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NEXUM.
a) Gaio espone la materia dei contratti utilizzando lo schema dei quattuor
genera delle obligationes ex contractu, ed iniziando dalle obligationes re
contractae, i contratti reali, quelli in cui la fattispecie contrattuale si
perfeziona mediante la trasmissione di una cosa che si aggiunge vincolante,
alla conventio, l’accordo delle parti sull’assetto d’interessi perseguito.
La categoria del contratto reale assume rilevanza in funzione della tipicità del sistema
contrattuale romano; se la figura contrattuale riconosciuta dall’ordinamento prevede la
consegna della cosa, l’accordo delle parti senza tale consegna resta senza effetti: la
semplice promessa di dare a mutuo od in comodato, l’impegno di ricevere una cosa in
deposito non vincolano le parti, finché effettivamente non si sia verificato il trasferimento
della somma di denaro o della cosa stessa.
b) In Gaio, la categoria delle obligationes re contractae si esaurisce nel mutuo,
alcuni giuristi – di scuola sabiniana – vi riportavano anche la solutio
indebiti, opinione respinta da Gaio, il quale nega che essa sia un vero e
proprio contractus. Nelle Res cottidianae la categoria dei contratti reali si
arricchisce del deposito, del comodato, del contratto di pegno, figure
tutelate da iudicia bonae fidei, dopo essere state protette da formulae in
factum conceptae: si tratta di quelle che usa chiamare le obligationes re
contractae del ius gentium. La dottrina interpolazionistica considerava non
classica questa estensione, mentre l’attuale tendenza è orientata
guardando alla sistemazione delle Res cottidianae come al frutto della
rinnovata riflessione di Gaio sul tema dei quattuor genera contractuum. Il
problema è di stabilire la causa di questo cambiamento di prospettiva. La
categoria delle obligationes re contractae si è formata quando vi poteva
rientrare soltanto il mutuo: a parte la fiducia, il problema è di sapere per
quale ragione l’allargamento della categoria non fosse ancora avvenuto
nella seconda metà del II sec d.C. La dottrina ha osservato che, nel mutuo,
il re contrahere obligationem si fonda sul trasferimento della proprietà,
mentre nel deposito, nel comodato, nel pegno si ha la trasmissione della
semplice detenzione. Nelle obligationes re contractae del ius gentium, e
nella fiducia, la trasmissione della cosa è il necessario presupposto per il
sorgere del contratto e dell’obbligazione di restituzione, ma gli effetti della
fattispecie si modellano più liberamente sulla base dell’accordo delle parti e
non si esauriscono nella pura e semplice restituzione della cosa, perché
l’azione che le tutela rientra nei iudicia bonae fidei; si potrebbe dire che
l’obbligazione nasce a causa del trasferimento di una cosa, ma si configura
sull’accordo delle parti, sulla conventio.
In alcuni passi del Digesto, si trova un genus contractuum, non conosciuto né da Gaio
né dalle Institutiones imperiali: l’obligatio re et verbis contracta. Questo tipo di contratto
si ha quando, contestualmente al trasferimento di una somma di denaro a titolo di
mutuo, le parti procedano a versare in una stipulatio il relativo assetto d’interessi. Tale
categoria è frutto dell’elaborazione delle scuole postclassiche. In tali circostanze, per i
prudentes l’unica fattispecie integrata era quella della stipulatio e non si poteva agire
sulla base del mutuo.
c) Il mutuo, la tipica obligatio re contractae, è un contratto reale unilaterale, a
titolo gratuito, mediante il quale il mutuante trasferisce in proprietà al
mutuatario una somma di denaro con l’accordo che quest’ultimo restituirà,
alla scadenza fissata, il tantundem eiusdem generis, e cioè la stessa
somma di denaro o la stessa quantità di cose fungibili. Nel caso non fosse
fissato un termine, l’obbligo di restituzione nasceva immediatamente. La
datio è il fondamento del vincolo obbligatorio: né il mutuante né il
mutuatario restano obbligati, l’uno a far credito l’altro a riceverlo, prima
che avvenga il trasferimento della proprietà; l’obbligazione sorge nei limiti
in cui è avvenuta la datio: le parti non possono validamente pattuire che il
mutuatario restituisca una somma superiore a quella ricevuta. In senso
inverso, se le parti s’accordano che il debitore debba restituire una somma
inferiore a quella trasferita, si avrà il mutuo nella misura in cui l’accipiente
rimanga obbligato alla restituzione: per il restante della somma sarà
integrata la fattispecie della donazione. Il patto fra le parti sulla prestazione
degli interessi (usurae) è, così privo d’efficacia: ciò che viene espresso
affermando che ex nudo pacto obligatio non nascitur (dal patto non sorge
obbligazione). Il mutuo, come obligatio re contracta è, sul piano giuridico,
un contratto essenzialmente gratuito, il che non comporta che lo debba
essere sul piano socio- economico. Le usurae non rappresentano una
prestazione vietata o illecita, ma l’obbligazione relativa non può nascere da
una clausola aggiunta al mutuo, come obligatio re contracta, bensì il
debitore deve assumersene l’obbligazione mediante un’apposita stipulatio
usurarum.
La datio non consisteva necessariamente nella materiale consegna della somma di
denaro: in qualsiasi modo si potesse considerare integrata la traditio delle monete, ivi
ricorreva una numeratio idonea a creare l’obligatio re contracta. I prudentes andarono
anche oltre: Ulpiano dice che “sono state ammesse delle regole particolari in materia di
mutuo”. Per l’integrazione della fattispecie bastava che un terzo versasse denaro di sua
proprietà in quanto delegato dal creditore. Si aveva mutuo, anche quando il creditore
avesse consegnato al debitore una cosa con l’autorizzazione di venderla e trattenere il
ricavato a titolo di mutuo ed allorché, dovendo il futuro mutuatario una somma al
mutuante in base ad altro titolo (ad es., come prezzo per una compravendita), le parti
s’accordassero perché fosse trattenuta, invece, a titolo di mutuo. Perché vi sia mutuo è
necessario che la datio sia efficace: il mutuante deve essere proprietario dei nummi o
poterne disporre a proprio nome.
d) La struttura classica del mutuo trova una spiegazione nella storia
dell’istituto. In epoca risalente, l’obligatio re contracta non era una
fattispecie a sé stante. Se il soggetto che aveva ricevuto in prestito di cose
fungibili, non lo restituiva, era trattato alla stregua di un ladro.
Vi è l’impossibilità, secondo le caratteristiche del mutuo classico, che l’obbligazione sorga
oltre ai limiti della datio: non si può commettere furto rispetto a quanto non si sia
ricevuto. Una siffatta configurazione non deve esser valutate prendendo a parametro il
rigore delle costruzioni giuridiche correnti alla fine della repubblica o nel periodo
imperiale: secondo queste il mutuatario, avendo acquistato la proprietà delle cose
mutuate, non potrebbe commetterne furto, e il delitto sarebbe escluso dalla circostanza
che, al momento della mancata restituzione, l’accipiente non ha più la cosa,
legittimamente consumata. All’epoca a cui si riferisce la struttura qui ipotizzata,
mancava una riflessione tecnico- giuridica in base alla quale avvertire difficoltà del
genere: il diritto si creava direttamente in funzione dei bisogni e secondo l’immaginario
socio- giuridico della comunità primitiva.
e) Già all’epoca delle XII Tavole il mutuo è una fattispecie nella quale nasceva,
a carico del mutuante, una responsabilità non più di carattere penale. Per
tale epoca si pone il problema del rapporto del mutuo informale con i negozi
formali di assunzione della responsabilità, e soprattutto col nexum. Il
nexum è un istituto del diritto arcaico sorto come gestum per aes et libram
dopo l’introduzione dell’aes rude: è quindi, figura recenziore rispetto ai
vades, ai praedes ed alla sponsio. Attraverso il nexum, il mancipio
accipiens acquistava un diritto, di carattere patrimoniale, sulla persona del
nexus. Soggetto passivo del nexum era colui che doveva una somma di
denaro, il pagamento della quale mediante la solutio per aes et libram
costituiva la nexi liberatio. Il creditore acquistava un diritto sulla persona o
sulle operae del debitore (il nexus), diritto che gli permetteva di esercitare
sullo stesso un potere di fatto; diversamente, però, che per i vades- ostaggi
di un periodo più risalente, non si trattava di un potere essenzialmente
collegato al permanere della situazione di fatto, ma di un diritto che si
estingueva soltanto con la solutio per aes et libram.
La posizione del nexus non era omologabile a quella dello schiavo
Il nexus era tenuto a prestare le operae, con il che otteneva il diritto al riscatto
mediante la nexi liberatio: tale diritto si fondava esclusivamente sulla fides, la cui
rottura non sappiamo quali conseguenze potesse importare. Si può pensare ad
una protezione sacrale. Dalle fonti risulta una duplice funzione del nexum,
adoperato sia per creare un vincolo di responsabilità, sia per assicurare al
creditore il soddisfacimento di un’obbligazione mediante la prestazione delle
operae da parte del debitore. Il nexum scomparve in periodo abbastanza
risalente. Alla fine del IV sec a.C., con ogni probabilità nel 326, fu votata una lex
Poetelia Papiria. La notizia che la lex avrebbe introdotto una responsabilità
esclusivamente patrimoniale contrasta con il perdurare dell’esecuzione personale
nella forma della manus iniectio; è in dubbio se il nexum potesse continuare a
funzionare, dopo il 326 a.C. per le obligationes ex delicto. La lex Poetelia Papiria
aveva avuto l’effetto di modernizzare il sistema della responsabilità contrattuale,
abolendo il nexum o causandone, in tempi brevi, la pratica desuetudine, e
contribuendo così alla <<patrimonializzazione>> dell’obbligazione romana.
f) Il mutuo, come obligatio re contracta, era un negozio a titolo gratuito:
perché sorgesse la relativa obbligazione, era necessario che per gli interessi
si procedesse ad una stipulatio. Nel caso, però, di mutuo feneratizio, nella
prassi venivano versate nella verbo rum obligatio sia la sorte che le usurae.
Ciò portava ad una differenziazione nell’impiego dell’obligatio re e di quella
verbis contracta nelle operazioni di prestito: quest’ultima, come il nexum
nel periodo risalente, meglio si adattava al credito feneratizio che ai prestiti
gratuiti. Un regime particolare per le usurae vigeva per i prestiti di derrate e
per i mutui concessi dalle civitates. Nel III sec. d.C. è sufficiente l’i