del vicino per vecchiaia o malattia sta per cadere
sulla casa dell’altro, ovvero quello in cui per un movimento tellurico la parete della casa
attigua del vicino ha sviluppato una pericolosa crepa. Il danno potrà anche non verificarsi
mai, ma comunque c’è la sussistenza di un timore che esso si manifesti: e tanto basta al
pretore perché la cautio damni infecti sia validamente pretesa, a patto che ovviamente il
danno temuto sia effettivamente un danno, di premente entità.
A questo punto, il temente chiede al vicino di promettere – tramite stipulatio – di
compensare l’oggetto dell’eventuale danno temuto. Se questo accetta, favorevolmente, la
questione si chiude lì. Ma se il vicino fornisce il suo diniego – come è logico che spesso
accadesse – emergeva la necessità di recarsi direttamente dal pretore, nella fase in iure.
Qui interviene il mezzo pretorio, poiché il pretore invita – sulla base della sua autorevolezza
– il proprietario del fondo da cui eventualmente potrà derivare il danno a questa promessa:
«ti invito a promettere formalmente che nell’ipotesi x temuta dal tuo vicino, se questa si
dovesse verificare, gli risarcirai il danno». Attenzione: la stipulatio non attiene quindi certo
fatta fa fare
ad una promessa dal pretore, ma una che questo all’eventualmente
danneggiante.
È chiaro che nessuno assicurasse l’esito positivo della costrizione del pretore, sicché – e anzi
questo accadeva frequentemente – all’emersione dell’ulteriore diniego, il magistrato
primo decreto
reagisce con l’emanazione di un , sulla base del quale immette il proprietario
detenzione
del fondo che teme di subire il danno nella del fondo di proprietà dell’altro vicino:
una situazione di fatto, con animus detinendi, al
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