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DIRITTI REALI

85. Le cose.

a) La parte relativa alla proprietà ed ai diritti reali è preceduta da una trattazione sulle

cose. Nel linguaggio giuridico moderno “cosa” è qualsiasi proporzione del mondo

reale, idonea ad esser oggetto di un diritto patrimoniale: i romani adoperavano nello

stesso significato il termine res.

- Attualmente cosa si contrappone a bene, espressione che ricomprende anche i beni

immateriali, come il diritto d’autore o quello di sfruttare le invenzioni industriali.

Oggetto di diritti assoluti non patrimoniali, sono le persone umane diverse dagli

schiavi, sulle quali sussista una potestà familiare, in quanto il diritto così esercitato

non ha portato patrimoniale.

b) Tra le classificazioni delle cose alcune risalgono ai romani, altre elaborate sulla base

dei dati offerti dal Corpus Iuris. Le classificazioni romane variano da giurista a

giurista; ed anche le singole categorie che le compongono possono assumere un

significato diverso; neppure nelle Institutiones di Gaio queste classificazioni formano

un unico sistema, nonostante la nota tripartizione del ius che vel ad personas

pertinet vel ad res vel ad actiones. In Gaio, la trattazione del ius quod ad res pertinet

si apre con la distinzione fra res in nostro patrimonio ed extra nostrum

patrimonium. In base a ciò la dottrina procede ad una duplice classificazione: la

prima fra res in patrimonio ed extra patrimonium, la seconda fra res in commercio

ed extra commercium. Una cosa è in commercio, quando sia idonea ad esser oggetto

di rapporti giuridici privati (mentre è extra commercium quando su di essa tali

rapporti non siano possibili). Le res in patrimonio, sono quelle su cui v’è attualmente

un diritto di proprietà; mentre res extra patrimonium sono quelle cose su cui non v’è

in atto un diritto di proprietà, o perché non idonee ad essere oggetto di diritti

soggettivi sul piano dell’ordinamento privatistico, o perché, pur essendo res in

commercio, non hanno attualmente un proprietario, sono cioè res nullius. La

divisione fra res in patrimonio ed extra patrimonium non risulta in Gaio.

c) Secondo Gaio la prima classificazione sulle cose, la summa divisio, è fra res divini e

res humani iuris. Le res divini iuris, inidonee ad esser oggetto di rapporti giuridici

privati, rientrerebbero tutte nelle res extra commercium: alcune volte, però, i giuristi

romani le contrappongono a quelle extra commercium.

Le res divini iuris sono sottoposte ad un’ulteriore divisione fra res sacrae e

religiosae, a cui si aggiungono poi le sanctae. Le res sacrae sono consacrate agli dei

superi, mentre res religiosae sono, come dice Gaio, quelle lasciate agli dei Mani, e

vengono identificate con il sepolcro come luogo in cui è seppellito il cadavere. Le cose

dedicate ad una divinità quale Plutone o Persefone sono res sacrae e non religiosae.

Fra le cose connesse col culto dei Mani è il sepolcro a costituire, da solo, la categoria

delle res religiosae. Le res sacrae, dedicate al culto divino, sono anzitutto cose

immobili, i templi; ma anche cose mobili, come quelle destinate al culto. Rientrano in

questa categoria soltanto le cose destinate al culto pubblico e consacrate ex

auctoritate populi Romani: con l’assenso del proprietario anche le res privatae

possono esser destinate al culto pubblico e divenire sacrae; mentre le are ed i sacelli

impiegati nel culto privato non divengono tali. Due atti sono necessari perché la cosa

diventi sacra: la destinazione della cosa al culto (dedicatio), la quale avviene per i

beni appartenenti al populus mediante lex o senatusconsultum, e la consecratio,

cerimonia la competenza per la quale spetta all’autorità religiosa. In epoca classica,

non si trovano precise affermazioni di come si configurasse una proprietà degli dei

sulle res sacrae; in ogni caso, l’amministrazione e la difesa di tali cose spettavano ai

pontifices ed agli altri collegi sacerdotali. Nel tardo- antico, l’assurgere del

cristianesimo a religione di stato, provoca un netto sfavore verso i luoghi del culto

pagano, che si manifesta con la proibizione della consacrazione di nuovi templi.

Nell’organizzazione ecclesiastica, le cose destinate al culto dal vescovo, appartengono

alle singole chiese: nel patrimonio di quest’ultime, per tali cose non è ammissibile

alcun atto di disposizione. Res religiosae diventava il fondo, e in generale il luogo

destinato a sepolcro, in quanto vi fosse seppellito un cadavere da parte di chi,

legittimato a provvedere al funerale, aveva il diritto di farlo: il ius mortuum inferendi

spettava al proprietario del fondo od al titolare del ius sepulchri. La res religiosa,

sottratta ai rapporti giuridici privati, viene protetta dal ius sacrum, in base al quale si

determina chi abbia il diritto di procedere all’inumazione in un sepolcreto già

esistente. Il titolare dei fondi provinciali non è dominus, in quanto tali fondi si

considerano proprietà dello stato. L’incommerciabilità dei sepolcri continua in epoca

cristiana. Le res sanctae, Gaio affermava che esse vi rientravano solo in un certo

senso: si tratta delle mura e delle porte della città che, poste sotto la diretta

protezione degli dei, non servivano al culto divino. Esse sono res pubblicae poste

sotto una specifica protezione dal punto di vista sacrale. Con l’avvento del

cristianesimo, le res sanctae sono quelle per la cui violazione è prevista una

particolare sanzione criminale.

d) Nell’ambito delle res humani iuris è fondamentale la distinzione fra res privatae e res

pubblicae. Le prime sono quelle oggetto di rapporti giuridici privati, sia che si trovino

attualmente nella disponibilità di taluno, sia che non abbiano momentaneamente un

proprietario. Res pubblicae sono le cose di cui è titolare il populus Romanus, che

esercita su di esse un diritto diverso dal dominium ex iure Quiritium, diritto di

natura pubblicistica. Le res publicae hanno funzioni differenziate: vi sono le res in

usu publico, le cose in uso comune, soggette all’immediata utilizzazione dei cives in

quanto tali; le cose sottratte all’uso immediato dei singoli membri della comunità, in

quanto servono a scopi specifici dello stato (es, armi ed ordigni bellici); e le cose che

vengono sfruttate dallo stato nella loro potenzialità economica, come l’ager publicus

ed i fondi provinciali.

e) Il giurista marciano costruisce la categoria delle res communes omnium come distinta

dalle res publicae, inserendovi le cose che spettano a tutti gli uomini,

indipendentemente dalla loro appartenenza ad una determinata comunità: l’aria, le

acque fluenti, il mare e il lido marino. In genere queste cose rientrano tra le res

publicae: e, nello stesso pensiero di Marciano, in alcuni casi il rapporto fra res

communes omnium e res publicae presenta delle tensioni, come ad es. nel caso dei

fiumi.

f) Nell’ambito delle res privatae, Gaio identifica due partizioni di grande rilievo: quella

fra res mancipi e res nec mancipi, e quella fra res corporales e res incorporales. Le res

corporales sono quelle che esistono nel mondo materiale “che si possono toccare”:

oro, argento, uno schiavo… Le res incorporales non hanno una tale esistenza “non si

possono toccare”, dice Gaio. Gli esempi di tali cose sono tutti costituiti da situazioni

giuridiche soggettive: l’eredità, l’usufrutto, le obbligazioni, intese come il diritto

dell’erede. Si tratta sempre di figure giuridiche. Al di fuori delle Institutiones gaiane,

la distinzione fra res corporales ed incorporales è raramente utilizzata, mentre in

Gaio, assolve un compito fondamentale nell’ambito della tripartizione del diritto

oggettivo nel ius che vel ad personas pertinet vel ad res vel ad actiones, permette di

ricomprendere fra le res tutti i rapporti giuridici patrimoniali: dalla proprietà agli altri

diritti reali, alle successioni ed alle obbligazioni. Ciò può avvenire perché la res

corporalis, la cosa in senso giuridico, è intesa quale oggetto non di un qualsiasi

diritto, ma soltanto della proprietà. In contrapposto alla proprietà concepita come res

corporalis, tutti gli altri diritti sono res incorporales.

g) Non ha molta importanza la distinzione nel mondo romano fra cose mobili ed

immobili. Cose mobili sono quelle che possono essere trasportate da un luogo

all’altro, senza che ciò intacchi la loro funzione economico- sociale. Cose immobili

sono le porzioni della superficie terrestre e tutte le cose inscindibilmente inserite in

essa (ad es. gli edifici). Quindi, solo per aspetti limitati si tiene conto, nell’esperienza

romana, di questa classificazione: le XII Tavole distinguevano il fundus dalle ceterae

res in materia di usucapione, e la tutela possessoria è diversa fra mobili ed immobili.

h) Già nelle fonti romane si trova la categoria delle res quae pondere numero mensura

constant (cose che adempiono alla loro funzione socio- economica in quanto vengano

pesate, numerate, misurate): sono quelle che noi chiamiamo “cose fungibili”, in

contrapposizione alle cose infungibili. Sul piano socio- economico, le cose fungibili

hanno rilevanza in quanto appartengono ad un genere e di esse si determini la

misura: una data somma di denaro. Solo in casi particolari, un certo insieme di tali

cose può assumere una propria individualità, tenuta presente dal diritto: ad es., il

sacco di frumento lasciato in deposito od affidato per il trasporto ad una data

persona. Le cose infungibili adempiono ad una funzione economica- sociale nella loro

specifica individualità: il che accade, ad es., per un fondo , per una casa, per uno

schiavo. In particolari casi anche le cose infungibili possono essere prese in

considerazione in quanto appartenenti ad un genere.

i) Poi c’è la distinzione fra cose consumabili ed inconsumabili, la quale si basa sulla

circostanza che le cose consumabili non sono passibili di un’utilizzazione ripetuta

nell’adempiere alla loro funzione economico- sociale, esse vengono distrutte, il che

avviene per i generi alimentari, per i combustibili, per i tessuti: oppure, come accade

col denaro, l’utilizzatore ne perde la disponibilità giuridica. Le cose consumabili sono

cose fungibili.

j) Si distinguono, poi, le cose divisibili e indivisibili: le cose indivisibili non possono

esser divise in parti materiali senza esser distrutte o perdere in modo rilevante di

valore, come accade, ad ad es., per essere vivente od una pietra preziosa. Anche le

cose materialmente indivisibili sono giuridicamente divisibili, perché si può avere, su

di esse, una con titolarità per quote ideali: soltanto alcuni diritti come le servitù

prediali, sono indivisibili anche giuridicamente, in quanto possono esser e

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Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher casildina di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di diritto romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Finazzi Giovanni.
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